Tiziana Grassi giornalista e studiosa di migrazioni al convegno della Sapienza per la Settimana della Sociologia Italiana ”Un paese ci vuole..’’

19 Ottobre 2017
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Il contemporaneo: l’alfabeto migrante nelle asimmetrie dell’altrove, focus dell’intervento della studiosa Grassi

di Mimma Cucinotta

LocandinaRoma, 18 ott. 2017 –  All’interno del palinsesto composito della Settimana della Sociologia Italiana (www.settimanadellasociologia.it/) si è svolto oggi  al Centro Congressi di via Salaria a Roma ”Un paese ci vuole: la Sociologia di fronte alla crisi italiana” . Il convegno  a cura del  Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, ha messo in luce attraverso i risultati della ricerca temi e fenomeni come fiducia/sfiducia nelle istituzioni, paure, terrorismo, migrazioni, l’innovazione sociale e tecnologica, creatività e trasformazioni dello spazio urbanoIstituzioni, esperti e opinion leader hanno interloquito con i ricercatori sui temi dei singoli panel, in un tentativo di sinergia tra saperi sociologici e interessi istituzionali, sulle  nuove dinamiche socio-culturali, innovazione e nodi critici della società italiana del terzo millennio.

A chiudere i lavori della giornata sulle nuove morfofologie urbane che ospitano comunità di immigrati, la giornalista Tiziana Grassi, invitata dalla Sapienza nel ruolo di ‘discussant’ sull’intervento di Marco Bruno, docente di Sociologia dei processi culturali. La studiosa di migrazioni ha portato la sua esperienza di autrice per molti anni di programmi di servizio per gli italiani all’estero a Rai International e attualmente referente della comunicazione dell’INMP Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà, ente pubblico del sistema sanitario nazionale con sede a Roma presso l’ex ospedale S. Gallicano. “Essere stata a contatto con i nostri connazionali all’estero, con il loro vissuto di emigrazione, e quindi dolore, sogni e conquiste – ha dichiarato Tiziana Grassi – mi ha permesso di ampliare la percezione del vissuto lacerante di chi oggi viene in Italia alla ricerca di una vita migliore. Essere a contatto diretto con i migranti di ieri e di oggi, dal di dentro, in una sorta di patto di fiducia empatico, mi permette di cogliere i loro bisogni espressi e inespressi e di cercare di sensibilizzare alcuni colleghi giornalisti a trattare con il dovuto tatto, anche nell’uso del lessico, delle informazioni e della titolazione meno ad effetto, la delicata questione migratoria. Ed è necessario, nelle sfide del nostro tempo, riconoscere formalmente la figura del mediatore transculturale in ambito sanitario, figura professionale che opera presso l’Inmp, fondamentale per cogliere e accogliere le persone immigratcomprendendone non solo in senso stretto la lingua, ma tutto l’ampio universo culturale di cui è portatore. Diversi infatti sono i modi per esprimere il dolore, i sintomi, nelle culture dei Paesi dell’Africa, e noi dobbiamo essere preparati a rispondere adeguatamente. Per queste persone che vengono dall’altrove, anche le necessarie visite mediche di controllo sanitario durante la gravidanza, o la prescrizione dei farmaci, sono ‘eventi’ che vanno spiegati in un accompagnamento consapevole”. Sottolineando ruolo e responsabilità dei media nella narrazione dei fenomeni in corso, che plasmano l’opinione pubblica, la Grassi ha auspicato un racconto che non si fermi all’emergenza, agli sbarchi, ma anche tutta quell’Italia che accoglie e integra, che è ancora sottaciuta.

Le riflessioni su Roma – focus della giornata – hanno poi toccato anche i nuovi paesaggi con cui i nativi si confrontano nelle resistenze verso il nuovo, osservando che sono certo di tipo semiotico – pensando alle attività commerciali degli immigrati in zone della città come l’Esquilino che ricordano le Little Italy negli USA – ma anche di tipo olfattivo, linguistico e acustico, fonetico – pensando ai nuovi cognomi delle persone immigrate – quindi onomastico. Ma che in futuro potranno riguardare anche l’aspetto della toponomastica: come i nostri connazionali all’estero, dopo anni di impegno, coinvolgimento delle comunità di origine e di destinazione, ostacoli burocratici e numerose resistenze, hanno ottenuto con orgoglio di vedere istituite le varie “Via Italia” nel mondo, cambiando così il nome dei luoghi che riconoscevano la loro presenza e il grande contributo allo sviluppo dei Paesi di accoglienza, altrettanto dobbiamo ipotizzare nel futuro nei nostri contesti cittadini. “Siamo pronti, nei prossimi anni, a ricevere queste istanze?”, è stata la domanda che ha scosso i presenti. “Perché – la studiosa ha evidenziato – dobbiamo fare un salto cognitivo e superare le immotivate paure verso l’Altro, come ci insegna questa città di antica vocazione ecumenica e cosmopolita, accogliendo le persone immigrate e le differenze, ma non in maniera rassegnata – Grassi ha proseguito ricordando il monito del padre dell’Illuminismo tedesco Lessing – ma, nella lungimiranza del superamento della dicotomia noi/loro, nel superamento dell’equivoco su un’emergenza che non c’è perché la mobilità è un processo endemico delle società, conquistare la consapevolezza che apparteniamo, tutti, alla comunità umana, e non c’è un’umanità in eccesso o di serie B, da tenere fuori dal banchetto della vita e dei diritti. L’augurio è quindi – ha concluso la studiosa di migrazioni  – quello di tesaurizzare la natura diasporica del nostro tempo quale fattore di sviluppo, di ampliamento degli orizzonti, di conoscenza e dialogo con l’Altro, un’occasione che rivela un potenziale creativo senza precedenti”.

Il convegno di oggi ha anche coinvolto esperti degli altri Atenei romani e rappresentanti di istituzioni come Prefettura e Comune di Roma, Associazioni e Fondazioni, Istituti di ricerca, giornalisti e manager di testate nazionali e locali.

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