ANALISI DELLA SITUAZIONE DELLE CASSE DI PREVIDENZA DELLE FF.AA. ALLA LUCE DELLE FONTI DEL DIRITTO.

3 Marzo 2017
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ImmagineFonti del diritto degli istituti in titolo sono le leggi istitutive degli stessi e le leggi, i decreti legislativi,! regolamenti, di natura previdenziale in vigore all’atto della loro costituzione e durante la loro evoluzione storica.

Occorre tener conto che di norma gli atti legislativi operano per il futuro e, se non espressamente indicato nel loro contenuto, integrano e non abrogano le disposizioni legislative in vigore per il passato.

La prima legge costitutiva delle indennità supplementari è quella a favore degli Ufficiali del Regio Esercito, la n.1712 del 29 dicembre 1930 e con essa la gestione dell’indennità viene assegnata alla preesistente Cassa Ufficiali Esercito. Successivamente ad essa, le leggi:

  • 6. 1934, n.1015,
  • 12. 1933, n .930,
  • 6. 1936, n. l226,
  • 1. 1937, n. 35,
  • 5, 1939, n, 894,

hanno disposto, sulla falsariga di essa, sulla concessione della stessa indennità a favore, rispettivamente, degli Ufficiali della Marina, dei Sottufficiali dell’Esercito, dei Sottufficiali della Marinate, gli Ufficiali dell’Aeronautica e dei Sottufficiali dell’Aeronautica

Infine, con la legge 9 maggio 1940, n.371, si è disposto in merito alla concessione dell’assegno speciale agli Ufficiali del Regio Esercito.

Le prime sei leggi che trattano in maniera omogenea della indennità supplementare da corrispondere a personale militare delle FF.AA.si riferiscono a beneficio di natura previdenziale assimilabile alla buonuscita (oggi TFR) del comparto del pubblico impiego. calcolata, nella sua entità, con il sistema retributivo e finanziato da soli contributi a carico del lavoratore. E’ dichiaratamente escluso qualsiasi intervento contributivo a carico dello Stato, datore di lavoro. L’articolo 7 della prima legge e quello corrispondente delle successive cinque dispongono l’ammontare dell’indennità e la norma che esso può essere variato in relazione alle disponibilità risultanti dai bilanci annuali e dagli oneri prevedibili per il futuro.

Le variazioni dovranno essere determinate su proposta del Consiglio di Amministrazione dal Ministro della Guerra (oggi dal Ministro della Difesa).

La legge 9 maggio 1940, n. 371 dispone per la concessione di un assegno speciale ai soli Ufficiali dell’Esercito e successivamente dell’Arma dei Carabinieri provenienti dal servizio attivo, al termine del periodo di otto anni dal loro collocamento in quiescenza.

Il beneficio è assimilabile ad una forma di previdenza integrativa e la sua entità è stabilita inizialmente dall’articolo 2 della legge, in forma tabellare e quindi con un criterio né retributivo. né contributivo.

Ultima fonte del diritto, di elevato interesse per gli istituti in titolo, appare il nostro Codice civile, nella sua veste di regio decreto 16 marzo 1942,n.262 di approvazione e di esecuzione, il quale con l’articolo n. 2117 dispone testualmente ” i fondi speciali per la previdenza e l’assistenza che l’imprenditore abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di lavoro, non possono essere distratti dal fine al quale sono destinati e non possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori dell’imprenditore o del prestatore di lavoro.”

  1. Evoluzione storica.

Un complesso di circostanze che preciserò in seguito e che hanno provocato un grave disavanzo fra la sommatoria dei contributi versati dai beneficiari della indennità supplementare e l’ammontare dell’indennità stessa hanno causato, alla fine degli anni 80, un grave stato di crisi nella gestione dell’indennità stessa.

In pratica il Consiglio di Amministrazione della Cassa Ufficiali, a fronte dell’impossibilità di corrispondere il beneficio nella misura in vigore agli aventi diritto, si è rivolto all’Autorità decisionale con proposte risolutive che hanno provocato l’autorizzazione ministeriale n. 1/66866/7.2,90/90 del 22.10.1990 con la quale la Cassa ha potuto effettuare un prelievo a titolo di prestito dai fondi dalla gestione assegno speciale per un importo di un miliardo e mezzo di lire a favore della gestione indennità supplementare, per l’erogazione delle proprie competenze. E’ quanto mai chiaro che l’autorizzazione era illecita ai sensi del sopra citato articolo n.2117 del Codice civile e che l’unico provvedimento possibile per risolvere i problemi esposti dalla Cassa era indicato dall’articolo n 7 della legge istitutiva dell’indennità supplementare. La Cassa, per di più, continuò ad attingere dai fondi gestionali dell’assegno speciale per le esigenze di corresponsione dell’indennità supplementare, sicché il debito della gestione indennità stessa giunse nel 1995 all’importo di circa sette miliardi di lire.

Nel frattempo, con legge 13 maggio 1988, n.l54 viene disposto per la sola indennità supplementare il non assoggettamento a tassazione IRPEF.

A tal proposito, si precisa che analogo provvedimento di detassazione dell’assegno speciale è stato presentato con AS 1107 del 19 ottobre 2006 del sen, Alfredo BIONDI – su testo da me redatto – e con AS 1615 del 17 giugno 2009 dalla sen. Barbara CONTINI.

Ambedue i provvedimenti sono stati archiviati al termine delle rispettive legislature senza alcun inizio di trattazione parlamentare.

Segno questo evidente dello scarso interesse riservato ad essi da parte del nostro Ministero della Difesa.

Nel 1995 lo stato di grave disordine gestionale dei fondi afferenti l’indennità supplementare, causato dalla continua eccedenza delle uscite per l’erogazione del beneficio nei confronti delle entrate contributive aveva provocato, nel tempo, non solo un esaurimento dei fondi afferenti in questionerà anche una considerevole passività, valutata più sopra in circa sette milioni di lire, costituita dal debito contratto nei confronti della gestione assegno speciale. Chi avrebbe dovuto provvedere decise per la presentazione di un progetto di legge che portò alla legge n.416 del 8 agosto 1995.

Tale progetto, presentato alla Camera dei Deputati come AC 1495 del 11 giugno 1996, costituisce un vero pasticciaccio legislativo.

La sua relazione introduttiva, che avrebbe dovuto sintetizzare il contenuto e gli scopi del disegno di legge sembra non abbia nessuna connessione con esso.

La relazione scrive che il disegno di legge dispone che le due previdenze della indennità supplementare e dell’assegno speciale vengono unificate nella gestione, con fusione dei rispettivi assetti patrimoniali.

Il testo del disegno di legge dispone, invece, della fusione dei patrimoni afferenti l’indennità supplementare e l’assegno speciale.

La relazione scrive che il disegno di legge dispone il raddoppio della contribuzione a carico degli ufficiali interessati per la voce assegno speciale ferma restando la ritenuta del 2 per cento per l’indennità supplementare.

Il testo del disegno di legge dispone che la ritenuta contributiva per i due benefici passi dal 3% al 4% dello stipendio annuo, senza precisare a quale voce sia da attribuire il maggior onere contributivo.

Nei loro interventi alla Camera ed al Senato, comunque, i due relatori del provvedimento legislativo concordano nel definire il maggior onere contributivo afferente all’assegno speciale.

La relazione indica i seguenti obiettivi del disegno di legge:

  • proseguire nella erogazione dell’indennità supplementare, facendo venire automaticamente meno il contenzioso in atto,
  • mantenere e, nel tempo, incrementare secondo le rendite derivanti dagli investimenti patrimoniali, l’attuale assegno speciale, così da avvicinarlo, progressivamente, ad una forma di previdenza parallela.

Appare evidente che il disegno di legge non consentiva il raggiungimento del primo obiettivo. E’ chiaro che il grave problema che affligge la gestione della indennità supplementare consiste nella insufficienza dei fondi a disposizione per la copertura degli oneri istituzionali previsti per la gestione.

Per risolvere questo problema, si poteva solo:

  • ricorrere a quanto previsto dall’articolo 7 della legge istitutiva del beneficio che dispone per un possibile adeguamento delle uscite – in pratica ad una riduzione dell’entità del beneficio stesso – alle disponibilità di cassa,
  • disporre l’adeguamento dei contributi afferenti l’indennità, programmare un intervento dello Stato a favore della gestione in crisi.

Naturalmente, nello studio degli interventi, occorreva tener conto della necessità di estinguere 11 rilevante debito della gestione indennità supplementare verso la gestione assegno speciale. Il disegno di legge non ha disposto nessuna delle misure sopra indicate e quindi non ha risolto nessuno dei problemi della gestione indennità supplementare.

Il secondo obbiettivo si poteva raggiungere automaticamente con perseguimento del primo.

Per di più tale soluzione avrebbe consentito, oltre l’adeguamento dell’assegno speciale, anche l’avvio

di provvedimenti per la sua detassazione e la sua reversibilità.

Nell’arco di tempo dell’esame dell’AC 1495 alla IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati fummo convocati presso la stessa in due persone: il gen. Vito CAPORASO, Presidente della Cassa Ufficiali, ed io, quale parte sociale, in quanto Vicesegretario Generale della Dir, Stato, organo sindacale che raccoglieva, fra gli iscritti numerosi Ufficiali dell’Esercito in pensione, fruitori dell’assegno speciale.

Ambedue, nell’esprimere eguali pareri, chiedemmo di includere nel Consiglio di Amministrazione della Cassa un rappresentante dei fruitori dell’assegno speciale, di disporre un significativo adeguamento dell’assegno, consentito dalle presenti disponibilità della Cassa, una sua detassazione, in analogia di quanto già in atto per l’indennità supplementare, ed una sua reversibilità. Fummo accontentati per la prima richiesta, mentre per le successive fu detto che era compito del Consiglio di Amministrazione attivare le proposte in merito.

Con l’approvazione della legge 416 dell’8 agosto 1995 entrai a far parte del Consiglio di Amministrazione della Cassa, vi rimasi sino al 4 dicembre 2009, data di nascita della Cassa di Previdenza delle Forze Armate, in seno alla quale fui nominato, con le stesse funzioni di rappresentanza, membro del Consiglio di Amministrazione, sino alle dimissioni, presentate per motivi di famiglia il 26 ottobre 2011.

Un lungo periodo di sedici anni, due mesi e diciotto giorni del quale intendo render conto ai fruitori

dell’assegno speciale da me rappresentati nelle conclusioni di questo mio articolo.

Nella prima parte di questo periodo sono stati Presidenti del Consiglio di Amministrazione i

generali Vito CAPORASO, sino al 31 agosto 2003, Paolo MEARINI, dal 1 settembre 2003 al 31

agosto 2006, e Domenico BENEDETTI, dal 1 settembre 2006 al 4 dicembre 2009.

Sotto la presidenza del gen. CAPORASO il Consiglio di Amministrazione fu particolarmente

sensibile al perseguimento dell’obiettivo previsto della legge per la gestione dell’assegno speciale.

In quel periodo l’entità dell’assegno fu aumentata del 50% e successivamente del 10% e venne

programmato un aumento periodico del 10% da concedere con cadenza biennale sino a raggiungere

l’obiettivo fissato nella relazione introduttiva della legge 416 del 1995.

Furono sempre riconosciuti afferenti l’assegno speciale l’incremento contributivo dell’1% disposto dalla legge e la proprietà dell’immobile di via Todi in Roma, acquistato con i fondi dell’assegno in questione.

Furono attivate le presentazioni di due disegni di legge, il primo firmato dall’on. Bruno LAVAGNINI vicepresidente della IV Commissione – Difesa della Camera dei Deputati, che prevedeva, fra l’altro, un adeguamento dell’entità dell’assegno. la sua detassazione e la sua reversibilità, il secondo a firma del sen. Alfredo BIONDI, vicepresidente vicario del Senato, ambedue cestinati al termine delle rispettive legislature, senza alcun esame da parte delle Commissioni parlamentari.

In tale periodo, nel 2002, lo Stato Maggiore Difesa effettuò una serie di incontri fra tutti i Presidenti delle Casse Militari ed ai quali potetti partecipare in qualità di ascoltatore. Ad essi fu richiesto di presentare un documento informativo sulle gestioni previdenziali di rispettiva competenza. Tutti i documenti formularono le seguenti notizie:

  • per gli Ufficiali dell’Esercito e dei Carabinieri 1′ ammontare medio dei contributi afferenti l’indennità supplementare versati dai beneficiari era, per i vertici di carriera pari a 9.535 euro a fronte di un’indennità corrisposta pari a di 36.828 euro,

– per gli Ufficiali dell’Aeronautica, le cifre erano rispettivamente pari a 9.814,58 euro e 32.212 euro,

– per gli Ufficiali della Marinale cifre erano rispettivamente pari a 12.200 euro e 35.803,17 euro

Tali notizie confermarono le nostre precedenti convinzioni: il dissesto della gestione indennità supplementare era dovuto all’enorme divario fra le entrate e le uscite certificate nei bilanci annuali. Sotto la presidenza del gen. MEARINI, la Cassa ricevette una visita del Capo di Stato Maggiore della Difesa, al quale fu consegnato un documento nel quale si rileva una situazione gestionale eguale a quella rappresentata per la precedente presidenza del gen. CAPORASO. Successivamente la situazione si capovolse.

Venne, in seno al Consiglio di Amministrazione e per volontà del suo Presidente e con la mia opposizione affermato che la legge n,416/1996, unificando le due gestioni della Cassa, aveva cancellato i debiti preesistenti dell’una verso l’altra e consentito l’impiego indiscriminato delle entrate a favore dell’una e dell’altra.

Fu attribuita la proprietà dell’immobile acquistato prima dell’avvento della legge con i fondi

gestionali dell’assegno speciale alla Cassa e non alla sola gestione dell’assegno.

Fu inizialmente sospeso e poi annullato il progetto di rivalutazione biennale dell’assegno speciale.

Tale atteggiamento permane anche sotto la presidenza del gen. BENEDETTI.

Con l’avvento della Cassa di Previdenza delle Forze Armate, fu confermato dai primi Presidenti

Ammiraglio di Squadra Cristiano BETTINI ed Ammiraglio Ispettore Alberto GAUZOLINO

Alla prima riunione del Consiglio di Amministrazione della Cassa chiesi di consegnare a tutti i

Consiglieri un corposo fascicolo documentale, da me compilato, sulle fonti del diritto relative ai

benefici erogati dalle Casse.

Il permesso mi fu negato:

Successivamente consegnai privatamente il fascicolo al Presidente della Cassa di previdenza delle FFAA„ al Presidente della Cassa Ufficiali dell’Esercito, gen. Corrado LAURETTA, ed ai soli rappresentanti del Ministero del Tesoro e della Corte dei Conti

Il sottoscritto non ha firmato, dandone comunicazione per lettera all’Amm. BETTINI, il preventivo per l’esercizio 2011 della Cassa.

Infine, pur cessato dall’incarico di Consigliere del Consiglio di Amministrazione della Cassa, il sottoscritto ha inviato in data 4 novembre 2013 una lettera all’Amm. GAUZOLINO per informalo che l’Agenzia delle Entrate, nella sua pubblicazione bimestrale “l’Agenzia informa” n 4 del 2008 nell’articolo “i vantaggi fiscali della previdenza complementare” riferendo sul disposto dei decreti legislativi e presidenziali, delle leggi, deliberazioni, risoluzioni e circolari emessi dal 1986

al 2007ed elencati nell’ultima pagina .in merito all’argomento specifico così si esprime: ” le forme pensionistiche complementari sono forme di previdenza finalizzate ad erogare una pensione aggiuntiva a quella concessa dagli Istituti di previdenza obbligatoria. Sono forme pensionistiche complementari: i fondi di previdenza preesistenti, istituiti anteriormente al novembre 1992,” Appare evidente che l’istituto dell’assegno speciale appartiene a tale categoria previdenziale. Successivamente si evince che tale istituto è una forma di previdenza collettiva, un fondo chiuso con fondi afferenti da contributi determinati in percentuale della retribuzione, con prestazioni erogate in forme di rendita

A tali forme di previdenza la legislazione sopra citata riserva, con decorrenza dal 1.1.2007, una tassazione separata della rendita decrescente in relazione agli anni di partecipazione alle forme pensionistiche dal 15% a 9 % degli importi erogati.

Ho Concluso la lettera pregando l’Ammiraglio di volersi interessare per la riduzione della tassazione dell’assegno speciale sino ad ora praticata all’origine nella misura del 39%. La lettera non ha avuto risposta e la richiesta alcun seguito.

In sintesi debbo concludere che dal periodo che va dal 1 settembre 2003 ad oggi a me e, a quanto mi risulta al mio successore gen. Nicola LUISI, attuale Consigliere al Consiglio di Amministrazione della Cassa di Previdenza delle Forze Armate, non è stata concessa alcuna possibilità di svolgere alcuna funzione se non quella di ascoltatore.

Ogni nostra proposta è stata inesorabilmente respinta, ogni nostro rilievo è rimasto inascoltato. Le leggi istitutive dei benefici gestiti dalle Casse Militari prima dell’Esercito e poi delle Forze Armate prevedevano e prevedono un’attività propositiva dei Consigli di Amministrazione delle Casse ed una attività decisionale del Ministro della Difesa.

Per tre volte, su mia richiesta, sono stato ricevuto dall’on. Guido CROSETTO, Sottosegretario al Ministero della Difesa con responsabilità sulle Casse in questione, per rappresentargli tutto quanto esposto in questo articolo e consegnargli il fascicolo sulle fonti del diritto da me redatto e dato al l’Anan. BETTINI.

Ho avuto piena disponibilità di ascolto e assicurazione che si sarebbe attenuto, nelle sue decisioni, alle indicazioni dei suoi “consiglieri”, individuabili nei vertici dello Stato Maggiore Difesa.

All’on. CROSETTO ho inviato, inoltre, tre lettere per illustrargli l’evolvere della situazione. Ho inviato 3 lettere all’ Amm. GAUZOLINO, una all’ Amm. BETTINI., una al Presidente della Cassa Ufficiali Esercito, 24 articoli in argomento all’ANUPSA proposti per la pubblicazione sul nostro periodico TRADIXIONE MILITARE, a titolo informativo per i nostri soci.

Al termine di questa attività, posso constatare che se nulla cambierà i processi legislativi promossi dalle Autorità che ritengono di avere un diritto decisionale potranno solo sopprimere l’istituto dell’assegno speciale, sinora in florida situazione patrimoniale ma erogatore di un misero beneficio e prolungare a tempo limitato la vita dell’indennità supplementare sino all’esaurimento del patrimonio ereditato dalla gestione assegno speciale.

Un triste epilogo che lascerà senza indennità supplementare numerosi colleghi che avranno versato consistenti contributi per ottenerne la corresponsione.

Firma Gen. Paolo Palmieri

Dopo una attenta lettura dell’analisi del Gen. Paolo Palmieri non v’è ombra di dubbio che furono compiuti  abusi con atti di barbara macelleria amministrativa posta in essere con l’uso e l’abuso dello strumento del comando.
Senza escludere l’ipotesi che la fusione dei fondi fu compiuta – in pieno conflitto di interessi – da chi temeva di perdere l’indennità supplementare in quanto era noto che tale gestione fosse avanzato stato di decomposizione.
                                                                                    Gen. V. Ruggieri

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