Dall’Abruzzo ad Auschwitz: incontro con gli studenti di Cracovia

12 Febbraio 2013
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CON L’AQUILA BIANCA IN LOTTA PER LA LIBERTA’

Nell’incontro gemellaggio con gli studenti di un liceo di Cracovia, il Prof. DAVID ADACHER, studioso e collaboratore dell’ Istituto Abruzzese per la Storia della resistenza e dell’Italia Contemporanea, rievocherà i fatti storici che legarono il Secondo Corpo d’Armata Polacco alla “Brigata Maiella” nella  II^ Guerra Mondiale, dopo l’8 settembre del 1943.

I personaggi di cui si parlerà si incontrarono in una remota regione dell’Italia centrale nel giugno 1944. Insieme combatterono fianco a fianco contro un nemico duro, irriducibile, crudele, risalendo la penisola e contribuendo a liberarla.
Alcuni venivano “da un paese lontano” (come avrebbe detto di sé stesso trentaquattro anni dopo Karol Józef Wojtyła) e portavano le insegne dell’aquila bianca; altri vennero soprannominati “I banditi della libertà”, e l’aquila la vedevano spesso volteggiare sulle loro teste, sulle cime del massiccio montuoso  che dette loro il nome.
Questa in breve è la storia del Secondo Corpo d’Armata Polacco e della “Brigata Maiella”.

I soldati con l’aquila bianca avevano passato momenti tragici: erano sopravvissuti alla invasione prima, alla spartizione della loro terra poi a seguito del patto Ribbentrop – Molotov del 23 agosto 1939, ma avevano avuto sorte migliore dei circa 8000 loro commilitoni trucidati e seppelliti in fosse comuni dalle truppe staliniste. Il loro comandante, il Generale Władysław Anders era stato incarcerato con un isolamento durissimo nella prigione di Lubìanka. Dopo l’invasione nazista dell’Unione Sovietica nel giugno del 1941, Stalin cedette alle pressioni degli inglesi e permise la liberazione di Anders  che divenne il comandante dell’Esercito Polacco Libero.
Vennero di fatto espulsi circa 115.000 soldati, uomini, donne e bambini che andarono in Iraq e Persia, dove già dal ’39 si trovavano loro connazionali.
Trasferiti in Palestina nel settembre 1942, i soldati furono  strutturati e addestrati sul modello di un corpo di spedizione britannico; tra essi vi erano delle donne che conducevano i camion.

Il Corpo d’Armata Polacco venne articolato su 2 Divisioni: la 3.a Divisione “Fucilieri dei Carpazi” e la 5.a Divisione “Kresova”; il loro simbolo fu la sirenetta (emblema di Varsavia) con spada e scudo.
Essi erano dunque ben addestrati e armati, ma soprattutto motivati.
Il 2° corpo d’armata polacco sbarcò in Italia in Puglia, a Taranto, il 21.12.43. Esso era composto da 42.000 militari, fucilieri ed artiglieri. Un altro contingente di mezzi pesanti sbarcò a Brindisi e a Bari. In seguito, nell’aprile 1944, arrivò anche la seconda brigata corazzata. In totale arrivarono a circa 60.000 effettivi, che entrarono a far parte dell’8a Armata di sir Oliver Leese il quale aveva sostituito Bernard Law Montgomery, impegnato nella preparazione dello sbarco in Normandia (6.6.’44).
Prima zona di operazioni fu la zona abruzzese della linea Gustav, che attraversava l’Italia centro-meridionale dal Tirreno (fiume Garigliano) all’Adriatico (città di Vasto): i polacchi si distinsero particolarmente in battaglie decisive conquistando le posizioni chiave di quota 593,575, Colle Fantasma e Sant’Angelo.  Dove segnarono soprattutto pagine memorabili  fu a Cassino (nel Lazio, ai confini con la Campania), distinguendosi nelle quattro sanguinose battaglie (a partire dal 12.1.44 sino al 18.5.44) conquistando l’antica abbazia benedettina, punto ritenuto strategico per l’avanzata verso nord, riportando 4.350 perdite fra morti e feriti.

Ai piedi di Monte Calvario c’è il loro cimitero di guerra: sulla vetta un obelisco  riporta questa epigrafe: “Per la nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi demmo l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, alla Polonia i cuori”.
Il comandante, il generale Anders (morto in esilio a Londra nel  1970 poiché espulso con altri 75 ufficiali nel 1946 dal regime comunista), vorrà essere sepolto lì, accanto ai suoi 1050 soldati, così come il  cappellano arcivescovo Gawlina.
Tanto importante fu la figura di quell’uomo che la Polonia libera e democratica decretò il 2007 “Anno del Generale Władysław Anders”.
Dopo la quarta battaglia di Cassino furono posti sotto il Comando dell’Armata polacca anche 18.000 soldati del Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L), già conosciuti ed apprezzati dai polacchi da quando appartenevano al 1° Raggruppamento motorizzato, agli ordini del generale Umberto Utili. A loro si aggiunsero strani soldati, poiché indossavano divise britanniche, erano inquadrati nel neonato esercito regolare italiano ma al posto delle stellette avevano mostrine col tricolore, e sul braccio avevano cucito uno scudetto con il profilo della Maiella con il cielo azzurro.
 La Brigata “Maiella era composta interamente da patrioti abruzzesi: erano apartitici , non avevano giurato fedeltà ai Savoia -ritenuti corresponsabili della tragedia italiana-, provenivano dalle più diverse classi sociali.
Come gruppo partigiano la Brigata si era costituita nel 1943, ed aveva già combattuto a fianco degli inglesi, distinguendosi per valore nella liberazione dell’Abruzzo dai fascisti, che l’avevano fatta diventare regione di internamento e confino, dai nazisti che vi avevano compiuto stragi atroci e vi avevano combattuto ferocemente (come ad Ortona, la Stalingrado d’Italia) nella difesa della Gustav.
Il loro fondatore e comandante era l’ avvocato Ettore Troilo; il vicecomandante Domenico Troilo (non suo parente) disse: “Io non volevo cambiare il mondo: volevo solo vivere in pace”: in nome della pace combatterono per 18 mesi. 15 uomini il 5 dicembre ’43 formarono il primo nucleo della brigata (chiamata prima “Corpo volontari della Maiella”, poi “Banda patrioti della Maiella”): sarebbero divenuti 1500. Il rispetto nei loro confronti non fu solo da parte di quelli che combatterono con loro, ma gli stessi tedeschi li considerarono come soldati  e li trattarono come tali (rispetto che fu reciproco anche nei confronti dei tedeschi e dei fascisti fatti prigionieri).
L’adesione alla Banda della Maiella era volontaria. Se ne poteva uscire liberamente, senza neanche spiegare la motivazione; chi si distingueva per valore avanzava di grado.
Gli abruzzesi avevano chiesto agli inglesi di aggregarsi, ma questo avvenne solo nel gennaio ’44. Con i britannici i maiellini presero parte a difficili e sanguinose operazioni di riconquista del territorio: Pizzoferrato, Quadri, Fallo, Torricella Peligna, Lama dei Peligni;  Fallascoso, una frazione di Torricella Peligna, fu difesa il 23 febbraio da soli venti uomini di fronte alla divisione Jäger.
Finalmente il 28 febbraio lo Stato Maggiore riconobbe la formazione con il nome Banda Patrioti della Maiella e la inquadrò come unità militare nella 209ª Divisione.

Fra l’otto e il 15 giugno 1944 fu liberato l’Abruzzo, ma il compito della Brigata non si esaurì: gli uomini non tornarono alle loro case.
Il 17 giugno il II corpo d’armata polacco accolse tra i suoi ranghi, come detto, 18.000 soldati del Corpo Italiano di Liberazione.
Come ufficiale di collegamento fu incaricato il maggiore Wilhelm Lewicki.
Alla banda della Maiella (strutturata in sei plotoni) si erano aggiunti componenti di altri gruppi partigiani (tra questi ricordo il diciassettenne Oscar Fuà, nascosto da abitanti di Sulmona con la famiglia in quanto ebrei, che per gratitudine volle ripagare l’aiuto andando a combattere per la libertà) il numero di adesioni fu tale che si dovettero rifiutare ulteriori richieste. Loro si muovevano a piedi e si dedicavano soprattutto, in questa fase, alle perlustrazioni.

La novità si ebbe quando, dopo una sosta a L’Aquila, l’ unità si trasferì nelle Marche: per la prima volta dei partigiani combattevano fuori della loro regione.
Erano  giorni frenetici: il 18 giugno venne istituito il primo governo dell’Italia libera, tre giorni dopo Mussolini firmò il decreto di istituzione delle Brigate Nere antipartigiane, in appoggio alle quattro divisioni della Repubblica Sociale Italiana.
Nelle Marche la Maiella si dedicò anche a disarmare i gruppi partigiani locali (che non avevano più ragione di esistere man mano che si liberava il territorio) ed insieme alle “aquile bianche” formò il cuneo di avanzamento,  a cui in seguito si andavano ad aggiungere quelli del CIL.
I polacchi inglobarono nelle loro file anche volontari italiani della 111a compagnia difesa ponti, guidati dal tenente Feliks Kępy.
Maiellini e polacchi erano  estremamente motivati, pur se per cause diverse.
Insieme risalirono le Marche, coniugando tattiche di guerriglia e di battaglia “classica”. Gli abruzzesi entrarono per primi a Cingoli, nella cui cattedrale di S. Maria Assunta i polacchi del 12° Ulani di Podolia lasciarono una immagine della Madonna con ai lati due aquile per ricordare che il reggimento ha pregato “durante il suo soggiorno in Cingoli nella sua marcia verso la Polonia” .
Tra i tanti episodi è da ricordare l’entrata ad Ancona il 18 luglio di tre squadroni degli Ulani dei Carpazi, che si erano impadroniti anche del porto e dell’archivio militare tedesco. Tra agli ufficiali vi era il tenente Józef  Lipski, l’ex ambasciatore polacco in Germania nel 1939 (che sarebbe morto in esilio negli U.S.A. nel 1958).  Ad Ancona via Santo Stefano sarebbe stata in seguito ribattezzata via Reggimento Polacco Lancieri dei Carpazi.
Nel luglio ’44 per iniziativa del capo ufficio stampa e propaganda della Brigata Maiella, Gian Domenico Rosatone, nacque il Comitato Polonia Libera.
Il giorno dopo Ancona, fu la volta di Cupramontana, e poi di Senigallia, Pesaro…
Gli episodi furono tanti , spesso drammatici, come nel caso di Montecarotto (quattro giorni di aspri combattimenti contro i temibili paracadutisti tedeschi e i repubblichini fascisti), che permise per i polacchi l’apertura della strada fra Jesi e Serra San Quirico.

Un nuovo ostacolo temibile si avvicinava: la Linea Gotica, che partiva dalla Toscana nei pressi di Massa e Carrara, e giungeva all’Adriatico vicino a Pesaro: 320 km di fortificazioni, 117.000 km di filo spinato, 100.000 mine antiuomo, 14 divisioni tedesche con 339.000 uomini…
Come già accaduto quando  si dovette affrontare la Gustav, il tempo fu terribile, favorendo i difensori: forti piogge avevano gonfiato i fiumi e reso impraticabili i campi per i blindati.
Il 25 agosto il generale Alexander dette il via alla operazione Olive con ininterrotto e imponente fuoco di artiglieria. Vi furono errori tattici che rallentarono l’avanzata, che fu possibile grazie anche alle vittorie dei gruppi partigiani emiliano-romagnoli. Hitler aveva dato l’ordine di difendere la Gotica ad ogni costo, e così avvenne (di questo furono esempi le stragi di civili a S.Anna di Stazzema e Marzabotto, con circa 2.300 morti). I soldati agli ordini del generale Clarck si fermarono a venti km da Bologna senza riuscire ad avanzare.

Nel frattempo da settembre a novembre sia i polacchi che i maiellini erano stati mandati nelle retrovie per riposarsi; il maggiore Lewicki venne sostituito dal pari grado  Józef  Kopeć.
I polacchi avevano saputo della fine dell’insurrezione di Varsavia, iniziata il 1° agosto per opera dell’Armia Krajova del generale Komorowski-Bor, sperando invano nell’intervento dell’Armata Rossa che invece il 2 si era fermata sulla Vistola.
A novembre polacchi e italiani  tornarono sul fronte e contribuirono a liberare i paesi e le strade verso nord, lungo il corso dei fiumi Lamone, Sintra e Senio.
Il capolavoro lo compirono a Monte Mauro: Troilo e il generale Wísniowski concordarono la tattica che permise di prendere una posizione strategicamente fondamentale: il maggiore Kopeć parlò di un successo di “fratelli d’armi”; Wísniowski si riferì ai soldati della “Maiella” come degni successori dei loro padri che avevano combattuto le guerre di indipendenza e la Prima Guerra mondiale.
Nel febbraio ’45 gli accordi di Jalta segnarono la fine della speranza di una Polonia libera: il Governo polacco di Londra venne abbandonato al suo destino a favore del filosovietico Governo di Lublino. È da notare che insieme ai polacchi vi erano ucraini e bielorussi, e che diversi erano ebrei.
I polacchi si trovarono di fronte a un dilemma, come ebbe a dire nel 1999 il generale Jan Zaremba: “O rifiutare di combattere oppure dimostrare al mondo cosa vuol dire combattere per la libertà e l’indipendenza di una nazione e mantenere la parola data” continuando a lottare insieme con degli alleati che di fatto li avevano lasciati al loro destino.

Nello stesso febbraio si riorganizzarono i due gruppi: il II corpo polacco passò da due divisioni a tre brigate, due di artiglieria e una corazzata, comprendendo 72.000 soldati; il generale Anders, divenuto comandante dell’intero esercito polacco, passò il comando al generale Szysko-Bohusz.
Nella Maiella si attuarono promozioni, entrarono forze fresche (tra cui anche polacchi), i plotoni divennero compagnie, gli effettivi ammontarono a 1326 uomini. La 111a Compagnia Difesa Ponti passò nel ruolo italiano.
L’ultima impresa iniziò il 13 aprile 1945. Quattro giorni prima era cominciata l’operazione Grapeshot (l’Olive era terminata il 6 gennaio con 200.000 perdite, di cui 60.000 solo per prendere Rimini).
I polacchi insieme col Gruppo da Combattimento Friuli strinsero a tenaglia i tedeschi nella zona di Imola, permettendo l’avanzata degli altri raggruppamenti.
I maiellini eliminarono le resistenze nella zona di Castel San Pietro. Il generale tedesco Vietinghoff capì che era inutile resistere e dette l’ordine di ritirata: la  strada verso Bologna era spianata.
Si assistette ad una specie di corsa per entrare per primi in città: l’onore spettò ai patrioti della Maiella, che sventolavano una bandiera tricolore senza lo stemma sabaudo, insieme con i polacchi (che in seguito furono decorati e di cui 17 ufficiali, fra cui Anders, ebbero la cittadinanza onoraria).
Lo slancio della “Maiella” non si esaurì, arrivando a liberare Asiago, in Veneto, spingendosi fino a Cormons, in Friuli.
In maggio, a guerra finita, i maiellini si dedicarono a sminare i campi. Il 20 giugno lasciarono il II Corpo  polacco; il 15 luglio a Brisighella vi fu lo scioglimento della Brigata, a cui resero gli onori militari i polacchi e i britannici.
Gli abruzzesi poterono tornare dalle loro famiglie per ricostruire le case e un nuovo stato. In totale morirono 55 uomini e 151 furono i feriti. Solo il 14 novembre 1963 la Brigata (unico corpo partigiano in Italia ad avere tale onore) fu insignita della medaglia d’oro al valor militare, promessa nel 1945 ma sino da allora non concessa.
Il II Corpo ebbe sorte non benigna: chi voleva (e furono 14.000) poteva tornare in uno stato non libero, tanto che sul libretto di servizio le autorità comuniste scrissero che aveva combattuto “al servizio di un corpo straniero”; chi non accettò fu costretto all’esilio; a nessuno venne riconosciuta la prigionia nel gulag dopo il 1939: una diaspora portò questi uomini a spargersi nel mondo. Anders continuò a far alzare la bandiera con l’aquila bianca fino al 1946. Alla libertà degli altri popoli i polacchi avevano contribuito con 17.131  perdite fra morti e feriti.
Nessun polacco ebbe l’onore di sfilare nella Roma liberata e l’8 giugno ’46 a Londra.
Solo nel 1989 si è avuto il riconoscimento dovuto.
Nel 2003 è stato celebrato un incontro voluto dal Centro della memoria e della fratellanza d’armi tra Polonia e Italia ad Olkusz, dove è sepolto Francesco Nullo, ex garibaldino, morto  il 5 maggio 1863  nella battaglia di Krzykawkaa combattendo con la Legione italo-francese  insieme ai polacchi contro gli occupanti russi. Nell’appello ai caduti il presidente dell’associazione,  Wiktor Burakowski, tra l’altro ha detto “V’invoco, soldati del II Corpo polacco del Generale Anders che avete preso parte alla Campagna d’Italia del 1944-1945, eroici vincitori di Monte Cassino, Ancona e Bologna. V’invoco, Italiani soldati del generale Umberto Utili, in particolare la “Brigata Maiella”che avete combattuto assieme al II Corpo Polacco del Generale Anders per la liberazione dell’Italia dal fascismo. Siate pronti all’appello, caduti sul campo della gloria!”.
L’aquila bianca non ha mai smesso di volare sui cieli della Maiella.

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