In Afghanistan l’Occidente purtroppo si è suicidato. Parla Marcello Pera.

21 Agosto 2021
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Articolo tratto da Start Magazine On-line.

di Paola Sacchi (*)

Marcello Pera

Afghanistan? ”Disastro epocale, è la caduta di un altro pezzo di Occidente che non crede più in se stesso. E che ora è più a rischio di terrorismo e di dittatori, con l’egemonia crescente della Cina”. Conversazione di Paola Sacchi con Marcello Pera, filosofo ed ex presidente del Senato

”Kabul, disastro epocale, è la caduta di un altro pezzo di Occidente che non crede più in se stesso. E che ora è più a rischio di terrorismo e di dittatori, con l’egemonia crescente della Cina”. Sul segretario del Pd, Enrico Letta: “Ritiene davvero un errore che siano state usate le armi contro Osama Bin
Liden? Mi chiedo cosa insegnasse a Parigi…”.

Parla in esclusiva per Startmagnews, a tutto campo, Marcello Pera, filosofo, liberale, politico, già seconda carica dello Stato, quando c’era il secondo governo di Silvio Berlusconi.

Professor Marcello Pera, già presidente del Senato in carica proprio nei giorni dell’11 settembre e della successiva guerra in Afghanistan. Lei, ex seconda carica dello Stato italiano ricevuta alla Casa Bianca dal Vicepresidente Dick Cheney, “campione” dei “Neo-Con”, come valuta il disastro a Kabul per quel popolo e l’Occidente?

Il disastro è epocale, ben più di una sconfitta militare. È la caduta di un altro pezzo di Occidente, che non crede più a se stesso, che si vergogna della propria storia, che la cancella, che pretende di essere inclusivo solo perché è privo di identità.

Niente mi sembra più emblematico di questa crisi profonda di un tweet dell’ambasciata americana a Kabul di poco tempo prima della fuga ignominiosa. Dice: “Questo mese di giugno è riconosciuto come quello dell’orgoglio LGBTI. Gli Stati uniti rispettano la dignità e l’uguaglianza delle persone LGBTI”. Bene, le rispetto anche io. Ma qui, dove si doveva costruire uno Stato, politici e generali non hanno più neppure una scala di priorità e urgenze. Siamo come alla caduta dell’impero romano e di Bisanzio.

Si leggono ora in Italia persino dubbi su quella guerra, critiche a Bush Junior, magari anche legittime sul fatto che si sia poi maggiormente impegnato in Iraq, ma in generale colpisce che si metta in dubbio anche la stessa giustezza di quella missione. Neo – Con sotto attacco, il leader del Pd Enrico Letta ha detto che la democrazia non si può esportare con le armi. Che ne pensa?

Mi chiedo che cosa insegnasse Letta a Parigi. Ritiene davvero che fosse un errore usare le armi contro Osama Bin Laden e chi lo proteggeva?

Quanto alla democrazia, basterebbe riflettere che la nostra, quella di oggi, quella antifascista della Costituzione, l’abbiamo importata con le armi degli Alleati. Lo stesso in Germania, lo stesso in Giappone, lo stesso tante volte nella storia. Posso solo dire che, se si parte per esportare la democrazia, allora bisogna compiere l’opera fino in fondo. Gli occidentali in Afghanistan non l’hanno fatto perché non erano preparati e non ci hanno creduto davvero. Non a caso le nostre guerre recenti le abbiamo sempre chiamate “umanitarie” e mai col nome proprio.

Come valuta questo estremo tentativo di mediazione del primo Presidente eletto dell’Afghanistan, Hamid Karzai, detto “l’americano”, che lei ha conosciuto?

Lo ricordo come persona ragionevole che certamente conosce il suo paese. Non so se ce la farà. Dovrà nascere una Resistenza e noi dovremmo aiutarla. Forse Karzai andava ascoltato meglio prima. Forse ci avrebbe spiegato che gli afghani ad una democrazia occidentale non erano preparati per difetto di cultura nazionale.

Biden è stato molto criticato per il suo discorso sul ritiro. Lo accusano anche di aver sbagliato tempi e periodo dell’anno per riportare a casa le truppe. Bisognava restare lì invece per sempre come ha detto Condoleezza Rice?

Per sempre, non so. Certo è che il ritiro è stato fatto in fretta e male. È stata una fuga, decisa già da Trump e ben preparata da Obama.

Ora l’Occidente è più a rischio?

Non solo è a rischio di terrorismo, ciò che mi angoscia anche di più è pensare che è a rischio dei dittatori che usano i rifugiati come scudo e dell’egemonia crescente della Cina. Che faremo domani con Taiwan?

(*)

Paola Sacchi

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