LE PREANNUNCIATE RIFORME PREVIDENZIALI MA DI COSA STATE PARLANDO?

4 Agosto 2015
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Riflessioni

 Vincenzo Ruggieri

enzoruggieri@alice.it

I processi riformatori dei sistemi pensionistici, attuati dagli anni ottanta, sono stati tutti rivolti ad un contenimento della spesa. Mai ad una vera razionalizzazione. E’ quindi logico attendersi che ogni nuovo intervento riduca ancor di più i trattamenti economici del sistema piuttosto che aumentarli.

La leggerezza e la noncuranza con la quale alcuni vertici istituzionali continuano ad annunciare riforme e riformine sui trattamenti pensionistici di milioni di italiani rivela una attitudine al cinismo sociale senza precedenti. Direi sconcertante  se non allucinante.

Con il ricorso ad un moderno luogo comune, lo domando col cuore e con la mente: ma di cosa state parlando?

La verità va detta tutta. E’ di qualche giorno fa la notizia. E non è un caso che la Bce lo ha ammesso: nel ’99 l’Italia era ricca. L’euro e la politica dell’austerity hanno paralizzato la crescita ed hanno impoverito gli italiani. E le colpe dell’euro e dell’austerity non possono ora ricadere sul popolo dei pensionati.

Bene lo spendig reviev. Vanno bene i tagli che recuperano competitività non a quelli previdenziali che creano povertà. Non mi risulta che la spesa previdenziale possa essere classificata spesa improduttiva. Tuttavia non mi meraviglierei se qualche politico di breve o di lungo corso asserisse il contrario.

Con un provvedimento legislativo, che non ho difficoltà a definirlo “orrore costituzionale” il legislatore è intervenuto in maniera pesante impoverendo il ceto medio non solo. Con tale provvedimento, inteso a contenere la spesa previdenziale, ma non a razionalizzarla, sono stati calpestati i diritti dei pensionati abolendo ex tunc, le perequazioni, in spregio agli artt. 36 e 38 della Costituzione che garantiscono la proporzionalità ed adeguatezza nel tempo dei trattamenti pensionistici intesi quali trattamenti economici differiti.

Il vertice di Palazzo Chigi ha inteso non ritoccare i meccanismi ma violentare i requisiti delle vecchie pensioni di anzianità e di vecchiaia assestando un colpo micidiale ai valori delle pensioni maturate. E incidenti notevolmente sui diritti acquisiti.

Vorrei ricordare a chi spetta, con forza, senza se e senza ma soprattutto senza peli sulla lingua, che fino al 1998 i contributi previdenziali, nella considerevole misura del 33% sul trattamento economico lordo, dei pubblici dipendenti rimanevano a disposizione del vecchio Ministero del Tesoro e si confondevano con le altre risorse. Si confondevano addirittura con gli stanziamenti. C’era confusione. Tanta confusione che anziché accantonarli, sono stati spesi per altre meno nobili  esigenze.

A parte il fatto che in assenza di una banca dati, (mi riferisco ai pensionati ante 1995) non comprendo come potranno essere “manipolati” i contributi previdenziali (perché di manipolazione si tratterebbe) trattenuti ai lavoratori dipendente della P.A. Se ci provano sarà una vera e propria truffa o scippo con destrezza.

Il cinismo si manifesta con nettezza rispetto ad almeno due ordini di problemi.

Il primo connesso alla delicatezza di un tema, quello della pensione, che il lavoratore si è costruito faticosamente nel corso di decenni (chi scrive ha pagato 50 anni di contributi, 42 di servizio effettivo + 8 di ausiliaria nella misura del 33% senza soluzione di continuità) e che solo per questo meriterebbe di essere trattato con delicatezza e rispetto senza cambiare continuamente le regole del gioco, mettendo a repentaglio la serenità degli anni finali di una vita nei quali, dopo aver versato corposi contributi,  quello stesso lavoratore finalmente avrebbe diritto alla sicurezza e alla stabilità dell’introito.

Il secondo ordine di problemi tocca invece il tema terroristicamente agitato per introdurre le continue novità che da oltre venti anni sconvolgono il mondo pensionistico: quello della insostenibilità economica dei trattamenti in corso soprattutto per  la precaria situazione delle casse dell’Inps dimenticando che sono state concesse pensioni senza contribuzione (LEGGE MOSCA E LEGGE TREU)

A queste entità vorrei dire, in maniera forte e chiara, che se davvero hanno a cuore le sorti dei pensionati dovrebbero piantarla di utilizzare per fini politici impropri le casse dell’istituto pensionistico.

Altro che organismo previdenziale: da anni l’Inps è stato trasformato in un carrozzone assistenziale al quale si chiedono prestazioni che nulla hanno a che fare con la sua missione originaria, l’erogazioni delle pensioni. Diciamola tutta: l’Inps è stato considerato da quasi tutti gli ultimi governi come un provvidenziale bancomat per foraggiare politiche e istituti del tutto estranei ai suoi compiti istituzionali: dalla cassa integrazione, alle maternità, dalle malattie alle invalidità.

Basta con questo terrorismo. Lasciamo all’Inps di svolgere il proprio compito istituzionale senza inopportune interferenze . Per le pensioni le risorse ci sono eccome. Basta non distoglierle per altri scopi. Tenendo bene a mente che se il governo vuole mettere in campo le sue politiche sociali e assistenziali, per riscuotere facili consensi, i soldi può andarseli a trovare altrove. Magari nel grande buco nero dei noti privilegi e vitalizi oltre misura oltre che dall’evasione fiscale che ogni anno sottrae all’erario almeno un centinaio di miliardi di euro.

Solo che per far questo ci vogliono una solida volontà politica e  pure delle competenze. Che, ahimè, tardano ancora una volta a manifestarsi. Ammesso che ci siano.

Le nostre pensioni erano state già tagliate, senza girotondi, senza fermare treni, aerei e quant’altro. Noi abbiamo già dato. Con provvedimenti ostili, mai visti prima. Ci è stata tolta l’ausiliaria. C’è stato tolto il rimborso del contributo fondo credito. Ci è stato tolto l’estensione del giudicato, che costituiva un toccasana giuridico nel contendere previdenziale legato, sin dal 1895, al sacro principio della “la legge è uguale per tutti”. Dopo oltre un secolo, è stato cancellato il principio che leggiamo in tutti i tribunali che costituiva orgoglio per l’Italia da tutti ritenuta la culla del diritto. In sostanza abbiamo fatto un passo indietro di ben 119 anni. Oggi, per ottenere il riconoscimento di un diritto previdenziale già riconosciuto ad altri, è necessario proporre ricorso giurisdizionale. Con quei disagi facilmente intuibili. Sempre che si possa sopravvivere per godersi il risultato. Ogni nostro appello è stato assolutamente inutile con una plateale indifferenza.

Contro di noi, contro il ceto medio, non ho difficoltà a dirlo, oltre al disprezzo manifestato nel costante rigetto delle nostre richieste, è stato applicato il diritto della forza, e non la forza del diritto.

Attendiamo l’esito della nota petizione. Sperando in futuro in un giudice di “Berlino” in seno alla nostrana Corte Costituzionale.

Va infine ricordato e ribadito con forza che se l’Italia è a pochi passi dal baratro la colpa è racchiusa, non nella spesa previdenziale, ma negli scellerati costi della politica ancora non compatibili che le risorse disponibili e che incidono anche e in maniera determinante sulla elevata ed insopportabile tassazione.

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