IL MONDO BRUCIA: LA RIVOLTA E’ GIOVANE

12 Agosto 2011
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Le fiamme a Croydon sud

Spunti di riflessione sulle città in fiamme;
ciò che allarma è la diffusione del fenomeno
e l’estrema violenza che lo caratterizza.

In questa strana estate, dal mondo arrivano notizie di fermento e, quel che più colpisce, un fermento che investe anche zone normalmente tranquille ed opulente, come Londra e l’Inghilterra.
Mi tornano in mente le pagine scritte da Manzoni sulla guerra del pane: i poveri allo stremo saccheggiavano i forni per procacciarsi i mezzi di sostentamento basilari e – a giudicare da quanto ci viene raccontato – le scene non dovevano essere poi tanto diverse da oggi!
Quella guerra per il sostentamento avveniva nel ‘600, eppure la Storia in qualche modo si ripete, anche se con modalità “adeguate” ai tempi: oggi si saccheggia un negozio di Nike o di Polo, piuttosto che prendersela con i forni, che, peraltro, non esistono nemmeno più come negozietto di quartiere …
Farei una riflessione anche su CHI sta protestando visto che la rivolta è giovane: si tratta di ragazzi, forse annoiati o semplicemente disperati in vista di un futuro senza speranze né prospettive.
Questo sembra accomunare i “moti londinesi” a quanto è accaduto e sta accadendo in altre parti del mondo: giovani hanno innescato la rivolta in Egitto e Tunisia; giovani combattono per
la democrazia e la libertà in Siria; altri giovani stanno in qualche modo rivendicando il proprio diritto ad un futuro migliore nel mondo occidentale. Riflettendoci, è un po’ triste ma tutto sommato perfettamente normale: ai giovani lasciamo questo mondo e sono loro a dover lottare per renderlo migliore. D’altro canto, ciò che allarma è la diffusione del fenomeno: come una sorta di virus, la protesta sembra allargarsi ed espandersi, lambendo posti fino a ieri insospettabili, un tempo culla del benessere e della prosperità. Ciò nonostante, la protesta inglese non sembra avere una componente ideologica ma banalmente occidentale e consumista, offrendo quindi il destro ad una strumentalizzazione politica e costituendo una buona scusa a tendenze dichiaratamente xenofobe. Insomma, se gli esiti sono analoghi (moti e rivolte), le basi da cui tutto ciò è partito sembrano essere profondamente diverse. D’altronde, nell’Occidente pigro e benestante, le ideologie hanno da tempo lasciato spazio ad altro: l’Io prevale sul Noi, l’interesse economico privato sulla “res publica”, la forma sulla sostanza. Ora il problema a Londra e nelle altre città interessate dalla protesta è chi paga i danni: non sarebbe invece essenziale tentare di capire i perché profondi dei moti ed individuare strumenti di correzione? Non credo sia possibile far finta che tutto ciò non é successo, ma ritengo dovere dei Governi interrogarsi e trovare soluzioni comuni e condivise. La globalizzazione, d’altronde,  non lascia nessuno immune: quanto è accaduto in Inghilterra potrebbe ripetersi dovunque ed in qualsiasi momento, agevolato dagli strumenti di comunicazione di massa quali i social networks. I virus come le idee, ormai, passano tramite Facebook…

Francesca Bocchi 

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