Baci a Palazzo Chigi: Macron e Meloni riscrivono la commedia dell’arte diplomatica

3 Giugno 2025
By

“Tutto il mondo è un palcoscenico, e uomini e donne sono solo attori.” — William Shakespeare

Carlo Di Stanislao

Atto I – Il ritorno del figliol prodigo (di Parigi)

Roma, 3 giugno 2025. Scena: Palazzo Chigi. Sipario aperto.

Dopo mesi di silenzi degni di un matrimonio in crisi, Emmanuel Macron fa il suo ingresso nella casa politica di Giorgia Meloni. Il tappeto rosso è srotolato, i flash impazzano, i giornalisti trattengono il respiro come in una puntata decisiva di Sanremo. Ed ecco il colpo di scena: i due leader si baciano. Sulle guance, s’intende, ma con tale enfasi da far sembrare freddo il saluto tra due vecchie zie a Natale.

Nessun segno dell’antico gelo. Solo sorrisi, strette di mano, e quel bacio simbolico che fa più rumore di un decreto economico in agosto.

È lo stesso Macron che meno di un anno fa veniva accusato da Meloni di “campagna elettorale mascherata da vertice internazionale”. E la stessa Meloni che al G7 del 2024 lo accolse con un baciamano più rigido del dress code vaticano. Oggi? Sembra quasi che qualcuno abbia riscritto il copione. Forse si sono stufati della tragedia e hanno deciso di passare alla commedia.

Atto II – Diplomazia alla carbonara

La conversazione a Palazzo Chigi, durata quasi tre ore (più della finale di Wimbledon), ha toccato ogni tema sensibile della geopolitica moderna: Ucraina, Medio Oriente, difesa europea, industria strategica e, ovviamente, migrazioni. Tutto affrontato con una diplomazia nuova, che alcuni chiamano “pragmatismo”, altri “buone maniere rispolverate”, e i più maligni semplicemente “paura di perdere voti”.

Macron arriva a Roma con la camicia stirata, il sorriso pronto e l’intento di rimettere ordine nei rapporti con una Meloni sempre più centrale nello scacchiere europeo. Meloni, dal canto suo, gioca la carta della statista matura: saluta, accoglie, sdrammatizza, ma tiene il punto. Non cede sulle sue posizioni, ma nemmeno alza muri. Insomma, è un tango diplomatico. E se ogni tanto si pestano i piedi, lo fanno col garbo di chi sa che le telecamere riprendono tutto.

Durante la cena, servita in forma rigorosamente informale (ma con più argenteria che in un film di Sorrentino), pare che si siano detti tutto quello che non si poteva scrivere in un comunicato stampa. Non si sa se abbiano brindato a un “Nuovo Patto del Campidoglio”, ma certo il clima era più da aperipolitica che da crisi istituzionale.

Atto III – Ultimo Tango a Roma

Certo, il riferimento cinematografico era quasi inevitabile. Due protagonisti, carichi di tensione e contraddizioni, si ritrovano in una capitale europea per danzare un dialogo impossibile. Ma mentre Bertolucci li faceva girare a Parigi, stavolta il tango — meno erotico, più geopolitico — si balla a Roma. Niente burro, ma molto buracratico.

Il gesto del bacio, come in Ultimo Tango a Parigi, non è tanto un atto d’amore, quanto un’esplosione di complessità irrisolte. Macron e Meloni non si innamorano: si studiano, si sfidano, si usano. È un tango fatto di pose, passi misurati, ma anche improvvisazioni azzardate. E la passione non è personale — è tutta politica.

Atto IV – Il romanticismo secondo Bruxelles

Questo incontro, apparentemente disteso, è in realtà il frutto di una precisa strategia: il disgelo non è casuale, è necessario. L’Europa è nel pieno di un tornado elettorale, tra guerre alle porte, economia ballerina e una destra che avanza più velocemente di una diretta TikTok. Meloni e Macron, pur con visioni spesso opposte, sanno che senza una minima coesione il progetto europeo rischia di affondare come un soufflé lasciato troppo nel forno.

Ma non è solo Europa: entrambi i protagonisti sono a caccia di legittimità in patria. Macron, sempre più isolato in un contesto politico francese agitato dai populismi, cerca sponde e prestigio all’estero per rianimare la sua immagine da “presidente visionario”. Meloni, con un piede nell’establishment europeo e l’altro ancora dentro una base sovranista irrequieta, ha bisogno di mostrarsi solida, rispettata e soprattutto europea ma non troppo. Il bacio è dunque un gesto simbolico di forza più che di affetto: è un “ci siamo ancora”, rivolto ai rispettivi elettorati.

Atto V – Epilogo con cliffhanger

La domanda è una sola: durerà?

Il sipario si chiude, ma le quinte restano piene di dubbi. Il bacio è stato sincero o solo il prologo a un nuovo scontro, magari al prossimo vertice UE? Gli elettori lo vedranno come un gesto di maturità o come un passo falso? E soprattutto: Salvini sarà geloso?

Una cosa è certa: in tempi in cui la politica sembra sempre più Netflix, Macron e Meloni ci hanno regalato un episodio da 5 stelle (non grilline). Un episodio che lascia intendere che, a volte, un bacio vale più di mille tweet.

Rimani aggiornato: la prossima puntata si preannuncia bollente. Con o senza foie gras.

Tags: ,

Comments are closed.

Dieci anni

Archivio