Un “nuovo ordine mondiale” – seconda parte: La Globalizzazione delle reti.

23 Settembre 2018
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Settembre 2018

di Danilo De Masi

La strana “Nuova Guerra fredda”: la logistica USA che vola sugli Antonov[1],

l’Aeroflot e l’Air China che usano aerei Boeing, i Bancomat americani a Mosca e Kiev.

 

Cattura 1Nel mio articolo pubblicato a maggio 2018 – un “nuovo ordine mondiale” – preannunciavo una “seconda parte”.

Nel corso dei secoli, Filosofi, Imperatori e Statisti si sono alternativamente schierati pro o contro la Globalizzazione – anche monetaria[2] – e di converso dell’Autarchia. La seconda si è sistematicamente dimostrata fallimentare sia per i Paesi privi di risorse naturali (come l’Italia “proletaria e fascista”) sia per quelli che dispongono quasi di tutto (come l’ex Impero Romano, le Russie e gli States; da ultimo la China cosi chiamata in quanto i Romani l’avevano definita “Sina”).

Il “nuovo ordine mondiale” che Putin ha dichiarato di non gradire – ma al quale di fatto la Russia aderisce – si basa sulla sostanziale ed anche formale libertà di scambi di persone e beni, ma con un vantaggio tecnologico accumulato dagli USA tra l’economia di guerra (seconda), la vittoriosa “Corsa allo spazio” e la favolosa “Guerra fredda” che ci ha regalato cinquant’anni di pace (schiacciando ciascuno i propri terroristi), ha consentito la sola globalizzazione dello Sport e – in qualche caso – della musica/canzone (il nostro grande “salentino” e conosciuto in Russia non meno che in Italia).

Alle varie “globalizzazioni” si sono sempre opposti coloro che detenevano una posizione di monopolio o di vantaggio e (definizione di un grande giornalista scomparso) gli “utili idioti” che si fanno convincere (per imbecillita o per denaro) a sostenere tesi contrarie ai propri interessi. Cavour spiega benissimo i retroscena dei “No Tav” del 1800 in un articolo sulla stampa d’oltralpe ed in un intervento al Parlamento di Torino, sulla ferrovia Londra- Brindisi e, di conseguenza, sulla “Galleria”.

Il vantaggio tecnologico (in gran parte di derivazione militare o “spaziale”) accumulato dagli USA – – tra prodotti e brevetti – e al momento irresistibile come lo sono alcuni usi e costumi che hanno colonizzato il mondo: la mia generazione – oggi di pensionati – è cresciuta vedendo Mao Tse tung vestito diversamente da Kennedy, i sovrani del Medio Oriente e dell’Africa con abbigliamento ed accessori particolari; in Italia (solo a Roma) si poteva trovare un ristorante cosiddetto[3] “cinese”. Correndo la fine del primo ventennio del terzo millennio, la “classe dirigente” di tutto il mondo indossa una giacca il cui taglio è la versione di sartoria napoletana sulla base di quella francese del ‘800, ma il ferma-collo della camicia e universalmente l’accessorio che usavano i militari originari della Croazia. Il Papillon, l’Ascot, le sciarpe copri-collo sono relegati a “frak” (Tuxedo, per gli Americani), dinner jacket (smoking per noi Italiani) e abbigliamenti “country”. E’ invece ormai normale vedere un Arabo (termine usato spesso impropriamente ed in modo ingiustamente estensivo) od un Africano indossare una camicia di quel tessuto Tartan che nell’Italia a cavallo della guerra si credeva fosse stato inventato dai Cow-boy del Far West e riprodotto per i films western.

Il telefonino mobile può essere prodotto in Korea od in Finlandia, in Russia od in Cina, ma la tecnologia è (per la maggior parte delle componenti essenziali) statunitense; poco dopo la Guerra delle Falkland, un amico giornalista mi racconto di aver visto la nota pasta abruzzese (ulteriormente migliorata grazie alla “testimonianza” della Gerini) sugli scaffali di un mini-market in quel lembo di terra inglese vicino al Polo Sud. Non c’è ristorazione collettiva, dal British Museum di Londra alle mense universitarie di mezzo mondo che non offra un trancio di pizza od un piatto di pasta in una delle mille versioni italiane. Croati e Napoletani (ci aveva pensato Bassolino ma, purtroppo, in ritardo sulla legislazione internazionale) se avessero brevettato cravatta e pizza, avrebbero vissuto di rendita sui diritti.

Cattura 2Come ci spiegano bene i telefilm polizieschi di produzione USA, se fai benzina o mangi un panino e paghi con una qualunque carta di credito, ti “vedono” sia l’Effebiai che i servizi segreti (se sei un potenziale attentatore, ovviamente); se litighi con la presidenza USA (su questo si scatenò l’ira di Putin) ti “staccano” i circuiti delle carte di credito. Quest’ultimo e un tema che andrebbe approfondito. Negli ultimi vent’anni di globalizzazione, sono scomparse tutte le reti nazionali di carte di credito, rimanendo in vita solo le tre note americane; la quarta “viaggia” sul circuito di quella che ha, di fatto, assorbito anche la giapponese. I Cinesi – che potrebbero fare da soli – utilizzano i circuiti americani tramite il sistema bancario inglese di Hong Kong.

Solo da noi la “banda d’Italia” riesce ad imporre – anche solo su alcuni settori bancari – un’intermediazione che (vedasi Plus 24 de Il Sole del 1° settembre, pag. 10, Sportello reclami) ha già fatto qualche danno: come tutte le imprese fallite o gli Enti che si vergognano del proprio nome …. lo cambiano ma poi …. ci “ricascano”. (Iniquitalia, Sviliscitalia, CartaSI, Alitaglia, varie “Agenzie” S.p.A. subentrate ad Uffici pubblici al fine di poter assumere e promuovere senza il “fastidio” dei concorsi).

Il passo falso del Dipartimento di Stato USA che bloccò le carte “sovietiche” operanti sul circuito americano maggiore per numero di carte circolanti, credo sia stato recuperato. I Bancomat di Mosca e quelli dell’Ucraina sono prodotti dalla N.C.R.[4], di Atlanta, in Georgia USA, un’azienda fondata nel 1884, produttrice del primo registratore di cassa meccanico. Le due immagini che vengono inserite nell’articolo sono “scattate” da Concetta, imprenditrice salentina che produce manufatti artistici, non solo in Pietra Leccese e li commercializza anche a Mosca, e da Tatyena, operatrice sociosanitaria Ukraina.

I Campionati di calcio FIFA 2018 svoltisi a Mosca e conclusi il 15 luglio allo Stadio Lužniki, sono stati una “certificazione” aggiornata sia delle “Potenze Sportive” che dei “Marchi” commerciali internazionali.

L’Italia rappresenta una quota significativa del Commercio mondiale ma un solo marchio italiano (la Ferrari) e compreso tra i primi 10 al mondo per notorietà, posizione che collima con l’effettiva posizione dell’Italia tra le “potenze” economiche. Cosa potremmo fare se l’intero sistema economico non dovesse mantenere vecchi lavori socialmente inutili e nuove Agenzie o Istituzioni economicamente dannosi?

Danilo De Masi

(segue terza parte)

[1] Antonov An-225 Mriya (in italiano: “sogno”; in russo: AHTOHOB AH-225 “≪Мрия≫;

[2] 2 Globalizzazione monetaria: il progetto era di Caligola: ne parleremo in un prossimo articolo.

[3] 3 Il tipico ristorante “cinese”, in Italia, e solitamente a “Cucina Cantonese”.

[4] National Cash Register, di Atlanta, in Georgia USA, un’azienda fondata nel 1884, rilevando e portando al successo le attivita che avevano preso avvio dai brevetti del primo registratore di cassa meccanico che abbiamo visto brillare in ottone nei nostri caffe di fine ‘800 ed inizio ‘900.

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