Don Bertrando Gianico, un educatore al servizio del Molise. Gli effetti socio economici delle sue iniziative per i molisani in Italia e all’estero.

27 Febbraio 2019
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Eduardo Vitiello

Don Bertrando Gianico

Don Bertrando Gianico

CAMPOBASSO – All’indomani del secondo conflitto mondiale la popolazione residente in Trivento (Campobasso) superava i seimila abitanti; più della metà abitava nelle numerose contrade del vasto agro (54 kmq). I laureati ed i diplomati, quelli in possesso di preparazione culturale elevata, erano veramente pochi. Un buon numero di triventini aveva frequentato soltanto alcune classi di scuola elementare o aveva conseguito la licenza elementare. E la situazione triventina rispecchiava quella delle aree periferiche dell’intero Molise, allora unito al vicino Abruzzo.

La maggioranza della popolazione era analfabeta, soprattutto quella che risiedeva nell’agro, la quale, peraltro, non aveva la possibilità di frequentare le scuole elementari cittadine per mancanza di facili collegamenti stradali con Trivento centro e con gli altri centri scolastici molisani. La società triventina era in sofferenza, al pari del più ampio contesto regionale e nazionale: non c’era lavoro, le attività imprenditoriali a carattere non individuale erano quasi inesistenti, imperavano le ristrettezze economiche. Si riusciva a vivere con molti sacrifici.

Quelli della mia generazione ricordano bene come in quegli anni, anche nelle famiglie più agiate, i vestiti dismessi dai grandi venivano scuciti e la stoffa di risulta riutilizzata per confezionare vestiti per i piccoli. I cappotti logori venivano rivoltati e riutilizzati; l’alimento pesce o carne era un lusso che poche persone potevano permettersi. I macellai prima di macellare si assicuravano di poter vendere la carne richiedendo con bando pubblico le prenotazioni ai cittadini. Chi se lo poteva permettere comprava e cresceva in casa un maiale la cui carne e lardo, trasformati e conservati, servivano alle necessità alimentari della famiglia per tutto l’anno.

I primi convittori

I primi convittori

In questo contesto dove, accanto alle ristrettezze materiali, difettavano ancor di più la Conoscenza e i Saperi, Don Bertrando Gianico (Roccavivara, 12 maggio 1902 – Roma, 10 agosto 2001) ebbe l’intuizione e il coraggio di aprire il Convitto Vescovile, che dall’anno scolastico 1948-49 iniziò il suo pieno funzionamento, e di istituire la Scuola Media e l’Istituto Magistrale, dando ai giovani di Trivento e di molti centri dell’Abruzzo e del Molise e oltre, la possibilità di proseguire gli studi dopo le elementari, di iscriversi anche a facoltà universitarie, permettendo così a figli di gente umile di conquistare “un posto al sole”.

La sua fu una intuizione felice e proficua! Ebbe chiaro sin dall’inizio che non vi poteva essere futuro gravido di Speranza senza passare attraverso la scolarizzazione di massa ed una vera crescita culturale. La presenza in Trivento del Convitto maschile, che arrivò ad a accogliere fino a 230 studenti, il Convitto femminile, gestito dalle Suore degli Angeli, che accoglieva una settantina di studentesse, unitamente ai tanti studenti provenienti da ogni dove, ospitati in case private, – e non dimentichiamo infine il nutrito numero di seminaristi, innalzarono in maniera esponenziale la popolazione scolastica, innervando quindi nella società locale la forza e il dinamismo proprio dei giovani.

Alunni davanti al Convitto

Alunni davanti al Convitto

Tra i tanti effetti benefici di tale presenza vi fu una indubbia apertura nei confronti delle realtà di provenienza dei giovani studenti e di rimando il continuo flusso verso Trivento dei familiari di una così rilevante presenza studentesca. A ciò si aggiunse – a livello economico – il non trascurabile apporto di risorse lasciate alle famiglie che ospitavano gli studenti. Nel più ampio contesto della ripresa economica legata alla ricostruzione, individuabile nella sua fase di maggior rilievo come quella del “miracolo economico”, e grazie anche al mutato contesto dell’istruzione scolastica, in Trivento furono intraprese numerose iniziative imprenditoriali che contribuirono al decollo economico di tutta la zona.

Tutto l’artigianato triventino (muratori, fabbri, falegnami, ecc.) attraversò una fase ricca di commesse. Anche la fabbrica di laterizi che produceva anche ceramica artistica – vasi, piatti, tazze, ecc. – attraversò un periodo di intensa produzione. Affollati divennero le fiere ed i mercati domenicali nei quali si poteva trovare un po’ di tutto ed i nostri contadini potevano vendere i loro prodotti.

Tornando all’ambito delle istituzioni educative va ricordato che anche l’istruzione offerta dallo Stato conobbe una nuova stagione, contribuendo a migliorare le condizioni sociali e culturali della popolazione triventina e molisana. Furono istituite le pluriclassi uniche e classi plurime di scuola elementare in zone riconosciute montane, e in Trivento, che è zona montana per la maggior parte del suo territorio, vennero attivate scuole di questo tipo nelle numerose contrade.

Mi piace, infine, ricordare una piccola vicenda di cui sono stato parte. Nei primi anni Sessanta, contestualmente all’opera di Don Gianico, le istituzioni repubblicane si preoccuparono di migliorare la scolarizzazione degli adulti. Anche a Trivento, per combattere l’analfabetismo, venne istituito un corso televisivo con un insegnante incaricato del coordinamento. Si seguivano le lezioni del programma televisivo “Non è mai troppo tardi”, tenute dal mitico maestro Alberto Manzi.

Chi scrive fu incaricato del coordinamento del corso.

Di tutti gli “allievi” ho un vivido ricordo di Nicola Scarano alias “don Cannella”, al quale il figlio regalò una penna stilografica che portava sempre, in bella vista, nel taschino esterno della giacca, come segno di distinzione. Alla fine del corso “don Cannella” rinnovò la carta di identità e pretese dall’ufficiale dell’anagrafe la cancellazione della parola “analfabeta”, e che fece sostituire alla voce titolo di studio con “seconda elementare”. Questo il contesto – descritto molto succintamente – in cui nascevano e prosperavano il convitto e le scuole istituite da Don Gianico.

Provando ad analizzare più da vicino gli effetti di quelle preziose e proficue presenze, credo che il primo dato incontrovertibile sia la circostanza che, grazie all’azione di “don Bertrando”, la società Triventina ed il Molise subirono uno straordinario mutamento. Il tessuto sociale, nel quale l’alfabetizzazione ed i livelli alti d’istruzione erano decisamente minoritari, nel giro di pochi anni registrò un deciso rovesciamento di fronte.

Non solo. Nel volgere di un decennio nacque una vera e propria classe Magistrale, che socialmente andò a irrobustire quel ceto medio professionale che diede nuova linfa alla comunità Triventina, in particolare, negli Sessanta e Settanta. Non è un caso se in quegli anni Trivento raggiunse il più alto numero di abitanti nel corso del ‘900.

E’ stato più volte detto – e non guasta ripeterlo – che la Scuola Media e l’Istituto Magistrale di Trivento diedero l’opportunità dell’istruzione alla classi sociali meno abbienti. Da una prospettiva strettamente sociologica, si attivò quell’ascensore sociale che tante energie ha innervato nella società, nella politica, nel mondo delle professioni, nella stessa scuola, cambiando definitivamente il volto ad una realtà in larga parte rurale e purtroppo per certi versi marginale. Grazie Don Gianico per l’opera educativa e per tutto quello che hai voluto e saputo donare alla città di Trivento e al Molise.

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