Genesi onori e oblio di un Corpo di polizia.

26 Giugno 2020
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Di Commissario Giulio Quintavalli, Ispettore Massimo Gay e Ispettore Fabio Ruffini

Articolo tratto dalla Rivista ufficiale dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato.

Anno XLVII n 1 Gennaio – Aprile 2020

 

Rassegna di V Emanule IIIDobbiamo entrare tra le pieghe della storia patria compresa tra la fine della Grande guerra e l’avvento del Fascismo per comprendere le vicissitudini del Corpo della Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza, a cui abbiamo dedicato i due articoli di settembre e dicembre 2019 della rivista Fiamme d’Oro; e dobbiamo proporvi le riflessioni del Direttore dell’Ufficio e del Museo Storico della Polizia di Stato Raffaele Camposano sul recupero a Torino del Vessillo del Corpo e il trasporto a Roma, nel Sacrario delle Bandiere nel Vittoriano.

Una storia breve

 Quel Drappo, concesso il 4 giugno 1922, ha avuto poche occasioni di sfilare, perché la Regia Guardia è stata frettolosamente liquidata il 31 dicembre successivo dal Governo Mussolini per spianare la strada alla Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, nuova Forza Armata e organo del Partito Nazionale Fascista. La retorica di regime ha fatto cadere sul Corpo un velo di silenzio e di malcelata disistima, che è iniziata con il trasferimento del Vessillo nell’Armeria Reale di Torino e con l’estromissione della Guardia Regia da ogni rappresentazione pubblica, decretandone la damnatio memoriae.

 Gli studi di Ghisalberti

Sebbene attraverso le vicissitudini della Guardia Regia è possibile tratteggiare il nesso tra le vicende politico-istituzionali del Paese e il Corpo di P.S., quel silenzio viene infranto nel 1950, alle soglie del centenario del Corpo delle Guardie di P.S., quando la Direzione Generale di P.S. chiede ad Alberto Maria Ghisalberti, professore di Storia del Risorgimento all’Università “La Sapienza”, di tracciare una prima storia della Polizia. Risultava necessario valutare le “conseguenze” delle varie riforme che avevano interessato l’Istituzione fino a quel momento e che avevano comportato brusche interruzioni, mutamenti di denominazione, di ordinamento e di natura giuridica dei suoi appartenenti.

 Un forte legame

Per il Professore la documentazione raccolta “criticamente vagliata non consente dubbi per quanto riguarda la derivazione dell’attuale Corpo delle Guardie di PS. da quello istituito durante il Ministero d’Azeglio con la Legge dell’Il luglio 1852. I mutamenti di denominazione e di uniforme non hanno significato mutamento di funzioni e di compiti. Come all’atto della fondazione del Corpo, anche oggi tali funzioni si riassumono nella tutela della libertà e della sicurezza dei cittadini e nella conservazione dell’ordine pubblico. Il lungo elenco dei caduti e dei feriti attesta con quale spirito di abnegazione e di sacrificio gli appartenenti al corpo abbiano, durante un secolo, mantenuto fede alla loro missione’.

L’expertise, integralmente riprodotta nella pubblicazione “Sub Lege Libertas 1852 – 1952”, Edizioni Ferdinando Conti, avviava una stagione di studi e di iniziative per rinsaldare le radici storiche del Corpo delle Guardie di P.S. che, tra l’altro “riabilitava” la Regia Guardia, i cui effetti giungono fino a noi.

Proprio a seguito dell’intervento di Ghisalberti, a partire dal 1952 il Corpo ha retrodatato la propria annualità dal 1925 al 1852, spostandola dal 18 ottobre all’11 luglio e ricongiungendosi al Corpo voluto dal Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno di Sardegna a D’Azeglio.

 Indietro di 70 anni

La Bandiera consegnata dal Re al Gen Vittorio De AlbertisLa retrodatazione dell’Istituzione di quasi 70 anni avrebbe dovuto coinvolgere anche la Bandiera della Regia Guardia che, non solo continuava a essere esclusa dalla storia della Polizia, ma vedeva la “sorella minore” del 1930 fregiarsi delle due medaglie di bronzo al Valor militare meritate dalla Polizia durante la Seconda guerra mondiale, ora affiancate dalle due Medaglie d’oro di benemerenza per il soccorso prestato dal Corpo delle Guardie di città alle popolazioni colpite dal sisma calabro-siculo (1908) e della Marsica (1915). Un’operazione scientemente articolata che confermava la damnatio memoriae impressa nel 1923. Contemporaneamente alcuni studi hanno ricostruito i principali episodi con protagonisti eroici poliziotti che, in passato, avevano testimoniato inalterato attaccamento al valore e spirito di corpo, tanto da aver meritato importanti decorazioni al valore, anche “alla memoria”.

Processo di riacquisizione

Questi fatti d’arme erano una delle forme di un processo di riacquisizione di un passato da tempo dimenticato (uno dei compiti dell’Ufficio Storico), attraverso diverse forme per rielaborarlo e promuoverlo. Tra queste, l’intitolazione a questi eroi di Uffici, Scuole e Reparti di P.S., o di spazi interni, quali aule, sale, presto animate da busti, iscrizioni e manufatti che presidiavano cortili, sale, atri e corridoi delle più importanti caserme.

Gli stessi nominativi hanno trovato collocazione nel Sacrario dei Caduti, inaugurato durante la Seconda guerra mondiale, e negli anni a seguire sono stati presentati in articoli di Polizia Moderna, che ha impreziosito i testi con illustrazioni di capaci artisti. Accertato che le radici del Corpo trovano linfa nel Risorgimento, era giunto il cerimonie, come la Festa della Polizia, restituiscono un inedito contributo estetico e simbolico; quelle uniformi sono tutt’ora custodite dall’Ufficio Storico della Polizia di Stato. Infine, nel 1961, per il Centenario dell’Unità d’Italia, è stata introdotta l’uniforme storico-risorgimentale per la Banda e la Fanfara, ancora prevista seppur con lievi adeguamenti.

Ogni cosa al posto giusto

 In breve, sebbene nel Dopoguerra il Corpo delle Guardie di P.S. animato dall’urgenza di riappropriarsi del proprio passato, dei valori e tradizioni storiche bruscamente rescisse dal fascismo, riscopre le origini liberali e la Regia Guardia, lo stesso sorvola sulle vicissitudini della Bandiera meritata nel 1922, considerando esclusivamente il vessillo del 1930.

Negli Anni Cinquanta il Viminale ha ritenuto opportuno obliare la prima Bandiera nei polverosi magazzini di Torino per dribblare la relazione tra le turbolente vicende storico-politiche dei primi anni Venti e l’Amministrazione di P.S.

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