Antropologia sociale. Il significato del Santo Natale. Parte 2^: i Krampus

24 Dicembre 2013
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Tre storie

del prof. Luigi Casale

I Krampus

(“Stasera vanno camminànno i riavoli”)

 

All’avvicinarsi del Natale, alle raccomandazioni che la mamma, sempre preoccupata per noi figli, faceva a tutta la famiglia quando dovevamo uscire da soli o intraprendere una attività di un certo rischio (ma anche a nostro padre nello svolgimento del suo lavoro e nell’esercizio delle  responsabilità di capo-famiglia), aggiungeva questa espressione: “… E statevi accorto! Ca ‘i chiesti juorni vanno camminànno i riàvoli.”

Questo avvertimento ce lo sentivamo ripetere solo per la durate del periodo di Avvento.

Ora, che il diavolo fosse sempre in agguato per tentarci, lo avevamo appreso dal catechismo della prima Comunione; come sapevamo già che, nell’agonia della morte, di ogni uomo Satana si contendesse l’anima in lotta con l’Angelo custode. A dire il vero, tutti i giorni nell’Ave Maria recitiamo: “ … Prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”. Ma che schiere di diavoli se ne andassero in giro nei giorni lieti dell’approssimarsi delle festività natalizie era un messaggio che ci giungeva dalla coscienza popolare attraverso la voce della mamma. Dal punto di vista della dottrina, certamente era un fatto plausibile, anche indiscutibile, ma resta che la notizia non ci veniva dai canali ufficiali, quelli canonici dell’indottrinamento parrocchiale, bensì da una libera elaborazione popolare. L’amore per la mamma, poi, ci faceva accettare la sua apprensione e con essa l’accorata raccomandazione alla prudenza e alla saggezza.

La scoperta di due manifestazioni culturali fatta in seguito mi hanno svelato l’origine di quel modo di sentire popolare; entrambe legate alla tradizione natalizia: una del meridione d’Italia, l’altra di derivazione nordica; tutte e due formatesi nell’alveo della fede cristiana e della devozione ai santi.

La prima è la Cantata dei pastori, quella sacra rappresentazione del mistero della Natività raccontata come sfondo di una vicenda di uomini (commedia), che si metteva in scena nei giorni dell’attesa del Natale in ogni città del nostro circondario, se non addirittura in ogni parrocchia; alla quale nessuno doveva mancare.

La seconda è la festa di s. Nicola (6 dicembre), che nei paesi nordici chiamano Nikolaus.

La Cantata dei pastori, ho fatto in tempo a vederla non solo nella mia infanzia e nella mia giovinezza, ma, ancora una volta, anche in età adulta, avendo avuto la fortuna di partecipare ad una replica che si dava nella parrocchia di s. Antonio a Castellammare di Stabia, nel Natale del 2007.

Il corteo di Nikolaus  (s. Nicola), che la vigilia del 6 dicembre  distribuisce dolci, mandarini e frutta secca ai bambini lungo le strade della città, l’ho cominciato a frequentarlo invece da adulto, trattandosi di una tradizione viva  dei centri della provincia di Bolzano, dove dopo aver formato famiglia sono andato a vivere.

Tutte e due le manifestazioni mostrano la presenza fisica dei diavoli, impegnati ad ostacolare in tutti i modi la realizzazione del bene. Nello spettacolo teatrale della Cantata dei pastori ingannando, fuorviando, e minacciando in maniera fastidiosa i personaggi dell’azione scenica della commedia umana, e le figure della sacra rappresentazione: Giuseppe e Maria, e gli Angeli.  Mentre  nel codazzo che si forma al seguito del corteo di Nikolaus vi s’intrufolano sotto forma di Krampus (i diavoli), degli esseri mostruosi che ai bambini, anziché offrire leccornie e cose buone come fa s. Nicolò, danno colpi di verghe attorno alle gambe.

Le due scene della rappresentazione del male, proposte alla riflessione della coscienza morale, sono visibili a tutti: o nella sala del teatro, nel caso della Cantata dei pastori;   o lungo le strade della città, nel caso del passaggio di s. Nicolò. Da queste manifestazioni della tradizione natalizia, molto probabilmente, è derivato anche il convincimento popolare che faceva dire a mia madre: ‘I chisti juorni vanno camminanno i riavuli.”

Ma il diavolo, nella forma del serpente, è presente anche in un’altra rappresentazione simbolica (e iconografica) del periodo natalizio: quella legata alla festa dell’Immacolata (8 dicembre). Essa deriva direttamente dalla pagina della Bibbia in cui si legge che il Creatore condanna il serpente a strisciare nella polvere, e ad essere vinto (calpestato) dalla Donna, la tutta pura.

Luigi Casale .

Il prof. Casale, di origini campane, per molti anni ha insegnato nella scuola italiana del Lussemburgo e poi  all’Università di Clermont Ferrand, in Francia. E’ uno studioso di tradizioni regionali, oltre che filologo e pubblicista.

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