“Chiedi chi erano i Backlash”. Da Milano a Liverpool, nei luoghi dei Beatles, la band Nord-Sud e la musica di Terza Generazione

1 Luglio 2015
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di Domenico Logozzo *

 Quattro amici si mettono insieme con un obiettivo ambizioso: creare la musica “che non c’è”. Nuove frontiere. La sfida è partita da due ragazzi del Sud e da altri due del Nord. Punto d’incontro Milano. Hanno dato vita ad una fantastica band, inseguendo quella che  loro stessi definiscono un’utopia. Sono Francesco Lucà  e Alessio Gatto di Squinzano (Lecce), Luca Mangano di Cormano (Milano) e Federico Corsaro di Gerenzano (Varese). Alla conquista di nuovi spazi con il progetto “The Backlash” , un’apprezzata proposta musicale che li ha già portati a Liverpool, al Cavern Club, da dove sono partiti i Beatles. Trampolino di lancio prestigioso. “Gente da tutto il mondo e di tutte le età, anche alcuni settantenni, all’una di notte ad ascoltare musica rock dal vivo: un altro mondo!”. A parlare così è Francesco Lucà. Il padre Mimmo è di Samo, in provincia di Reggio Calabria. Vive tra la Puglia e Milano, ma ha la Calabria nel cuore. Ed anche un sogno. “Da bambino e per tutta l’adolescenza, fino a poco prima del mio trasferimento a Milano per l’università – ci dice -, ho trascorso buona parte delle mie vacanze lì dove si riuniva la famiglia del lato paterno. Ricordo con piacere quei periodi e quella terra, dalla quale manco ormai da un bel po’ di tempo. Spero di tornarci in futuro. Magari  con i Backlash”.

  Quale è stata l’idea di fondo che vi ha messi insieme? 

“Credo sia stata una necessità, più che un’idea: la necessità di fare musica e farla insieme a persone con cui stringere un rapporto intenso e speciale, creando un nucleo che definirei, senza retorica, una famiglia. Musicalmente l’obiettivo del progetto “The Backlash” era quello di creare qualcosa di nostro che compensasse il fatto che ciò che il panorama musicale propone in questi anni non ci piace o comunque non riesce ad entusiasmarci. Credo si possa dire che la nostra sia in parte una reazione.”

 Proposta innovativa. Presentando lo scorso anno “3rd Generation, ep di esordio,sottolineavate  :” Più che un punto di partenza è un’asserzione: siamo la terza generazione e siamo qui per dimostrarvelo”.Quali sono le due generazioni precedenti?

“Facciamo riferimento agli anni ‘60 e agli anni ‘90: della prima generazione abbiamo solo potuto sentire parlare, negli anni 90 eravamo bambini, ma credo che esserci stati sia bastato per subirne un’influenza. Diciamo che ci sarebbe piaciuto avere 20-25 anni negli anni ’60 o negli anni ’90, in periodi dove la musica si fondeva con i costumi della società e soprattutto dei giovani, che riuscivano ad aggregarsi e a condividere emozioni ed ideali.”

 E la vostra in cosa si differenzia?

“La nostra è qualcosa che non esiste, purtroppo. La “3rd Generation”, in realtà, è qualcosa che vorremmo creare, una sorta di utopia; ci fa rabbia non sentirci parte di una vera generazione e abbiamo scelto “3rd Generation” come titolo, quasi una provocazione: “non c’è? Creiamola noi!” Il contesto credo sia quello peggiore, in un’epoca dove milioni di contenuti nascono e muoiono nel giro di un click; ho l’impressione che questo consumo così rapido e distratto porti a lasciare il nulla come eredità. Tornando al legame musica-società, perché oggi neanche le più grandi band a livello mondiale riescono ad avere una pesante influenza sullo stile dei giovani? Perché non nascono nuove subculture che siano focolai di creatività ed ispirazione? Sembrano passati secoli dai tempi delle lotte tra Mods e Rockers, o dai tempi del Punk; movimenti come il britpop ed il grunge degli anni 90, in antitesi tra di loro per contenuti ed umori, oggi sembrano avere una cosa in comune: sembrano qualcosa di difficilmente ripetibile ed incredibilmente lontani! Eppure tutto ciò ha lasciato tracce indelebili, che continuano ad ispirare la musica, come la moda o il design. Mi chiedo: noi che siamo qui ed ora, saremo in grado di influenzare le prossime generazioni?

 Come è nata la tua  passione per la musica? 

“La musica è sempre stato un elemento fondamentale della mia vita. Chi si ricorda di me da bambino mi ha raccontato del fatto che spesso cantavo canzoni che nessuno conosceva, che inventavo. Nella mia infanzia mi piaceva guardare mio padre quando suonava in casa, con la chitarra classica, e nel mio immaginario quelli sono stati i primi concerti cui ho assistito: guardavo ed ascoltavo rapito, partecipavo cantando. Ho ricevuto in regalo la prima chitarra classica a 5 o 6 anni ma dopo aver appreso i primi rudimenti l’ho accantonata, per poi riprenderla verso i 12 anni. A quei tempi mi affacciavo per la prima volta al mondo della musica rock ed ero affascinato dalla potenza di quel mezzo di comunicazione, dal potere delle canzoni. Da allora ho sempre suonato in band, sono diventato un gran “consumatore” di musica. Ho iniziato a scrivere canzoni a 15 anni e da allora non ho mai smesso di farlo: è una cosa che mi viene spontanea e che penso completi il mio approccio al mondo musicale. La musica è qualcosa che più passa il tempo più riesce ad affascinarmi: è cultura, è divertimento, è una fedele compagna di viaggio che sono certo non mi abbandonerà mai nella vita.

  Chi sono gli altri componenti del gruppo?

“Sono Alessio Gatto (cantante), Luca Mangano (batterista) e Federico Corsaro (Bassista). Alessio è il più longevo compagno di avventure nel mondo musicale, suoniamo insieme da una vita. Spinto da Luca e con lui ho fondato i The Backlash; per questo gli sarò sempre grato. Federico è con noi da qualche mese, si è inserito alla grande grazie alla sua smisurata passione per la musica ed il nostro progetto. Con Alessio siamo stati compagni di scuola alle medie e da allora compagni inseparabili nell’avventura musicale. Insieme, a dodici o tredici anni, abbiamo fondato una band, i First Bite. Quel gruppo era il centro del nostro mondo di adolescenti e si è sciolto (mai ufficialmente a dire il vero) nel momento in cui entrambi abbiamo scelto la stessa destinazione per intraprendere gli studi universitari: il Politecnico di Milano. Lui ha concluso il suo percorso in Ingegneria Gestionale; io sono alla fine della laurea magistrale in Ingegneria Meccanica. Musicalmente ci eravamo un attimo “persi”, ma giusto per un anno o due, perché l’idea di continuare a seguire la nostra passione insieme non si era assopita nel frattempo.

 Con Luca, che è di Cormano, la cittadina lombarda dove risiedo, ci siamo conosciuti quando, poco dopo il mio trasferimento a Nord , abbiamo cominciato a giocare nella stessa squadra di calcio. Con l’amicizia è venuto fuori questo lato in comune: la passione per la musica. Lui è figlio d’arte come batterista; suo padre, Francesco Mangano è un appassionato musicista dalla bella carriera, tutt’altro che alle spalle, ancora in corso. Non dimenticherò mai il giorno in cui Luca, dopo diversi mesi in cui non ci vedevamo, ha bussato alla mia porta proponendomi di provare a creare un nostro progetto. Se lui non fosse passato  quel pomeriggio, forse avrei continuato a scrivere canzoni destinate a rimanere “intrappolate” nella mia stanza. Federico Corsaro  è subentrato a Mattia Cochetti, nostro primo bassista con il quale è rimasto un legame e rapporto stupendo. Ho contattato Federico perché avevo letto il suo annuncio su un sito musicale, nel periodo in cui si era presentata la necessità di cambiare bassista. Mattia aveva degli impegni che purtroppo non gli consentivano di continuare a suonare con noi. Leggendo  l’identikit di Federico, sembrava troppo bello per essere vero. Una persona esattamente come noi, con la stessa passione, grinta e, cosa non da poco, con lo stesso background musicale. Si è inserito benissimo, non abbiamo avuto bisogno di fare altri provini. Il suo è stato un vero e proprio “battesimo del fuoco” considerando che la sua prima data con noi è stata al Cavern di Liverpool”.

  Quali  sono state le maggiori  difficoltà che avete incontrato nelle fasi   di avvio? 

“Credo che per ogni band, specialmente in fase di avvio, sia fondamentale riuscire ad avere accesso ai giusti canali per divulgare la propria musica. Resto dell’idea che il miglior modo per far ciò sia suonare live, a contatto con la gente e che i canali del web siano troppo saturi per poter essere decisivi quando si è una piccola realtà. La maggiore difficoltà sta proprio qui, nella possibilità di fare gavetta, perché non ci sono tanti posti dove ci sia interesse nel proporre realtà emergenti, le quali non possono garantire agli organizzatori un’importante affluenza di pubblico. Per suonare tanto, hai bisogno di avere “certi numeri”, per avere “certi numeri” c’è bisogno di suonare tanto: solo la determinazione e i sacrifici ti offrono una via d’uscita da questa pericolosa situazione di stallo. All’inizio della nostra avventura, non avendo conoscenza della scena musicale milanese, avevamo difficoltà nell’organizzare i primissimi concerti; quel poco di esperienza che avevamo bastava per metterci in guardia del fatto che la maggior parte dei contest/festival rivolti a realtà emergenti (non tutti, per fortuna), anche i più blasonati, siano semplicemente dei grossi giri di soldi per chi li organizza: selezioni artistiche iniziali inesistenti o solamente presunte, assenza del benché minimo filo logico sui generi proposti dalle band che si avvicendano sui palchi, prezzi dei biglietti per il pubblico paragonabili a quelli di eventi ben più importanti, sono tutti segnali di mancanza di serietà: consci di ciò siamo stati al gioco semplicemente per avere la possibilità di poter iniziare ad esibirci in pubblico, anche solo per 20 minuti, in locali altrimenti inaccessibili. Con questo spirito abbiamo partecipato ad Emergenza Festival, semplicemente perché l’iscrizione costava poco e ci dava la possibilità di fare il nostro primo live, in periferia a Milano. Poi siamo riusciti ad arrivare alle finali nazionali all’Alcatraz passando per il Tunnel, due club importantissimi: ma questa è un’altra storia, indubbiamente il lato bello del gioco!”

 I fatti  ora vi stanno dando ragione. Cresce l’interesse. Da Milano a Firenze a Vienna. E recentemente a Liverpool, primo concerto al Cavern Club, dove hanno mosso primi passi i mitici Beatles.Una serata magica. Ce la racconti?

“Sì, fortunatamente la nostra musica ci sta dando tante soddisfazioni, la più recente a Liverpool: due concerti in due serate che porteremo per sempre nel cuore. Tantissimi riscontri positivi da parte del pubblico, che al Cavern è il più variegato possibile: gente da tutto il mondo e letteralmente di tutte le età. Eravamo stupiti quando vedevamo tra il pubblico anche alcune persone sulla settantina, all’una di notte ad ascoltare musica rock dal vivo: un altro mondo! Suonare al Cavern è emozionante e credo che le sensazioni siano amplificate per chi come noi considera i Beatles come importanti riferimenti. Il camerino, piccolissimo ed apparentemente ordinario, è lo stesso dove anche i Fab Four stazionavano prima di salire sul palco: essere in quel posto dà i brividi.”

 Dopo Liverpool, quali i prossimi impegni? 

“Subito dopo l’estate uscirà il video ufficiale di Run!, secondo singolo estratto da “3rd Generation”. Stiamo realizzando le demo del nostro prossimo lavoro: il primo LP. Nel frattempo speriamo di continuare a suonare live il più possibile e in tanti posti: abbiamo voglia di far conoscere al mondo la nostra musica. Per rimanere aggiornati sulle date o per entrare in contatto con noi, si  può  visitare il nostro website www.thebacklashband.com e la nostra pagina facebook.com/TheBacklashBand.”

*già Caporedattore TGR Rai

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