Vi spiego perché Biden ha bollato Putin come killer.

20 Marzo 2021
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Articolo di Carlo Jean

Tratto da Start Magazine online

La durezza di Biden verso Putin sarebbe motivata dalla volontà di dare un segnale agli europei, che stanno intensificando il commercio e la dipendenza energetica dalla Russia, dicendo che devono scegliere fra essi e l’impegno Usa per la sicurezza europea. L’analisi di Jean

Il presidente Biden è un vecchio “guerriero della guerra fredda”. Come vice di Barack Obama aveva espresso la sua opposizione ai “reset” con il Cremlino. Aveva apertamente sostenuto le “rivoluzioni colorate” e quella Maiden in Ucraina. Sosteneva la necessità che gli Usa sostenessero il governo di Kiev contro la secessione del bacino del Don e che adottassero pesanti sanzioni contro la Russia per l’annessione della Crimea. Nella sua crociata a sostegno dei valori liberal non ha mai escluso la possibilità di puntare sulla democratizzazione della Russia, cioè su un suo regime change, già obiettivo delle “rivoluzioni colorate” nell’ex-Urss. Considera inevitabile che la Russia di Putin si leghi sempre più alla Cina, da lui considerata avversario esistenziale degli Usa. Giudica con sospetto le idee di Macron di “aprire” l’Europa alla Russia, per scongiurare la possibilità di una Nato eurasiatica, cioè di un’alleanza organica fra Mosca e Pechino, che rovescerebbe il “triangolo di Kissinger”. La Cina era di fatto divenuta di fatto nel 1972 alleata degli Usa contro l’Urss. Aveva rotto anche formalmente l’unità del mondo comunista e facilitato prima il ritiro Usa dal Vietnam, poi la fine della guerra fredda. Con la Sco (Shanghai Cooperation Organization) e la Bri (Nuova Via della Seta), Pechino sta creando con Mosca un blocco continentale eurasiatico opposto agli USA e ai loro alleati asiatici ed europei.

Le speranze europee – e non solo – di un miglioramento dei rapporti fra gli Usa e la Russia, erano state alimentate dalla decisione di Biden, presa subito dopo l’inauguration di prolungare di cinque anni, oltre la sua scadenza del 5 febbraio, la validità del New Start. Si tratta del fondamentale trattato sulla riduzione fra Usa e Russia delle armi nucleari strategiche. I cinque anni, servono per dar tempo di negoziare un nuovo trattato, che tenga conto dell’erosione della stabilità della dissuasione nucleare – provocata dallo sviluppo di nuove tecnologie non solo nucleari, ma anche convenzionali, spaziali e cibernetiche – evitando una nuova corsa al riarmo nucleare.

Mentre Trump aveva maldestramente cercato un accordo con Mosca, nella sua improvvisata e imprevedibile politica semi-isolazionista e protezionista anche nei confronti dell’Ue, Biden con la sua “uscita” del 15 marzo, in cui ha definito Putin “un assassino” ha tagliato tutti i ponti per un accordo con Mosca. E’ un fatto insolito nella politica internazionale che un capo di Stato definisca “assassino” quello di un altro. Le conseguenze diplomatiche devono ancora essere viste. Ci si può però interrogare sui motivi che hanno portato un personaggio dell’esperienza e della moderazione di Biden ad usare un’accusa così ultimativa, che esclude la possibilità di ulteriori rapporti fra i due leaders. Con i criminali infatti non si tratta. Beninteso, ci sono criminali e criminali. Ci sono quelli utili come il principe ereditario saudita, il dittatore della Corea del Nord, i talebani o gli Ayatollah iraniani, con cui Biden intende trattare.

Non è evidentemente questo il caso di Putin. Il solo motivo dell’interferenze russe nella campagna elettorale americana non regge. Tutti i paesi con interessi sovrapposti intervengono più o meno apertamente nelle campagne elettorali di amici e nemici. Politici italiani circolavano portando orgogliosamente berrettini con scritto Biden o Trump. Può darsi che l’insulto di Biden sia dovuto al suo timore di essere scambiato per un “mollaccione”, sia negli Usa che nel mondo. Più verosimile è che vada collegato con l’incontro in Alaska fra americani e cinesi. Sembra che in esso gli Usa confermeranno la “linea dura” nei riguardi della Cina. Biden potrebbe aver voluto significare ai cinesi che gli Usa danno per scontato l’allineamento di Mosca con Pechino e che lo giudicano irrilevante. Infine, potrebbe essere collegato con la convinzione di Biden che il regime di Putin abbia basi molto più deboli di quanto molti pensino e che sia venuto il tempo di effettuare pressioni su di esso, giocando anche il tradizionale timore russo del “pericolo giallo”.

Beninteso, esistono anche spiegazioni più sofisticate. La durezza di Biden sarebbe motivata dalla volontà di dare un segnale agli europei, che stanno intensificando il commercio e la dipendenza energetica dalla Russia, dicendo che devono scegliere fra essi e l’impegno Usa per la sicurezza europea. Insomma, l’“America is back”, ma a determinate condizioni, che non sono solo l’invio di qualche nave nel Mar Cinese Meridionale (già in atto da parte di Francia, Regno Unito e Germania, ma stranamente non dall’Italia, che pur auspica la presenza USA in Mediterraneo e nei paesi MENA). Che il messaggio fosse rivolto anche agli europei è confermato dalla rilevanza assunta dalla recente riunione del QUAD (USA, India, Giappone e Australia) nato per contrastare la Cina nell’Indo-Pacifico, che ha anche deciso di produrre in India su brevetto USA un miliardo di fiale anti-Covid-19, da distribuire ai paesi dell’Asia Sudorientale e anche all’Africa. L’UE è stata esclusa.

Beninteso i “giochi” sono ancora aperti. A parte i messaggi di amicizia verso l’Europa, Biden ha deciso di dare “un colpo al cerchio e uno alla botte”. Ha dichiarato che gli Usa non concluderanno con l’Uk nessun accordo commerciale preferenziale, qualora Londra non rispetti gli impegni presi con Bruxelles sui controlli del confine nord-irlandese. Insomma, Biden sta modificando radicalmente la politica internazionale. Il punto centrale è il contrasto all’espansione commerciale e strategica della Cina. Il resto, inclusa l’accusa a Putin è solo contorno.

In ultimo è da notare che, per l’Italia, i rapporti con Washington potrebbero complicarsi sia per la strampalata idea di firmare con la Cina un MoU sulla Via della Seta, sia per l’apertura di nostri porti al controllo cinese, sia per i ripetuti flirts con esponenti russi, senza badare troppo al fatto che siano filo-europeisti o filo-eurasisti. Occorrerebbe tener presente che l’Italia ha bisogno degli Usa molto più di quanto essi abbiano bisogno del nostro paese. Ne ha bisogno anche nella stessa Unione Europea.

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