LIBIA – UN ANNO DOPO L’INIZIO DELLA RIBELLIONE A GHEDDAFI

25 Febbraio 2012
By

La prima manifestazione di dissenso al colonnello Gheddafi ebbe inizio il 15 febbraio 2011 nella città di Bengasi (Cirenaica): crisi economica, libertà  di stampa e richiesta di partecipazione all’attività politica le motivazioni, le stesse che avevano animato le masse tunisine ed egiziane. Dura la repressione del regime che in assenza di un vero esercito nazionale tentò di reprimere le manifestazioni con la forza delle milizie di regime il cui reclutamento poggiava su basi tribali vicine al colonnello Gheddafi.
La dura repressione provocò una forte indignazione nel contesto internazionale tale da indurre Francia e Gran  Bretagna, per prime, a riconoscere il CNT (Consiglio Nazionale di Transizione), organo politico attorno al quale si era organizzata la ribellione in Cirenaica, come unico interlocutore legittimo.
L’evoluzione della situazione indusse l’ONU ad adottare varie risoluzioni contro la repressione, cioè l’istituzione di una “No Fly Zone” che autorizzava il ricorso a qualsiasi mezzo per il rispetto della stessa ed il congelamento dei beni di Gheddafi all’estero. L’intervento militare per il rispetto della “No Fly Zone” fu inizialmente guidato dagli Usa che successivamente lasciarono la guida alla  NATO nell’operazione denominata “Unified – Protector”. Le forze lealiste furono definitivamente sconfitte dopo sei mesi di combattimenti con la  caduta dell’ultima roccaforte del regime nel villaggio di Bani Walid e con la morte di Gheddafi avvenuta il 20 ottobre 2011 nel rifugio di Sirte.

Terminato l’intervento della NATO si è insediato un  Governo ad interim basato sul CNT che, tuttavia, resta privo della necessaria autorità per mancanza di una Forza in grado di far rispettare l’ordine pubblico. Non esistendo un apparato statale unitario il vuoto di potere viene colmato dal ruolo delle tribù, perno della società libica.
Su tutto il territorio nazionale permangono milizie armate intervenute contro le forze lealiste agli ordini delle varie tribù e fazioni locali che lottano per spartirsi le risorse economiche e la
gestione del potere oltre ai gruppi criminali veri e propri.
Tripoli è amministrata dal “Tripoli Local Council” (TLC), che tenta di gestire la cosa pubblica nel migliore dei modi nonostante che le milizie locali e quelle affluite per liberarla non abbiano  mai abbandonato le proprie posizioni. A complicare la situazione si aggiungono le centinaia di detenuti fuggiti dalle carceri assaltate durante i combattimenti che rendono poco
tranquilla la vita.  La  zona più pericolosa è quella di Abu Salim dove viene gestito anche il traffico dei clandestini.
In definitiva, la Libia odierna appare come un enorme mosaico di realtà che, in mancanza di una forte autorità statale, si sono arrogate la gestione del potere su base locale. Il compito del CNT è riuscire a costruire una società moderna basata su Istituzioni credibili. La prima sfida da vincere consiste nel disarmare le varie milizie e costituire un esercito nazionale: ove ciò non avvenisse la violenza potrebbe dilagare e generare una situazione ingestibile. Al momento gli islamisti hanno tenuto un atteggiamento defilato, di attesa, forse per non allarmare la comunità internazionale, ma occorre tener presente che questi gruppi hanno dimostrato una forte capacità militare avendo combattuto in Iraq ed Afghanistan.
Tra i fattori positivi, c’è da rilevare la presenza di una popolazione giovane, desiderosa di cambiamenti orientati a rendere la loro società davvero moderna, con istituzioni democratiche ed uno sviluppo economico generale fruibile da tutta la popolazione. Molto dipenderà dal ruolo delle potenze intervenute in aiuto degli insurrezionalisti ovvero dalla loro reale volontà di sviluppare una vera democrazia senza mirare alle risorse petrolifere.

Tags:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dieci anni

Archivio