“Cicero pro domo sua”

26 Novembre 2014
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Nell’anno 58 a.C., caduto in disgrazia, Marco Tullio Cicerone (106 – 43 a.C.), uomo politico, ma più ancora oratore, filosofo e letterato, fu mandato in esilio per aver condannato a morte, nel 63, mentre era Console a Roma, i seguaci del senatore Lucio Sergio Catilina, arrestati dopo aver sventato, egli stesso, la congiura ordita da Catilina. In quella inchiesta Cicerone fu accusato di non aver rispettato la procedura costituzionale. Si trattò infatti di un processo sommario la cui condanna a morte non fu sottoposta a conferma da parte dei tribuni della plebe. Perciò Cicerone, esiliato, subì anche la confisca dei beni. E così sull’area della sontuosa domus che si era costruita  sul Palatino fu edificato un tempio alla Libertà. Ma graziato subito l’anno successivo, al suo rientro a Roma intentò una causa allo Stato mirante ad ottenere un ulteriore risarcimento per la casa distrutta e la sua riedificazione a spese pubbliche.

 L’orazione (arringa, discorso giudiziario) che tenne, la tradizione letteraria l’ha registrato col titolo “de domo sua” ( = per la propria casa). Anche se non si è certi che l’orazione giunta fino a noi sia stata effettivamente quella pronunciata da Cicerone davanti al Pontefice massimo per reclamare i suoi diritti. Da quella volta, “De domo sua” ( o “pro domo sua”) è divenuto il motto, l’emblema, la bandiera di chi nei processi, nelle controversie, nelle discussioni – forse anche nella politica – parla esclusivamente per i suoi personali interessi.

 Questo il dato storico che spiega il senso della espressione divenuta ormai proverbiale; e se in quest’opera di divulgazione ho deciso di passare dall’esame di singole parole alle intere frasi, l’ho fatto per spiegare (provare) che non solo le parole hanno un loro significato, ma anche gli enunciati (le frasi  intere), e così tutte le unità linguistico-letterarie, a tutti i livelli di comunicazione, a partire proprio dai fonèmi. Ogni suono, ogni parola, ogni stringa di parole, piccola o grande, utilizzati nella comunicazione, se sono portatori di informazione, diventano significativi in quanto hanno – tutti – un significato: dalla “a” di cane, che ci fa distinguere la parola cane da altre parole come: cene o cine, fino ad un testo lungo quanto un’opera di letteratura (sia essa pagina di cronaca, romanzo, o poesia).

 Se come esordio ho scelto la frase latina che riproduce il titolo di una famosa orazione ciceroniana la quale (frase) bene si è adattata in generale a tante altre situazioni, è perché anch’io mi ci vedo, nella casistica. Cioè, anch’io parlo nel mio interesse, “pro domo mea”. Infatti – ecco il mio interesse! E … la mia debolezza confessata: la munificenza e la prosopopea – avevo intenzione di offrirvi in un blocco solo una settantina di lemmi (vocaboli) di cui in un paio d’anni ho raccolto la etimologia, costruendo su ognuno di essi un’ipotesi: si tratta di una settantina di articoli pseudoscientifici (qualcun altro avrebbe detto semiseri) a carattere divulgativo da destinare ai miei amici studenti delle scuole secondarie. Ebbene ora quegli articoli sono consultabili su un sito di paese, di una cittadina della Campania, sul Golfo di Napoli, interessante per la sua storia, famosa per le sue acque, piacevole per il suo ambiente climatico, paesaggistico, naturale; in altri tempi attiva per i suoi opifici, oggi dal futuro incerto per la sua gioventù, ma ancora con un ricco patrimonio di valori e di cultura su cui fare affidamento: Castellammare di Stabia. Ed ecco il link: http://www.liberoricercatore.it/?page_id=3567 (www.liberoricercatore.it), dove trovare l’elenco disponibile delle parole da consultare.

 I motivi effettivi, però, che mi hanno indotto ad aprirvi questo deposito di materiale letterario sono due. Uno: per non dover ripetere, io, un lavoro già fatto. Due: perché ritengo che in quelle pagine siano custodite, a saperle ricercare, tante di quelle informazioni che potrebbero essere utili a meglio comprendere le ulteriori cose che continuo a scrivere anche per altri lettori.

Luigi Casale 

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