Il summit in Cina e la proposta di una nuova “governance mondiale” di Xi Jinping.

10 Settembre 2025
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Angela Casilli

Nel vertice di Tianjin, dove si sono riuniti una trentina circa di capi di governo, di quello che si identifica come il Sud del pianeta, il Premier cinese Xi Jinping ha proposto un’alternativa al primato mondiale degli Stati Uniti, in crisi per credibilità e simpatia, dopo l’aumento dissennato dei dazi voluto da Trump per risolvere i problemi economici del suo Paese.

La proposta del Premier cinese è quella di una “nuova governance mondiale” a difesa del multilateralismo, a suo dire, sotto attacco da parte di leader che praticano politiche difficili, spregiudicate, non proprio raccomandabili. Il riferimento al tycoon e all’America è chiaro e inequivocabile.

Xi promette un mondo multipolare, ordinato, più giusto contro le turbolenze di questo nostro tempo e la sua Cina è sempre più presente nelle organizzazioni internazionali vilipese da Trump.

La domanda che molti politologi si pongono è se, contro il disordine e per la pace, sia necessario fare affidamento su Pechino, come lascia intendere Putin, che nella riunione di Tianjin ha parlato del nuovo sistema di stabilità e sicurezza in Eurasia fortemente voluto dal suo amico Xi. C’è da fidarsi?

L’ambiguità di Pechino riguardo all’Ucraina è nota: ha proclamato in lungo e largo la sua neutralità, ma ha sostenuto e sostiene ancora l’economia di guerra di Mosca, al solo scopo di evitare, se la Russia dovesse perdere la guerra, che gli Stati Uniti si concentrino sulla Cina per limitare la sua potenza.

Xi ha un linguaggio rassicurante quando parla, forse un po’ visionario, ma la politica estera del suo Paese ricorda al mondo intero l’economia e la potenza militare che, in quanto a numeri, fanno della Cina una superpotenza, prima al mondo.

Il 3 settembre 2025 è stato l’80° anniversario della Vittoria nella grande guerra patriottica di liberazione dall’occupazione   giapponese ed è stata ricordata con un’imponente parata di soldati e nuovi sistemi bellici, specchio delle ambizioni del Paese.

Certo, presentare la Cina come promotrice di pace e stabilità e poi far sfilare migliaia di soldati, di missili supersonici e carri armati, è una contraddizione, ma la Cina celebra la ricorrenza per ricordare al mondo che la sua guerra di liberazione è durata tre volte di più di quella combattuta dagli Stati Uniti contro il nazifascismo.

Xi ha detto che bisogna “correggere la storia, considerando che Cina e Unione Sovietica furono i principali teatri di guerra in Asia e in Europa”. L’aggressione giapponese alla Cina iniziò nel 1931 e la resistenza durò 14 anni fino alla vittoria del 1945. L’aiuto americano, per gli storici cinesi, non fu rilevante, né decisivo, perché gli Stati Uniti volevano proteggere solo i loro interessi.

Vero, la storia occidentale non ne parla; il fronte cinese servì alla strategia americana nel Pacifico, ma è un revisionismo di comodo dare ad intendere, come fa Xi, che per la liberazione dai Giapponesi la Cina deve più all’Unione Sovietica che all’America. Il preteso multilateralismo di Xi è a senso unico.

Angela Casilli

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