IN PUNTO DI DIRITTO “INTERNAZIONALE”

26 Febbraio 2012
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Nave Enrica Lexie

La situazione in cui si è venuta a trovare nel mare indiano la scorta armata della nostra Marina Militare ad un bastimento di una società italiana, battente bandiera italiana, non ha precedenti. Quanto viene riportato dalla stampa, con tutte le possibili omissioni dovute alla secretazione di alcuni passaggi, riproduce abbastanza chiaramente il clima in cui si svolge la vicenda.
Due Fanti di Marina, appartenenti ad un Corpo di élite, imbarcati sulla nave, hanno esploso colpi di arma da fuoco contro  un’imbarcazione che, con atteggiamento sospetto, si stava avvicinando al cargo affidato alla loro tutela. L’azione ha comportato la morte di due cittadini indiani.

In punto di Diritto, abbandonata la cronaca e lasciando al loro lavoro tutti coloro –e sono tanti- che si stanno a vario titolo occupando dell’ incidente, desidero sottoporre alla Vostra attenzione, con alcune sintetiche osservazioni, ciò che emerge, a termini di diritto internazionale, nel caso.
Premesso che la nave è suolo italiano e che i due marinai, al pari degli altri loro colleghi su di essa imbarcati, operavano come “ agenti” per conto dello Stato italiano, ai fini della responsabilità internazionale, occorre accertare – e da qui partire- dove sia avvenuto il fatto: acque internazionali o nazionali, per stabilire quale debba essere la giurisdizione e, di conseguenza, quale autorità giudiziaria – italiana o indiana – sia competente per la valutazione dei fatti.
Ammesso che ciò sia facile – ed è questa l’opera svolta in queste ore dai nostri diplomatici – è possibile prevedere ulteriori accadimenti, laddove l’incidente fosse dichiarato come avvenuto in acque territoriali indiane.
Mentre si deve dare per scontato un intenso e partecipato coinvolgimento delle parti italiane competenti -Ministeri Affari Esteri, Difesa, Giustizia-, qualora i nostri “agenti” venissero giudicati quali colpevoli dell’omicidio dei due cittadini indiani, lo Stato italiano potrebbe essere chiamato a rispondere per un atto internazionalmente illecito. Il comportamento dei Suoi organi, i due marinai, deve “essere considerato come condotta di un organo di uno Stato “ (CIG -Corte Internazionale di Giustizia- sentenza 19 dicembre 2005,  Attività militari sul territorio del Congo c. Uganda, in Riv.dir. int. 2006, 145 ss par 21 3 ).
Quanto sopra, e concludo, serve a comprendere in quale grave situazione si è posta l’ Italia ed a quale gravissimo rischio sono esposti, oggi come in futuro, i nostri Militari impiegati in questo tipo di missioni, se è vero che la pena prevista per la fattispecie considerata dal Codice Penale indiano è la pena di morte.
Quando, qualche mese fa, esprimevo con i miei dubbi, il mio dissenso all’operazione, mi riferivo a queste problematiche che, purtroppo, non fanno presagire nulla di buono per l’immediato futuro.

Carlo Minchiotti (*) , 150° Corso “Montello” –  Accademia Militare di Modena.

(*) Professore a Contratto di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi del Molise.

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