“LA SAGGEZZA E L’AUDACIA”, A ROMA PER RICORDARE DAVID SASSOLI.

20 Gennaio 2023
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di Goffredo Palmerini

“David Sassoli era mite e coraggioso. Aveva grande forza, che proveniva dalle sue convinzioni, dai suoi ideali, radicati nella fede e maturati nelle esperienze della vita. Anche per questo era aperto all’ascolto. Cercava di cogliere i segni nuovi dei tempi, considerava il dialogo un tesoro prezioso cui attingere non soltanto nei momenti di difficoltà. Il suo sorriso era un tratto di gentilezza, che esprimeva una spontanea empatia, espressione della sua cultura. David Sassoli ci manca. La sua testimonianza di correttezza e competenza nella professione giornalistica, poi di servizio, e quindi di guida, nelle istituzioni europee, costituiscono un patrimonio che è comunque ancora fra noi. Va fatto conoscere ancor di più, vanno approfonditi e meditati gli scritti che ci ha lasciato. […]”

ROMA – Quali più appropriate parole per ricordare David Maria Sassoli se non queste tratte dall’illuminante incipit della Prefazione firmata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al volume “David Sassoli. La saggezza e l’audacia. Discorsi per l’Italia e per l’Europa” (Feltrinelli). Il libro, che riporta 56 discorsi del Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, curato da Claudio Sardo, viene presentato questa mattina a Roma, al Teatro Quirino. Un panel di assoluto prestigio per questo evento, che non a caso precede di soli due giorni l’anniversario della prematura scomparsa di David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo, avvenuta l’11 gennaio 2022. Partecipano infatti alla presentazione Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Ue, Romano Prodi,già Presidente del Consiglio e poi della Commissione UE, Enrico Letta, segretario del Partito democratico, Paolo Rumiz, giornalista e scrittore, e il curatore Claudio Sardo, moderati dalla giornalista Lucia Annunziata.

La giornata è uggiosa, pioviggina a Roma quando intorno alle 10 arrivo al Teatro Quirino. Già decine di persone sono davanti alle porte d’ingresso, in attesa dell’apertura, per assistere all’evento con inizio previsto alle ore 11:00. Notevole ma discreta la presenza delle forze di polizia lungo Via delle Vergini, dove prospetta il teatro. Cresce il pubblico in attesa, molti i volti noti, dell’informazione e del mondo politico e istituzionale. Alle 10 e mezza aprono l’ingresso centrale e il personale della sicurezza consente l’accesso degli astanti, due per volta, che vengono ispezionati con metal detector. Sono tra i primi ad entrare. Ho così la possibilità di salutare la signora Alessandra Vittorini Sassoli, ringraziandola dell’invito che mi ha inviato. Diverse file di poltroncine davanti sono riservate, appena dopo altre due file sono destinate alla stampa, dove trovo posto. Il teatro va rapidamente riempiendosi in ogni ordine di posti, in platea e nei palchi. Rai News 24 e Radio Radicale ed altre emittenti televisive assicurano la trasmissione in diretta dell’evento, anche sui social. Alle 11 in punto si apre il sipario e sulle sedie sistemate sul palcoscenico prendono posto i relatori. Lucia Annunziata fa una breve introduzione per subito invitare, per i saluti, dapprima l’editore Carlo Feltrinelli. Nel dichiararsi onorato di pubblicare il libro, tra l’altro annuncia che i proventi sono interamente devoluti al Fondo David Sassoli presso il Centro Oncologico di Aviano (Pordenone) – dove David Sassoli venne curato – per sostenere progetti di ricerca nel settore ematologia.  

Il secondo saluto è dell’ospite, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, un intervento puntuale nel quale ha richiamato di David Sassoli lo straordinario contributo al progetto europeo. «Nella cosa pubblica ha messo tutta la sua dedizione, la sua mitezza e la sua determinazione. La sua idea di politica come processo e convergenza. Ma anche la sua audacia, la sua difesa del metodo comunitario e del ruolo del Parlamento Ue. La sua elezione fu il primo passo nell’agenda per il cambiamento dell’Europa, per ricucire una frattura tra Europa e popolo- ha sottolineato poi Gualtieri -. Con lui l’Ue ha aperto una stagione nuova che ha mostrato capacità del progetto europeo di dare risposte che altri non hanno saputo dare. Grazie al cambiamento l’Europa è riuscita a ricucire quella che era una frattura di popolo».

Lucia Annunziata, rilevata la presenza del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che è stato Presidente del Parlamento Ue prima di Sassoli, lo invita a portare un contributo. «David ha dato l’anima per le istituzioni comunitarie – dice tra l’altro il ministro Tajani -. Sono molto grato a lui. Pur militando su fronti differenti, io e David Sassoli abbiamo difeso il Parlamento europeo e l’istituzione democratica dell’Unione europea». E’ il momento più importante, quello dell’intervento della Presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, che si avvia al podio, giacca color rosa confetto su pantalone scuro e camicetta verde oliva. Un forte corale applauso l’accoglie, che lei ricambia con un sorriso. C’è attesa per la sua testimonianza, non voglio perderne neanche una parola. Attivo la registrazione e questo che segue è della Presidente della Commissione il testo integrale dell’intervento.

«Presidente Mattarella, Presidente Prodi, gentile Segretario Enrico Letta, gentili ospiti,

Signora Sassolicara Alessandra, cari Livia e Giulio,

grazie infinite per avermi chiesto di unirmi a voi oggi. E grazie in particolare agli amici e ai colleghi di David per aver curato l’edizione di questo libro. Nel leggerlo, quasi mi sembrava di sentire di nuovo la sua voce: calma, limpida, eppure così appassionata e intensa. Ho avuto il privilegio di trovarmi con David Sassoli quando ha pronunciato molti di questi discorsi. Ma ce n’è uno in particolare che non posso dimenticare. Nell’estate del 2021 David mi chiese di accompagnarlo in visita all’ex campo di concentramento di Fossoli. Un luogo in cui i soldati nazisti massacrarono decine di partigiani italiani che combattevano per la libertà di tutti noi. Il discorso di David a Fossoli era una lettera d’amore per l’Europa. La nostra Unione, disse, è nata in risposta all’orrore dell’Olocausto e della guerra.

Quindi rivolse una domanda semplice ma incisiva: “Vi siete mai chiesti perché i regimi autoritari, tutti, temono così tanto l’Europa? Non facciamo la guerra, non imponiamo il nostro modello. E allora, perché si preoccupano di noi? Vi è un solo motivo. I valori europei mettono paura, perché le libertà consentono uguaglianza, giustizia, trasparenza, opportunità, pace. E se è possibile in Europa, è possibile ovunque. Non dimentichiamoci di quello che siamo, di quanta voglia di Europa vi è nel mondo.” Questo accadeva mesi prima che la Russia cominciasse la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina – un paese e un popolo che avevano deciso di abbracciare i valori europei. Oggi sembra una profezia.

L’intera visita a Fossoli è stata per me un’esperienza incredibilmente commovente. David era particolarmente legato a quel luogo. Dopo la guerra, un gruppo di uomini e donne di fede decisero di trasformarlo in una struttura di accoglienza per gli orfani di guerra. Uno dei sostenitori di quest’iniziativa era un frate cattolico di nome David Maria Turoldo. È a lui che David Maria Sassoli deve il suo nome. Il giorno della nostra visita, David mi ha accompagnata a piedi attraverso il campo. Abbiamo incontrato i sopravvissuti e i figli delle vittime. E poi, quando la tromba ha intonato il Silenzio per commemorare le vittime, nel momento più solenne della celebrazione, David ha infranto il protocollo e mi ha preso la mano. Un gesto semplice di unità che è valso più di mille parole. Questo era David Sassoli: un uomo con una passione per la democrazia e per l’Europa. Ci sono tre cose di lui che mi hanno sempre colpita e che vorrei condividere con voi oggi.

In primo luogo, il suo profondo senso della storia. David era un uomo dalla lunga memoria. Ed è questo che ha alimentato la sua passione per l’Europa. Sapeva esattamente cosa era accaduto prima della nostra Unione. Lo sapeva da suo padre, che aveva combattuto nella Resistenza. Lo sapeva dalla sua gioventù, quando David era membro attivo di un’associazione chiamata La Rosa Bianca, in memoria dei giovani tedeschi che si opposero con coraggio al nazismo. Non si stancava mai di parlare degli orrori della Seconda Guerra mondiale e del coraggio visionario di coloro che hanno costruito la nostra Europa unita. Il giorno in cui venne eletto Presidente del Parlamento europeo David dichiarò: “L’Unione europea non è un incidente della Storia. La nostra storia è scritta sul dolore, sul desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sull’ansia di giustizia degli eroi del Ghetto di Varsavia, sulle primavere represse con i carri armati nei nostri paesi dell’Est. Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto alla degenerazione nazionalista.”

David sentiva la responsabilità non soltanto di preservare la memoria del nostro passato, ma anche di impedire a quel passato di tornare. È esattamente quello che gli ho sentito dire a Fossoli e in molte altre occasioni: “Se è accaduto una volta, può accadere di nuovo”. Credeva che fosse nostro dovere rimanere vigili. E David è stato effettivamente un garante della democrazia e dei diritti nella nostra Unione. È per questo che ha denunciato a gran voce ogni nuovo episodio di antisemitismo. È per questo che si è battuto così strenuamente affinché i migranti fossero trattati con dignità e solidarietà. È per questo che, da devoto cattolico, ha sostenuto i diritti delle persone LGBTI e ha lottato instancabilmente contro la discriminazione. I valori dei padri fondatori e delle madri fondatrici sono stati anche la bussola con cui David si orientava per il futuro. 

David credeva nella democrazia europea, nel suo potere e nella sua capacità di garantire diritti più ampi a un numero sempre maggiore di cittadini. Credeva nel ruolo vitale del Parlamento europeo, inteso come Casa della democrazia europea. E, durante la pandemia, ha rivoluzionato il modo di lavorare del Parlamento affinché potesse continuare a servire i cittadini europei in tempi di estrema necessità. Ma David sapeva anche che la democrazia è fragile e che deve essere protetta dai nemici interni come da quelli esterni. David non avrebbe mai tollerato la corruzione – né tra i ranghi dei deputati né all’interno di alcun organo direttivo. Se fosse qui, lotterebbe con tutto il suo vigore per l’onestà e contro le ingerenze straniere nella nostra democrazia, proprio come stanno facendo gli attuali vertici del Parlamento europeo.

Forse è a causa del suo senso della storia che David ha sempre capito quando era il momento per noi, leader europei, di intervenire per plasmare il corso della storia. Questo è il secondo pensiero su David che vorrei condividere. Da persona con un lungo passato di giornalista, percepiva sempre quando i tempi erano maturi per un cambiamento. È quanto traspare dai suoi discorsi al Consiglio europeo, nella sezione conclusiva di questo libro. Nei primi mesi dei nostri rispettivi mandati, il messaggio di David ai leader europei è stato forte e chiaro. Ascoltiamo la voce dei nostri giovani. Hanno parlato e chiedono prima di ogni altra cosa: azione per il clima e giustizia climatica. E cito: “Avremmo dovuto insegnare noi ai nostri figli […] che il dono che ci è stato fatto, il nostro mondo, […] è ben più fragile di quanto pensassimo. […] Troppe volte è accaduto invece il contrario”. David sapeva ascoltare e sapeva guidare. È anche grazie a David e al sostegno del Parlamento che la prima proposta promossa dalla nuova Commissione europea è stato il Green Deal europeo. Ed è anche grazie a lui che il Green Deal europeo è incentrato a tal punto sulla giustizia sociale e su una transizione giusta.

Poi è sopraggiunta la pandemia e, ancora una volta, David ha fatto sentire la voce della saggezza in seno al Consiglio europeo. Ricordo il vertice cruciale in cui abbiamo raggiunto un accordo su Next Generation EU, la nostra proposta relativa al piano per la ripresa dell’Europa. Come sempre, David non usò mezzi termini e ammonì: “La posta in gioco è la sopravvivenza dell’Unione. Siamo sotto i riflettori di tutto il mondo. Dimostriamoci degni della fiducia che i nostri cittadini […] nutrono in noi”. David non era soltanto un arguto oratore, ma un raffinato politico. Capiva i meccanismi della politica e le logiche del potere. Ma chiunque poteva vedere che David era entrato in politica per passione e non per sete di potere. E questa sua caratteristica è ciò che lo ha reso così credibile e autorevole. Per questo, quando è mancato, tutti gli schieramenti politici hanno reso omaggio a David Sassoli. La sua passione e la sua onestà travalicano le divisioni politiche.

Il mio terzo e ultimo ricordo di David riguarda qualcosa che non troverete nelle pagine di questo libro ma che chiunque lo abbia incontrato non potrà mai dimenticare. Il suo sorriso e i suoi occhi limpidi. David era un uomo gentile. Il Presidente buono, come l’hanno definito. E anche se non ha mai perso il sorriso, David sapeva combattere per quello in cui credeva. Si è battuto per la giustizia sociale nei difficili mesi della pandemia. Si è battuto per la solidarietà all’interno della nostra Unione. È stato persino dichiarato persona non grata dalla Russia per la sua posizione inequivocabile in materia di diritti umani. David era davvero buono e coraggioso, saggio e audace, e non avreste potuto scegliere titolo migliore per riassumere la sua vita e il servizio che ha reso alla nostra Unione. Dopo ogni incontro, al momento di congedarci, David mi diceva sempre, in francese: Bon courage. Io oggi vorrei estendere quell’augurio a tutti noi affinché possiamo trovare lo stesso coraggio che aveva David. Il coraggio di difendere i nostri valori. Il coraggio di portare avanti le sue battaglie. Il coraggio di guardare al futuro, proprio come ha fatto lui. Grazie David, e viva l’Europa.»

L’intervento della Presidente Ursula von der Leyen è accolto con viva commozione e interrotto da diversi applausi nei passi più significativi del suo intervento. Una vera ovazione le viene tributata a conclusione del suo discorso. Lucia Annunziata chiama quindi Romano Prodi, che della Commissione Ue è stato Presidente dal 1999 al 2004, a svolgere le sue considerazioni anche in risposta ad una domanda che l’Annunziata gli rivolge, ossia quale a suo giudizio sia stato il momento più difficile per l’Europa e quali le differenza tra la sua presidenza e quella attuale. «Oggi è un momento estremamente difficile – esordisce Prodi –, è il più drammatico fra quelli che ho vissuto, perfino il momento della tensione dei missili di Cuba aveva un suo equilibrio. E ricordiamoci la saggezza del presidente americano che disse che gli Usa non dovevano convertire nessuno ma che erano necessarie regole per far convivere le diversità. Invece la guerra ha fatto riemergere le diversità, cresce sempre di più la polarizzazione del mondo. La guerra in Ucraina ha reso ancora più importante il passo in avanti dell’Europa.» Ricordando Sassoli, Prodi porta tra l’altro una testimonianza personale: «Nel momento in cui era incerta la sua rielezione a presidente dell’Eurocamera, per la tradizione dell’alternanza alla presidenza tra le due maggiori coalizioni politiche guidate dai Socialisti e democratici e i Cristiano-democratici, David mi diceva: Le tradizioni istituzionali democratiche si possono rompere solo se ci fosse l’unanimità. La continuità e il rispetto di questi rapporti è più forte del successo personale.»

Toccante anche l’intervento di Enrico Letta, segretario del Partito democratico. Dopo preliminari considerazioni sulla necessità di riformare le regole europee per andare a decisioni che prevedano l’espressione di voto a maggioranza e non più l’unanimità di voto dei 27, escludendo quindi la possibilità di esercitare il diritto di veto (magari in una fase intermedia prevedendo che per il veto sia necessario il concorso di almeno tre Paesi), Letta ha quindi affermato: «David ha cambiato la storia: tenendo aperto il Parlamento europeo durante la pandemia, ha consentito di fare quel miracolo rappresentato da Next Generation Eu. L’ultimo giorno che è stato a Bruxelles – ha infine aggiunto Letta rivelando un fatto rimasto finora riservato – ebbi con lui un incontro ufficiale e gli feci una proposta: dopo aver fatto il presidente del Parlamento devi pensare al tuo Paese. Gli proposi di guidarci alle elezioni politiche, per costruire una coalizione larga. Sono io che te lo propongo, saresti in grado di guidare una coalizione larga e far sì che il Paese possa avere una proposta europeista. Io faccio un passo indietro. David rimase colpito e rispose: Ci devo pensare. Avremmo dovuto vederci per parlarne concretamente, ma purtroppo è andato via.»

Interessante il contributo reso dallo scrittore e giornalista Paolo Rumiz, quasi un controcanto. «Vi parlerò avendo girato da giornalista quella parte d’Europa e di aver conosciuto la pancia delle nazioni, molto meglio delle istituzioni. In particolare quella parte di Europa, definita terra di sangue, tra il Baltico e il Mar Nero, dove i due totalitarismi hanno dato il peggio di sé. Quindi io sono un euro-entusiasta che vede nell’Europa l’unica via per uscire da questa situazione e un euro-pessimista perché temo quello che può accadere. Ricordo una frase di David Sassoli, nei nostri colloqui telefonici: Mettiamo più Europa nel nostro atlantismo. E soprattutto non dimentichiamo che dell’Europa il Mediterraneo è la culla. La culla della filosofia, della democrazia e dello Stato di diritto. In questi tempi difficili si sente esprimere più fedeltà all’atlantismo che non alla nostra madre Europa. Ho avuto con il Presidente Sassoli molti colloqui telefonici, tra la fine del Covid e l’inizio della guerra in Ucraina. Furono incontri a singhiozzo, ma profondamente segnati da un filo rosso continuo. Io uscivo da 35 anni di esperienza come giornalista, viaggiatore e osservatore di quella parte di Europa della quale vi parlavo, da quella linea di faglia che separa due Europe dalle memorie profondamente diverse.

Nei 35 anni dalla caduta del muro in poi – aggiunge Rumiz – avevo visto un’accelerazione quasi demoniaca, avevo visto il genocidio di Srebrenica, lo spaccarsi dell’Europa di fronte alla situazione balcanica, la Cecenia, l’assalto a Capitol Hill. E l’edificio europeo lo vedevo tremare. E vedevo l’Europa incapace di esprimere l’European dream, anzi temevo che diventasse un nightmare, un incubo. C’era più Europa prima della caduta del muro. C’era un afflato tra le due metà d’Europa talmente forte, tanto che nel 2000 il 60 per cento dei russi si dichiarava europeo, mentre oggi soltanto il 20 per cento. E in quei momenti di profonda depressione sul futuro dell’Europa io avevo bisogno di un uomo come David, capace di emozionarsi per l’Europa. Un uomo coraggioso e mite, come è stato definito. Un uomo democratico che capiva i disastri che avrebbe potuto causare un capitalismo senza regole, convinto che l’uomo fosse al centro della politica. Iniziai con lui un dialogo profondo e commovente, le sue risposte mi spiazzarono, perché andavano al di là di quello che era il discorso ufficiale, considerazioni che sono espresse anche nel libro che avete tra le mani. Iniziai con lui un dialogo che fu profondo e commovente.

Il primo fu che il problema dell’Europa non è soltanto la migrazione incontrollata, il terrorismo islamico, persino le mire imperialiste di un uomo incontrollabile come Putin, ma il problema dell’Europa era l’Europa stessa, la sua crisi identitaria, la corrosione dei valori. Parlò anche del termine ipocrisia, cioè una cosa erano i valori che si proclamavano una cosa erano le azioni che si compivano. E disse un’altra cosa formidabile. Fu un’intuizione che a me, come scrittore, colpì molto: disse che l’idea di Europa era nata da esiliati su un’isola, Ventotene, ma rischiava di morire in un’altra isola nel cuore di altri esiliati, l’isola di Lesbo dove migliaia e migliaia di rifugiati siriani o afghani aspettano il disco verde per entrare in Europa. Parlammo della difficoltà dell’Europa di esprimere la sua essenza di isola felice calata in un mare di infelicità, di instabilità, di guerre e di fame. Questa è una realtà di cui pochi si rendono conto, pochi si rendono conto che noi viviamo in un luogo e in un tempo assolutamente eccezionali, in uno stato di tregua che non è consentito ad altri. E anche la nostra difficoltà ad esprimere noi stessi come unico possibile antidoto alla recidiva tendenza dell’Europa ad entrare in guerra contro se stessa.

Noi abbiamo dimenticato che nel solo ventesimo secolo l’Europa ha fatto 125 milioni di morti, incluse le colonie delle quali si era impossessata. Ecco, sono numeri di fronte ai quali dovremmo riflettere. Io sono molto deluso di come l’Europa ha commemorato la guerra 1915-18. C’era quasi una timidezza nel dare una risposta unitaria a tutto questo, nel raccontare una tragedia comune. Era un’occasione fantastica nel dire tutti insieme “abbiamo vissuto tutti un’esperienza terribile”. C’era invece una profonda timidezza, nel timore di poter irritare le memorie divise tra i vincitori e i vinti della guerra di allora. Ecco, quello mi colpì moltissimo. David allora non sapeva ancora che già i mercanti erano entrati nel tempio, parlo di quel che è accaduto poche settimane fa, di quelli che come termiti corrodevano già le fondamenta dell’edificio, parlo del Qatargate. Vorrei poter dire “meno male che se ne è andato prima” se non fosse che mi manca tremendamente. E poi veniamo a quella sua tendenza a guardare il Mediterraneo come luogo simbolo. David disse che il Mediterraneo era la culla complessa del mondo, non in una visione manichea dove il bianco e il nero stesse in due parti diverse. E citò Eschilo. Sarebbe da ricordare oggi che fronteggiamo la guerra in Ucraina. Eschilo, che fu capace di dire ai suoi Greci che avevano vinto contro i Persiani, “ricordatevi che i vincitori si salveranno soltanto se rispetteranno gli Dei e i templi dei vinti”. Disse anche un’altra cosa, con la quale concordavo assolutamente: che Europa che vuol dire “terra del tramonto”. Disegnava la nostra posizione geografica come capolinea dei popoli che venivano sempre da sud e da est, ma mai dall’Atlantico, perché mai nessuno in milioni di anni è mai arrivato dall’Atlantico. Per cui è quella la nostra unica frontiera, mentre con l’Asia siamo corpo unico. Tutto questo fu per me un’emozione quasi sconvolgente, perché era come dire all’Europa che non c’è contraddizione tra l’afflusso di popoli che vengono da fuori e la nostra essenza di Europa, perché noi siamo fatti da quei popoli.»  Rumiz ha poi richiamato altri ricordi dei colloqui con David Sassoli, con momenti di forte interesse e suggestione. L’ultimo intervento è del curatore Claudio Sardo, che ha ringraziato la famiglia Sassoli (la signora Alessandra e i figli Livia e Giulio) per aver accolto e voluto la realizzazione e la pubblicazione del libro, come pure un ringraziamento particolare va al personale dello staff di segreteria del Presidente Sassoli, per la piena collaborazione fornita.

In chiusura di questo resoconto d’una giornata davvero particolare, mi permetto di aggiungere solo un’annotazione personale. Considero un privilegio l’aver vissuto una mattinata come quella dedicata a David Sassoli. È stato un evento assai denso di emozioni, riflessioni di straordinaria profondità. E’ stato uno straordinario tributo, intenso e scevro da qualunque tentazione retorica, per sottolineare di David Sassoli la grandezza dell’Uomo, del Politico, dello Statista. Ma anche del cristiano autentico, Lui cresciuto con i valori testimoniati da Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira e da Lui vissuti ogni giorno al servizio della comunità nazionale ed europea. La Politica come servizio, attenta soprattutto agli ultimi, a chi ha più bisogno. In fondo, come annotava Paolo VI sulla Politica, Sassoli ha vissuto l’impegno politico come la più grande forma di Carità (charitas), di amore verso il prossimo. Una bella Persona, David Sassoli, come giornalista e come uomo delle Istituzioni al più alto livello. Politico ancorato ai grandi valori del cattolicesimo democratico, aveva la sobrietà e la profondità dei Grandi, così lontano come era dalle apparenze. Quando veniva a Paganica, a casa dei suoceri – l’urbanista prof. Marcello Vittorini e la signora Cicci -, con grande semplicità si incontrava in paese, sempre gentile con tutti, con quel suo indimenticabile sorriso. Ne porteremo un bel ricordo. L’Italia davvero ha perso una delle sue migliori risorse istituzionali e politiche, un Uomo di grande valore. Resta l’eredità morale che Sassoli lascia all’Italia, all’Europa, alla sua famiglia.

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