I MOTI DEL PENNACCHIO PESCARA, REGGIO E L’AQUILA LE BARRICATE PER IL CAPOLUOGO.

16 Agosto 2025
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– Recensione

Un filo invisibile lega tra loro L’Aquila, Pescara e Reggio Calabria: tutte e tre lottarono per ottenere il capoluogo delle rispettive Regioni, i cui Statuti furono approvati, nel 1971, dopo dure sommosse popolari. L’Aquila rappresentò l’ultimo anello di una catena di un malcontento che si evidenziò nel giugno del ’70 in riva all’Adriatico, poi, dal luglio successivo fino al 24 febbraio del ’71, sullo Stretto e, infine, dal 26 al 28 febbraio seguenti, sotto al Gran Sasso. Quegli avvenimenti sono analizzati nel volume I Moti del pennacchio – Barricate a Pescara, Reggio e L’Aquila per il capoluogo, del giornalista e scrittore Antonio Andreucci il quale compie un’approfondita ricostruzione storico-politica degli eventi che alimentarono forti passioni, accese rivalità e strategie politiche di notevole complessità.

L’opera si concentra sulle agitazioni che coinvolsero le città di Pescara, Reggio Calabria e L’Aquila, tutte impegnate a contendere il ruolo di capoluogo della propria regione, in un contesto segnato dall’approvazione degli Statuti regionali e da sommosse popolari che nella seconda metà del 1970 e nei primi mesi del 1971 caratterizzarono questi territori. Questi moti, lunghi dall’essere mere manifestazioni campanilistiche, costituiscono un punto di svolta culturale e politico, specchio delle tensioni di un’epoca in rapida trasformazione che pochi erano in grado di comprendere appieno.

Come sottolinea Marco Patricelli nella prefazione, Andreucci si adopera in un meticoloso lavoro di documentazione e analisi, volto a svelare le complesse dinamiche che resero queste vicende un crogiolo di passioni politiche ed ideologiche eterogenee. Il libro sfata inoltre alcune interpretazioni superficiali e stereotipate: le rivolte non furono ritorsioni di matrice fascista, bensì movimenti popolari protetti da un’eterogeneità culturale e politica in cui, sorprendentemente, si trovavano a operare congiuntamente gruppi radicali di diversa estrazione, dai “rossi” di Lotta Continua ai “neri” del Movimento Sociale Italiano, fino a soggetti appartenenti alla cosiddetta “società civile”.

L’autore evidenzia come nessuna delle città coinvolte possiede un diritto storico o giuridico inoppugnabile di rivendicare la qualifica di capoluogo regionale, e pone in rilievo che, sotto il profilo tecnico, L’Aquila subì la soluzione più penalizzante, vivendo una duplice condizione di danno e beffa, simile a quanto avvenuto per Reggio Calabria. Il libro denuncia inoltre l’incapacità della classe politica dell’epoca di adottare una visione sistemica e razionale, preferendo soluzioni di corto respiro e compromessi inefficaci, che contribuiranno a esasperare ulteriormente il malcontento sociale.

Andreucci riflette sul lascito di quei moti e sullo stato attuale delle città coinvolte, proponendo una rilettura che va oltre la mera cronaca degli eventi per interrogarsi sul significato sociale e politico di questi episodi nel più ampio contesto del Mezzogiorno d’Italia. Il volume si configura dunque come un contributo significativo alla comprensione di un periodo cruciale della storia contemporanea italiana, che continua ad esercitare una forte risonanza sulle identità locali e sulle dinamiche regionali.

In conclusione, I Moti del pennacchio non si limita a ripercorrere una pagina apparentemente polverosa della storia locale, ma la riattualizza emotivamente e intellettualmente, sottolineando come il conflitto non fosse una semplice questione territoriale, bensì la manifestazione di uno scontro paradigmatico tra mentalità, valori e aspirazioni di un tempo che stava mutando profondamente.

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Antonio Andreucci, giornalista ha concluso la sua esperienza trentennale come corrispondente da Madrid per la Penisola Iberica. Vive e lavora tra l’Italia e la Spagna. Vincitore della prima edizione del premio di poesia Umbertide e della “Targa Presidente della Repubblica” del Premio cronisti UNCI 2010. Finalista dei premi “Siena” e “Argentario” 2016 per la narrativa inedita con Il ragazzo che aveva sognato l’America e vincitore, con il romanzo In nome del Padre – Scandali, segreti e intrighi oltre l’ombra del Cupolone, del premio europeo Wilde per inediti 2017. Vincitore del premio giornalistico “Polidoro” alla carriera 2020. Con il saggio Propaganda e volere – Da Le Bon a Ferragni, come essere manipolati e vivere felici ha vinto i premi per inediti “”Brancati” (2024) e “Nabokov (2025).

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