Lo spirito dottrinale, liturgico e pastorale dell’agostiniano abruzzese precorse di sette secoli le statuizioni del Concilio Vaticano II voluto da Papa Giovanni XXIII
di Gabriella Izzi Benedetti *
In un’epoca come l’attuale dal clima contraddittorio, tra rifiuto, o scetticismo, verso la spiritualità, l’etica, la cultura e contraddistinto, di contro, dall’esigenza del recupero di una visione alta di valori morali, formativi, rinnovamento sociale, capita che figure percepite come icone racchiuse in lontananze inconciliabili con l’humus corrente, si rivelino in tutta la loro attualità e acquisiscano valore propedeutico. A questo esercito di remoti e lungimiranti personaggi appartiene il beato Angelo da Furci che da tempo avrebbe dovuto accedere a un’intestazione di santità e con essa a un carisma diverso nell’approccio ideale con i fedeli. Nei secoli, dai più remoti, la storia è in buona parte fatta non da eserciti, rivendicazioni territoriali e simili, ma da proposte innovatrici che appartengono a scienziati, filosofi, filantropi, insomma uomini di pensiero e di apertura umana, la cui luce di conoscenza e di generosa partecipazione sociale illumina il cammino altrui; evolve, raffina, sensibilizza; in sostanza produce uno sviluppo che si riversa in ambiti i più disparati.
Angelo (1257- 1327), eremitano dell’Ordine di S. Agostino, vive in un periodo che, in quanto a turbolenza, conflittualità dottrinali, politiche e sociali, non ha niente da invidiare alla nostra epoca. Tempi difficili per la Chiesa e l’Impero, ostili fra loro a danno, come sempre, del consorzio civile. Superato il così fortemente temuto anno Mille, la società sembra recuperare vitalità, concentrarsi su questioni che, trascendenti o immanenti che siano, vengono vissute come esigenze collettive di recupero della normalità di vita e voglia di progresso.
I Movimenti spiritualisti invocano a gran voce il ritorno alla Chiesa delle origini, alla sua spiritualità scevra da profitti e compromessi. Lo scontro fra papato e impero, pur fortissimo, si avvia ad accordi specie per le Investiture, con il concordato di Worms nel 1122. Ma non si placano le lotte per le autonomie che vedono i Comuni contro l’Impero o la Chiesa. Il discorso è lungo ed esula dal nostro discorso. Tra le opportunità storicamente rilevanti che il nuovo millennio propone, si colloca l’aspirazione al sapere, l’attuazione di centri di culturali.
Tra l’XI e il XIII secolo sorgono Studi o Università, poiché l’esigenza di sganciarsi dal controllo, spesso egemonia, dell’Impero e della Chiesa, è fortemente sentito; un apparato più ampio e libero dell’apprendimento delle scienze filosofico-teologiche, del diritto romano in specie ma non solo, della scienza medica. Una ventata d’autonomia spira dalle più antiche Università: Bologna e in seguito Padova specializzate in Diritto Romano, Salerno e Montpellier in scienze mediche, Parigi in studi teologici e filosofici, dove Domenicani e Francescani sviluppano una struttura culturale nuova, la Scolastica, una filosofia a disposizione della Teologia. Ma anche gli Agostiniani hanno a Parigi ottimi maestri.
C’è da aggiungere che questi Ordini sorgono non a caso in quel clima riformista del 1200, e così ha il suo recupero anche l’ordine Agostiniano fondato da Agostino vescovo di Ippona nel V secolo; poiché dopo la morte di lui per mano dei Vandali, nel 430, l’Ordine si era andato disperdendo, mentre non era venuto meno lo studio del pensiero di Agostino, collocato tra i più grandi Dottori della Chiesa; fondamentale nella storia del Cristianesimo, col superamento del conflitto fra ragione e fede; fede che non è una barriera al di là della quale la ragione non possa procedere, poiché di fatto è lo stimolo intrinseco alla ricerca razionale. Il concetto di Trinità (Essere, Verità, Amore), le tematiche del bene e del male, del libero arbitrio, la misura del tempo e dell’anima e tanto ancora, sono straordinarie intuizioni che rendono Agostino tra i più affascinanti filosofi -teologi di tutti i tempi.
Angelo nasce in un piccolo centro dell’entroterra abruzzese, Furci, da genitori possidenti i cui nomi di battesimo Adalipto e Albazia denotano provenienza gentilizia; persone di grande religiosità e amore per il prossimo. La nascita di Angelo completa una unione che pareva sterile. E poiché fin da bambino dimostra intelligenza non comune e voglia di conoscenza, avrà i primi rudimenti del sapere nel vicino Convento di Cornoclano, per completarli presso il Convento degli Agostiniani in Vasto. Il giovane frate eccelle talmente che si decide di inviarlo, dopo cinque anni di studio, alla Sorbona, l’Università di Parigi. Anche in questo contesto Angelo emerge per profondità di pensiero e personali doti umane; il grande studioso Egidio Colonna Romano, che copre la cattedra di Sacra Teologia lo associa quale assistente. L’autorità dottrinale di S. Agostino si sviluppa dal Medioevo con varie formulazioni di studiosi del suo pensiero. Tra i più importanti S. Bonaventura che vede in Agostino l’unica alternativa e il correttivo critico dell’aristotelismo; costituendo una sintesi speculativa sulla base delle tesi agostiniane, dall’illuminazione, al principio di interiorità, al forte rilievo cristologico.
Una linea di pensiero che verrà sviluppata anche dalla Scolastica francescana; Egidio Romano Maestro di Angelo ne è seguace e sulla stessa linea si pone Angelo da Furci. Il precetto di S. Agostino, fede, ragione e vita, forma anche nel Beato Angelo un tutt’uno. Sicché è difficile separare l’uomo di fede dall’uomo di cultura o della realtà del vivere. L’essere umano è visto nella sua globalità e nelle scelte operative, senza scontri: uomo di profonda religiosità e insieme un uomo di cultura, sconfessa la convinzione che la scienza sia sempre all’opposto della fede. “Conosco per credere e credo per conoscere” scrive S. Agostino. La spiritualità agostiniana non è fuga dal mondo, ma partecipazione ed elevazione della realtà che contraddistingue l’uomo. Una spiritualità che si basa essenzialmente sulla libertà rivelata dalla Sacra Scrittura e dalla Parola di Dio.
La fama di Angelo cresce. Le sue omelie attraggono grandi folle. Gli scritti sono straordinari, riferiscono le cronache, ma oggi, eccetto poche testimonianze, introvabili, per esempio I Sermoni. Lette e commentate a distanza di molti anni dalla sua morte, sono andate poi disperse. Si spera sempre che da qualche archivio conventuale, un giorno o l’altro qualcosa riemerga. Ormai Dottore in Teologia, dopo cinque anni vissuti a Parigi, Angelo torna nella terra natia, preceduto dalla reputazione di studioso e predicatore.
Viene delegato a insegnare Teologia nei Conventi d’Abruzzo che all’epoca comprendeva anche Puglie e Molise. Ma una personalità del genere è destinata a ben altri traguardi. E infatti lo vediamo approdare presso lo Studio o Università di Napoli, tra le città culturalmente più vivaci d’Europa. Divenuto Lettore (Docente) di Teologia, secondo gli storici le sue lezioni attraevano non solo studenti dell’Ordine eremitano agostiniano, ma ogni tipologia di clericali e molti laici. In quel periodo lavora, dopo molte pressioni a riguardo, a un Commentario sul Vangelo di S. Matteo giudicato dai contemporanei un capolavoro. Viene pubblicato dietro insistente richiesta del clero napoletano e degli intellettuali del Regno di Napoli.
A distanza di tre anni Angelo verrà eletto all’unanimità Superiore Provinciale del Regno di Napoli, una carica di prestigio e impegno ch’egli vorrebbe rifiutare, che infine accetta per obbedienza con la clausola che non lascerà l’insegnamento. Sembra che avesse grandi doti organizzatrici per cui riusciva molto bene a conciliare il tutto e ciò che stupiva era la totale disponibilità verso chiunque avesse bisogno di lui in senso spirituale e materiale. La sua capacità di vivere le regole di fede era aperta a una visione ampia, dove l’accoglienza, la speranza, l’ottimismo propongono una fede piena di luce, in epoca in cui vigeva un profilo devozionale e formativo oscuro e penalizzante. Uno dei punti base della sua missione è stato il predicare contro il potere e l’arroganza, difendendo le classi umili. Un atteggiamento che gli creò nemici, con intuibili consequenziali difficoltà. E nonostante Angelo è noto per essere stato un operatore di pace tra fazioni, famiglie, individui, in un tempo molto bellicoso. Un agostiniano che, come il fondatore, era aperto alle diversità di culture e ottiche.
Angelo rimarrà a Napoli fino alla morte; una vita sarà costellata di miracoli che creeranno intorno alla sua persona un’aura di santità, e lo condurranno alla beatificazione, con decreto del 20 dicembre 1888. Ma già nel 1507 il suo corpo era stato donato alla città partenopea da re Ferdinando III, insieme ad altri corpi di Santi, riconosciuto e venerato come Taumaturgo e Compatrono della città di Napoli. Le spoglie del Beato Angelo sono tornate nella natia Furci nel 1808. Profondo studioso della Sacra Scrittura ne ha valorizzato tutta l’importanza dopo il lungo periodo medievale in cui lo studio teologico era impostato su basi dialettiche più che dottrinali.
In questo senso Angelo precorre lo spirito dottrinale, liturgico e pastorale che dal Concilio Vaticano II voluto da Papa Giovanni XXIII, ha ricollocato nella sua centralità la Parola di Dio, dopo secoli in cui la Sacra Scrittura non compariva più ufficialmente nello spirito della Chiesa Cattolica e dei fedeli. Questi pochi cenni non definiscono il valore morale e dottrinale di Angelo da Furci che ha tanto ancora da dirci e proporci; la sua personalità andrebbe approfondita; la sua santificazione ne renderebbe il messaggio, salvifico, sulle cui orme allinearsi, se compreso e operante nel mondo.
*Presidente della Società Vastese di Storia Patria