L’AQUILA. UNA CONVERSAZIONE – IMMAGINARIA – IN UNA SCONSOLATA CITTA’ NON ANCORA NORMALIZZATA

5 Luglio 2014
By

Download Luigi Fiammata.jpg (80.6 KB)

LA CONVERSAZIONE

Liberamente ispirato ad una scena, magnifica, del film “ JFK “ di Oliver Stone.

Certe volte, la realtà, si incarica di avere pochissima fantasia.

di Luigi Fiammata

Esterno giorno.

E’ il Parco del Castello, a L’Aquila. Panoramica lungo le stradine interne, tra aiuole e fontanelle. E’ un giorno di sole.

La telecamera inquadra una panchina lontana; si vede un uomo seduto, con un cappello in testa. La panchina guarda verso via Castello. Passano automobili, altre sono parcheggiate sotto i puntellamenti delle case. Il rumore è attutito, come fosse distratto.

Si inizia a sentire lo scricchiolio di passi sulla ghiaia dei sentieri tra gli alberi. Prima da lontano, poi sempre più vicino.

La telecamera si accosta lentamente all’uomo seduto sulla panchina, fin quando questi, si volta, e viene inquadrato in primo piano, mentre guarda i passi arrivare. Non sorride.

Dovrebbe avere circa sessanta anni di età. Il cappello, a tesa stretta, color panna, gli nasconde parzialmente i capelli, corti, bianchi e folti. Porta occhiali tondi, ha gli occhi celesti, leggermente acquosi e sporgenti. Le labbra sono carnose, ben disegnate; ha una pronunciata fossetta sul mento, e dei baffi severi, ancora parzialmente neri. Indossa giacca e cravatta. La camicia è bianca.

Si sposta su un lato della panchina, per lasciar posto al nuovo arrivato; la telecamera si allontana, e li inquadra, di fronte.

E’ arrivato un altro uomo. Circa trenta anni di età. Capelli molto corti, rasati sui lati, biondi. Una barba rada e disordinata sul volto. Gli occhi scuri, febbrili. Indossa una maglietta di cotone, a maniche lunghe, sbottonata sul collo, color turchese scuro, e jeans.

  • Grazie, d’aver accettato di parlare con me. – Dice il più giovane.

  • Sia chiaro – risponde l’altro – che questo colloquio, non è mai avvenuto. –

Si guardano negli occhi. Il giovane stringe le mascelle.

 Da dove iniziamo ? –

  • Iniziamo dal denaro. Il denaro è quello che muove tutto. Il denaro è la misura di ogni passo. E’ come il vento, il denaro. Non lo vedi, ma lo senti. Ed è capace di travolgere ogni cosa. Ogni casa. Ogni dignità.

Prende fiato, l’uomo dal cappello. Ha una voce profonda, espressiva. Distoglie lo sguardo dal giovane, e guarda di fronte a sé, sulla strada, ma senza vederla. E inizia a parlare senza fermarsi.

  • Gli ultimi soldi, realmente stanziati per l’Aquila, sono quelli della Delibera CIPE del dicembre 2012. Poi li hanno rimodulati, affettati, ma quelli sono. E non altri; e non ce ne sono ancora. E non si vede quale strumento possa esserci per stanziarne degli altri per l’Aquila.

Ma i soldi arrivati a L’Aquila sono tanti, davvero tanti, in questi ultimi anni. Anche se non bastano a ricostruire. E tutti concentrati su un unico territorio.

Quello che racconto è uno sfondo. Una scenografia. Lo sguardo che puoi avere quando giri un angolo e ti si apre davanti una piazza. Guardi tutto insieme, e, allo stesso tempo, non riesci a vedere nulla di preciso. Devi fermare lo sguardo su una colonna, sulle scale di una chiesa, per vederle davvero. E, ancor più, isolare una singola persona che cammina sulla strada, anche solo per sapere se è un uomo o una donna. E questo, bisognerà farlo .

Si dovrebbe indagare; riempire gli spazi vuoti con i nomi. Oppure provare a raccontare i movimenti, i nodi, le svolte. E i nomi li metterà ognuno di quelli che guarda.

Ancora un attimo di pausa. Si toglie il cappello, lo tiene tra le mani. Riprende a parlare.

  • Facciamo che io sono una piccola impresa edile aquilana. All’inizio, dopo il terremoto, passata la fase dei puntellamenti, con l’avvio del lavoro per le case poco danneggiate, inizio ad acquisire contratti. La normativa, però, prevede che, prima io faccio i lavori, li finisco, li riconsegno, e, poi, alla fine di tutto, incasso. Però, se con l’andare avanti di questo processo, io mi ritrovo con qualche ritardo di pagamento, ad esempio perché il Comune non ha disponibilità economica, allora devo andare in banca, perché, nel frattempo, operai e fornitori (che, data la crisi, mi chiedono di saldare oltre il 50% di quello che ordino, prima ancora che loro carichino il materiale sui camion che devono poi scaricare da me), vanno comunque pagati. La banca è lieta di scontarmi la fattura, quindi io posso spendere i soldi che incasserò certamente. Però, il ritardo, continua. E allora, la banca, anche se sa che sto spendendo soldi coperti da una fattura derivante da finanziamenti dello Stato, mi chiede di rientrare perché sono andato molto oltre il fido che mi era stato concesso. Con la banca, quindi, accumulo un debito doppio.

Il fido che avevo, più l’importo della fattura che mi hanno anticipato.

E se non pago, vengo segnalato alla Centrale Rischi. Divento una impresa non solvibile. Anche se ho qualche milione di euro di lavori in portafoglio.

Improvvisamente, si materializza nel mio ufficio, un commercialista, con l’accento del nord. Ben vestito, con la macchina di lusso. E mi dice che mi può finanziare lui. Non gli devo mica vendere l’azienda. Anzi, è importante che io resti. E’ gentilissimo. Però, se gli dico che ci voglio pensare, non mi lascia un biglietto da visita, nulla. Nessun pezzetto di carta. Magari mi dice che mi ricontatta lui.

Io posso pure passare il tempo a chiedermi chi gli avesse raccontato della mia condizione. Intanto però, la banca mi ha segnalato alla Centrale Rischi. E quindi non posso più avere soldi per pagare i contributi dei Lavoratori. Quindi non posso più fare il DURC. Il Documento Unico di Regolarità Contributiva. E senza il DURC, il Comune non mi paga. E l’INPS, anche se faccio un accordo per rientrare a rate del debito, se non pago le rate, deve mandare il debito ad Equitalia. Ed Equitalia, mi deve pignorare. Tutto secondo Legge. E finisco così con il perdere anche i lavori che avevo in portafogli.

L’uomo più giovane, deglutisce. E chiede:

  • Scusi, ma la banca, forse si comporta così perché con la crisi ha tante situazioni critiche anche lei, no ?

  • Può darsi. Però, prima, i crediti delle banche erano garantiti dalla Cassa Depositi e Prestiti, e poi, finito l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, il Comune ha fatto una convenzione con l’Associazione delle Banche Italiane, che frutta alle banche il 3,40% di interesse sul denaro che transita per le pratiche di finanziamento della ricostruzione. Quindi, se il denaro si ferma un po’, produce altro denaro. E produce anche per il Comune, che se ferma il denaro in cassa, percepisce un interesse e mette a posto il Bilancio.

E, in Comune, c’è un unico dirigente, che governa tutte le pratiche di ricostruzione, e c’è un unico geometra che provvede ai pagamenti, se i suoi impiegati gli preparano le pratiche però. Perché lui il computer non lo sa usare.

Lungo la stradina cammina una ragazza che porta un cagnolino al guinzaglio. I due restano silenziosi, finché non passa oltre.

  • Scusi, comunque, ad un certo punto, lo Stato paga, e le cose si mettono a posto…

Ribatte il giovane.

  • Può non andare proprio così. Può succedere che in una Assemblea Condominiale, che magari era già in parola con me, piccola impresa edile aquilana, per il lavoro della ricostruzione, uno dei condomini, debitamente istruito, cominci a seminare dubbi, sulla mia situazione. E l’Assemblea Condominiale, magari con il supporto di commercialisti che offrono consulenze ad hoc, può decidere di affidare formalmente ad altri, il lavoro.

  • Questa che mi racconta, però, mi appare una forzatura…

  • Potrebbe esserlo. Ma lei potrebbe verificare quali imprese, o gruppi di imprese, si aggiudichino prevalentemente il lavoro che è coordinato da importanti amministratori di condominio, o da certi studi tecnici. E potrebbe accorgersi che esistono precise cordate.

  • Ma anche questo, potrebbe non essere un problema. In fondo si lavora con chi ci si fida, no ?

  • Certo. Però, il punto delicato della questione, riguarda il “come” si forma una volontà assembleare, e quanto liberamente siano effettivamente affidati i lavori.

  • Va bene, ma, alla fine, l’importante è ricostruire la città no? E poi, per evitare che siano imprese disoneste a farlo, c’è la “ White List”…

L’uomo dal cappello accenna un sorriso tirato. Si sistema meglio sulla panchina.

  • La “White List” non esiste. Forse esisterà. Dopo.

  • Come?

  • Se lei va, ora, sul sito della Prefettura dell’Aquila, alla Sezione “ Amministrazione Trasparente “, trova un elenco di ditte, che, volontariamente, hanno chiesto di far parte di un elenco di fornitori che soddisfano una serie di requisiti antimafia etc.

  • Quindi la “White List” c’è.

Ribatte ad alta voce il giovane.

  • Sì, che c’è, ma per le ditte che fanno “fornitura di ferro lavorato”, o “noli a freddo di macchinari”, o la “guardiania ai cantieri”… Non c’è una “White List “, ad esempio per le aziende che abbattono e ricostruiscono case. O per aziende che fanno movimento terra. E’ proprio la Legge, che è così. E la Lista, riguarda comunque le Aziende che, volontariamente, decidono di proporsi. E non c’è obbligo alcuno, a servirsene. A oltre cinque anni dal sisma.

  • Ma, sul sito dell’Associazione Costruttori dell’Aquila, qualcosa ci sarà….

  • Si, materiale informativo relativo alla “White List”. Più o meno. Del 2010.

E peccato che manchi, nel sito, una sezione dedicata all’affiliazione massonica…

  • Che vuol dire ?

  • Ma nulla, ovviamente. Era solo una battuta. Non si definiscono tra loro i massoni come “liberi muratori “ ?

Il giovane guarda fisso l’uomo dal cappello. Un camion passa, con grande frastuono. Il giovane si allontana un po’ dall’uomo col cappello, come se volesse mettere una distanza, non solo fisica, dalle sue parole.

  • D’altra parte – incalza l’uomo col cappello – è noto che esiste una tariffa, variabile tra il 3 e il 10% del valore dei lavori da svolgere, che viene pagata come tangente da chi deve vedersi affidati quei lavori. E io, piccola impresa edile aquilana, non me lo voglio permettere, di pagare. Quindi, non lavoro.

  • Mi scusi, ma io mi rifiuto di accettare queste dicerie, come vere. Se io mettessi nella mia storia questa roba un po’ qualunquista e scontata, perderei di credibilità.

  • Può darsi. Però sarebbe interessante vedere quanti appartamenti in questo periodo sono venduti a prezzi reali da regalo, o quante consulenze costosissime si fanno. Le cose, non sempre hanno l’anima del nome che si dà loro. Certe volte, il nome è solo un lenzuolo che nasconde certi fantasmi.

  • Prendiamo per un attimo per buona la cosa che mi sta dicendo: adesso sono io, un’impresa, e per farmi affidare un lavoro, dovrei pagare una tangente. Ma, quello è un lavoro della ricostruzione. Il cui valore è costruito su un prezziario. I margini di guadagno sono ridottissimi. Da dove prendo i soldi per pagare tangenti ?

L’uomo dal cappello, si alza un istante dalla panchina. Si passa una mano tra i capelli, e accenna qualche movimento sulle gambe. Poi si piega e siede di nuovo. Sporgendosi in avanti. E inizia a parlare, a bassa voce. Con il viso rivolto a terra.

  • Tante imprese aquilane hanno usufruito dei servigi di imprenditori campani recentemente arrestati, con manodopera a 19 euro l’ora tutto compreso, e nessuno controlla, dove si deve controllare, o sindacalizza; se prendo finestre dalla Romania, posso giostrare bene con l’IVA che non pago; se assumo solo manovali comuni, risparmio parecchio; se faccio subappalto, guadagno, e posso subappaltare quasi tutto, e quando non posso, faccio figurare che alcuni dipendenti delle ditte subappaltatrici, sono in realtà miei dipendenti; e certe volte, se il subappaltatore non mi riconsegna tutto secondo i tempi stabiliti, è lui a pagare a me la penale, che se la stabilisco dall’inizio, e il subappaltatore, coscientemente ritarda la consegna, è una tangente per me. Se poi il subappalto lo faccio con una ditta estera che si porta i lavoratori direttamente dal loro paese, e li paga con i contratti del loro paese, anche così, ci guadagno.

Ma, in realtà, il guadagno vero, è quando prendo il lavoro, e metto in moto i soldi, e se serve, le fidejussioni: con i soldi che non ho io, ma che qualcun altro mi dà, e che porto in banca; perché se sono il titolare d’impresa, certe volte, puzzo di legno e qualcun altro comanda. Perché così, i soldi si lavano. Allora sì, che posso pagare tangenti per i prossimi lavori che voglio prendere. Perché il soldo lavato, vale di più, molto di più del soldo sporco.

Il giovane dai capelli biondi, si mette a sedere sul bordo della panchina, e poi stende la schiena all’indietro. Mette le mani dietro la testa, come a poggiarsi su un cuscino nell’aria. Poi si rialza. Si prende la testa tra le mani, e guarda l’uomo col cappello.

  • Si rende conto che dopo tutto quello che mi ha detto, ci manca solo che mi racconti che gli appalti per la ricostruzione di edifici pubblici sono pure lottizzati dalla politica, e abbiamo concentrato tutto insieme sulla città il male degli ultimi secoli ? Chi ci crede ?

  • Che gli appalti pubblici della ricostruzione siano lottizzati dalla politica, io non glielo dico, però lo so. Come so che alcune importanti aziende edili aquilane hanno lavorato, parecchio, nel periodo della presenza e responsabilità unica della Protezione Civile, e poi, si sono un po’ fermate, ad attendere che di nuovo scatti il loro turno. Oppure che altre imprese, che prima del terremoto fatturavano qualche decina di migliaia di euro all’anno, ora viaggiano a milioni. E consiglierei anche di verificare quanti sono i Lavoratori che effettivamente sono assunti, e al lavoro, nei cantieri più o meno aperti, o fermi, lungo l’Asse Centrale della città, per capire come certe imprese si prestino a rendere quasi veri i desideri della politica. Il perché si prestino, forse fa parte di altre storie.

Alza le mani, il giovane, a interrompere il discorso dell’altro.

  • Lei non mi ha fatto un nome. Lei getta ombre sulla buona fede di Istituzioni e Associazioni. Lei favoleggia di cupole segrete che si muovono nell’ombra cercando di ritagliarsi un posto alla tavola imbandita da una politica vorace o schiava. Ma guardi che a L’Aquila centinaia di imprese, cittadini, Lavoratori, sono persone oneste che si danno da fare per ridare vita alla loro città. E tanti, in Associazioni o Partiti, o nelle Istituzioni, seriamente e disinteressatamente si battono per L’Aquila. Magari anche facendo, semplicemente e silenziosamente il proprio dovere. Ma di loro nessuno parla perché non fanno notizia.

  • Vero. Verissimo.

Ma a L’Aquila, dal 6 aprile 2009 si svolge un gioco molto pesante. In cui molti attori vogliono semplicemente accumulare potere, ridefinire gerarchie e ricchezze. Consolidare influenze, ed elettorati. L’inquinamento è generalizzato: nella testa delle persone. Il vero nemico, paradossalmente, è il mercato dalla cui competizione tutelarsi in ogni modo lecito o criminale. Il vero nemico sono le regole e la democrazia, e il conflitto trasparente.

Vede, giovane amico. Lei potrebbe essere il primo a realizzare una sceneggiatura da film su queste storie. Non serve che ci sia qualcuno che tiri le fila. Qualcuno che dica esplicitamente quel che si vuole fare e come. I potenti, si annusano tra loro, e cercano accordi. Senza neanche parlare tra loro, come seguissero un galateo non scritto. O si fanno guerra, ma mai per distruggere del tutto il nemico. Solo per acquisire posizioni migliori. Tanto, la ruota gira. E c’è un parco di mucche da mungere sempre.

Il punto è esattamente questo. E’ vero che ci sono tanti onesti e positivi. Ma sono proprio loro il mangime di quegli altri. E vanno conservati; proprio come il fieno per l’inverno.

La scriva questa sceneggiatura da film. E la realizzi questa sua opera. Magari non cambia nulla, ma sarà comunque un fatto importante. Magari tra venti anni i nostri nipoti capiranno di più.

La telecamera si stacca. La panchina torna lontana.

La telecamera indugia sui raggi del sole che penetrano le foglie degli alberi.

I rumori della città affievoliscono.

Silenzio.

Tags:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dieci anni

Archivio