Una storia di dolore

1 Luglio 2022
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Io, esule polese vi racconto cos’è stato l’esodo

Articolo tratto dalla rivista ufficiale dell’Associazione Nazionale Polizia di Stato

Fiamme d’Oro. Anno XLIX  n.1 gennaio – marzo 2022. 

Salvatore Palermo della sezione di Como

L’8 settembre 1943, l’Italia chiede l’armistizio ed è divisa in due parti. L’Esercito è allo sbando più totale. I tedeschi occupano subito Trieste e Pola, poi anche tutta la Venezia Giulia, incorporata come litorale Adriatico alla Germania.

Il 25 aprile 1945 è la fine della guerra, tutti contenti e felici, ma il 1° maggio per noi è subito l’inizio di una guerra più terribile della prima. I nostri cosiddetti liberatori, l’Armata jugoslava di Tito (che trascura Lubiana e Zagabria, ancora in mano ai tedeschi) batte sul tempo l’arrivo degli alleati e occupa gran parte della Venezia Giulia con Pola e Trieste. La loro occupazione dura 40 interminabili giorni, mentre gran parte della Venezia Giulia resterà sotto l’amministrazione jugoslava. In questi giorni, parlo per Pola in quanto testimone, si succedono arresti, perquisizioni, minacce, scontri tra opposte fazioni, prelevamenti notturni dalle case, manifestazioni e infiltrati con bandiere rosse; questi avvenimenti erano all’ordine del giorno.  

QUARANTA GIORNI TERRIBILI  

Dopo questo periodo la città di Pola passa sotto l’amministrazione del Governo Militare Alleato, periodo vissuto in maniera preoccupante e di grave disagio per quello che poteva avvenire e che è avvenuto. Si percepiva che la nostra terra, a cui eravamo molto legati, sarebbe stata assegnata alla Jugoslavia. Grandi manifestazioni pro Italia si susseguivano in occasione di visite di Commissioni alleate, per verificare la tendenza della popo lazione che a nulla sono servite, in quanto tutto era già deciso a livello politico dai cosiddetti “Quattro grandi”.  

QUEI LUNGHI VIAGGI  

Nel resto dell’Istria, occupata da Tito, continuava la scomparsa di persone, di internamenti e infoibamenti, eliminazione di componente italiana, funzionari pubblici compromessi con il fascismo, sacerdoti, proprietari, partigiani antifascisti, farmacisti e gente comune non allineata con la dottrina comunista del Maresciallo Tito. Nel 1946, favorito dalla presenza in città del Governo Militare Alleato, si costituisce il Comitato per organizzare l’esodo da Pola. Partenze singole, partenze con una linea di navigazione Pola-Trieste e in grande con il piroscafo Toscana, messo a disposizione dal Governo italiano. La nave compie dodici viaggi, alternando gli scali di Venezia e Ancona, con circa 2mila persone a viaggio. Dei 32miIa abitanti di Pola, circa 28mila lasceranno la città. Si stima che I ‘esodo giuliano-dalmata abbia coinvolto tra le 250 e le 350mila persone. Gran parte di quei profughi conobbero precaria e indecorosa sistemazione, protrattasi anche per lunghi anni, in 109 campi profughi nelle diverse Regioni d’Italia e furono i primi ad avere prelevate le impronte digitali per il riconoscimento e schedatura.

LE VITTIME DELLE FOIBE  

Le foibe sono cavità naturali, voragini, profonde anche molte centinaia di metri, situate nelle zone del Carso e nell’Istria. Tra infoibamenti e internamenti, senza ritorno, sono state stimate oltre 10mila vittime. Legati polsi e caviglie con filo di ferro, in fila e legati tra loro, gli infoibati venivano messi sull’orlo della foiba stessa, un colpo di mitra rivolto al primo della fila causava il trascinamento di tutti gli altri, che ancor vivi cadevano nella voragine. Molte vittime passavano prima dai campi d’internamento, che erano situati in alcune isole della Dalmazia, tra cui la più famosa è stata l’Isola Calva. Erano tutti colpevoli di opporsi all’espansionismo del Maresciallo Tito, tra cui anche slavi di opposta linea politica.

I BENI ABBANDONATI  

I possedimenti degli esuli sono stati confiscati dal regime jugoslavo. L’Italia pagò gran parte dei debiti di guerra alla Jugoslavia vendendo i beni immobili degli esuli istriano-fiumano-dalmati. L’Italia avrebbe dovuto provvedere al risarcimento, che è stato fatto parzialmente con indennizzi modestissimi che, ancor oggi, a distanza di tanti anni, non si sono ancora estinti. Con i loro beni abbandonati gli esuli hanno pagato i danni di guerra di tutti gli italiani.                                

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