A COSA SERVONO I SANTI: intervista al Cardinale Angelo Amato.

23 Marzo 2015
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Intervista di Francesco Donat-Cattin

redattore del Corriere di Puglia e Lucania nel Mondo- www.corrierepl.it

Si è da poco concluso a Roma il ciclo de “I Venerdì di Propaganda: temi e autori” tenuto dalla LEV, Libreria Editrice Vaticana – diretta da Don Giuseppe Costa – presso la libreria internazionale Paolo VI a Roma e di particolare interesse è stato l’ultimo appuntamento della rassegna che ha visto Neria de Giovanni dialogare con il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, sull’utilità sociale e spirituale dei santi.

Il Cardinale Amato è stato nominato il 19 dicembre del 2002 vescovo titolare di Sila e segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede e ha poi ricevuto la consacrazione episcopale il 6 gennaio 2003 da Papa Giovanni Paolo II nella Basilica Vaticana; il 9 luglio del 2008 Papa Benedetto XVI lo ha chiamato a succedere al Cardinale José Saraiva Martins come Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e nel concistoro del 20 novembre 2010 lo ha infine creato e pubblicato Cardinale.

  Se, quindi, sia stato chiamato da Papa Benedetto XVI ad aiutare la Chiesa a rispondere alla domanda su chi sia santo, al Cardinale Amato questa volta è stato chiesto di rispondere a cosa servano i santi. Nonostante sia già autore di diversi volumi che approfondiscono questi temi, volumi pubblicati con la LEV – tra cui si ricordano I Santi nella Chiesa (2010), I Santi si specchiano in Cristo (2011), I Santi, testimoni della Fede (2012), I Santi evangelizzano (2013), I Santi profeti di Speranza (2014) – il Cardinale ha raccolto l’invito per indicare, ancora una volta, quale sia la funzione di un santo, in cosa consista la santità e cosa la caratterizzi, quindi per rispondere alle curiosità del pubblico presente. Così il Cardinale: “la Chiesa valuta il fondamento della santità in base all’esercizio eroico delle virtù teologali, cardinali e delle altre virtù ad esse connesse. In pratica, la vita di un Servo o di una Serva di Dio viene vista alla luce delle virtù della fede, della speranza, della carità, della prudenza, della giustizia, della fortezza, della temperanza, dell’umiltà, della povertà, della bontà, della misericordia, dell’azione apostolica e missionaria”. La santità quindi si snoda lungo i fili della vita, giudicata in tutte le sue sfaccettature e in tutta la sua interezza, longeva o breve, nascosta o meno che sia. E proprio su quest’ultimo aspetto si è espresso il Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, spiegando che, per quanto possa essere umile e segreta, “risiedendo il fondamento della santità nell’esercizio concreto di queste virtù, in una vita di Fede, Speranza e Carità senza interpretazioni di comodo”, è conseguenza inevitabile una certa fama sanctitatis, e con essa una fama signorum; “si tratta di uomini e donne che hanno vissuto con radicalità, senza sconti, sine glossa la parola di Gesù”, di conseguenza le persone che hanno conosciuto personalmente i santi non potevano non vedere questi segni – grazie e miracoli – e  in questi, per il loro carattere sovrannaturale o totalmente gratuito, caritatevole, fiducioso, forte, sicuro, sereno e duraturo, intravedevano qualcosa di grande, di più grande, di sovraumano. Si potrebbe dire che la vita di un santo consista nel segnare, prima, la vita delle persone laddove sono chiamati ad operare e, poi, le vite di chi potrà conoscerli ‘per sentito dire’, per fama appunto, e così poterne apprezzare ed imparare l’esempio. Dunque ‘santi profeti di speranza’, santi che segnano e ‘insegnano’; che segnano la storia del mondo attraverso la piena risposta alla Chiamata di Dio ad essere così come Egli li ha pensati e creati; che insegnano con la loro stessa vita come, sull’esempio di Gesù Cristo, si possa vivere e morire nella Grazia di Dio. Sono segni che non finiscono sui libri di storia, ma nei cuori di chi la storia, la vita, l’ha esperita pagandone il prezzo in prima persona. Ma questo insegnamento non se lo procurano da sé, non lo ottengono dalle loro qualità e capacità, bensì lo ricevono dalla vita di Gesù e nella vita in Gesù, che, come disse Johann Paul Richter, è “quell’essere, il più puro in mezzo ai potenti, e il più potente in mezzo ai puri, che con la sua mano forata ha sollevato gli imperi fuori dei loro cardini, e ha cambiato il corso al torrente dei secoli”.

  “La speranza dei santi è riposta in Gesù – ha continuato il Cardinale – è questo l’insegnamento dei santi: i santi imitano l’atteggiamento di fiducia di Maria. Gesù a Cana non solo ha cambiato l’acqua in vino, ma, spronato dalla preghiera della madre, ha trasformato la disperazione in speranza, l’umiliazione in gioia, la carenza in abbondanza. La santità è qualcosa di grande che ci dà Dio, un dono, una grazia. Aprirsi a questa grazia vuol dire lasciarsi lavorare dentro, lasciarsi trasformare e condurre da Dio. Come ha detto Papa Francesco: “Il cammino verso la santità è fatto di tanti piccoli passi quotidiani, ma su questa strada non siamo soli, con noi c’è Dio, ‘luce sui nostri passi’, e ci sono gli altri, con cui camminare: è una via da percorrere insieme, in quell’unico corpo che è la Chiesa. Nella Prima Lettera di San Pietro ci viene rivolta questa esortazione, che ognuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio”.”

Illuminante e chiarificante, quindi, l’intervento del Cardinale Amato, che abbiamo intervistato su questi rilevanti temi.

FDC Sua Eminenza, in cosa consiste esattamente il processo di canonizzazione di un santo e quali sono i criteri seguiti?

AA “Il  processo consiste in alcune tappe che noi chiamiamo canoniche, si comincia nella diocesi, dove  il vescovo comincia il processo, che consiste nel raccogliere le testimonianze su questo servo o serva di Dio, nel fare un dossier, controllare i suoi scritti, controllare quello che scrivono su di lui, poi questo dossier arriva a Roma, dove il vescovo sceglie un postulatore, una sorta di avvocato, il quale segue la procedura di un altro dossier sintetico in cui vengono presentate le virtù eroiche di questo servo di Dio. Così si arriva alla cosiddetta venerabilità, e poi, se ci sono i miracoli, alla beatificazione e alla canonizzazione. Nella costituzione apostolica Divinus perfectionis Magister del 1983 è stata stabilita la procedura per le inchieste che devono essere svolte nelle cause dei santi da parte dei vescovi; così pure è stato affidato alla Sacra Congregazione delle Cause dei Santi il compito di emanare speciali norme a tale scopo, ma non è la Chiesa che “fa” i santi, bensì li dichiara”.

FDC Negli ultimi secoli questi criteri sono cambiati, e se sì come, visto che Papa Giovanni Paolo II risulta il pontefice che ha canonizzato più beati e santi?

 “No, i criteri non sono cambiati, sono sempre gli stessi, e consistono nella verifica della eroicità delle virtù cristiane Fede, Speranza e Carità e delle virtù cardinali, e soprattutto nella verifica dell’esistenza delle beatitudini in questo soggetto. Questi sono i criteri, criteri evangelici e che la Chiesa ha sempre seguito. Papa Giovanni Paolo II è anche chiamato ‘il Papa dei Santi’: ha dichiarato beati 1341 servi e serve di Dio, tra confessori e martiri, e canonizzato 482 beati. Va anche detto che il suo è stato il secondo pontificato più lungo della storia della Chiesa. Comunque sia, Papa Wojtyla, sull’esempio del Concilio Vaticano II,  ha pregato i cristiani e i vescovi di valorizzare queste figure positive, proprio perchè  il capitolo quinto della Lumen Gentium parla della vocazione universale alla santità da parte dei battezzati. Tutti devono tendere alla santità, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi. Il Santo Padre Giovanni Paolo II ha valorizzato questo aspetto”.

 FDC C’è quindi un collegamento con la nuova evangelizzazione?

AA “Certo, c’è un collegamento con il Vaticano II, Giovanni Paolo II non lo ha inventato, ma lo ha realizzato. E poi i santi sono i più grandi testimoni della nuova evangelizzazione. Evangelizzano più loro che molte volte le nostre parole”.

FDC Siamo dunque tutti chiamati alla santità, ma, nello specifico, cosa differenzia la santità per tutti i battezzati rispetto a quella per i religiosi consacrati?

AA “É la stessa, non ci sono distinzioni. Ovviamente ognuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova; il padre di famiglia deve sviluppare in modo eroico le virtù della Fede, della Speranza e della Carità nell’ambito familiare, i nonni insegnando ai nipoti come conoscere e seguire Gesù, un religioso invece nell’ambito della vita consacrata, dove deve sottolineare soprattutto la virtù dell’obbedienza, un battezzato non sposato lavorando con competenza e onestà, e offrendo del tempo al servizio dei più bisognosi. Ognuno secondo la sua età e il suo compito. Si è soliti pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, invece è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza di fede cristiana nelle occupazioni quotidiane che siamo chiamati a diventare santi. Insomma, sempre e in ogni posto si può diventare santi”.

FDC A proposito di battezzati non sposati e giovani amici di Gesù, come per molte altre cause anche la causa del beato Piergiorgio Frassati è ferma. Cosa manca?

AA “I miracoli! Il secondo miracolo. Tutti vogliono i  miracoli però nessuna prega. Pregate e lo otterrete. Il ruolo del miracolo è determinante perchè rappresenta come il sigillo di Dio sull’esistenza del santo”.

FDC Per finire, nel suo libro “I santi, profeti di speranza” Lei spiega come i santi siano portavoce della Parola di dio, autentici maestri e modelli di speranza. Questa speranza rappresenta un’utilità sociale?

AA “Ma certo. La Speranza è quella virtù che genera ottimismo, energie positive, che ci tonifica, che dona dinamismo e vitalità e fa sì che non ci chiudiamo nel vittimismo. La Speranza  è quella chiave che spinge verso un futuro migliore”.

Francesco Donat Cattin

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