di Giuseppe Lalli
“Lì dove sono le vostre aspirazioni, il vostro lavoro, lì dove si riversa il vostro amore, quello è il posto del vostro quotidiano incontro con Cristo. È in mezzo alle cose più materiali della terra che ci dobbiamo santificare, servendo Dio e tutti gli uomini. Il cielo e la terra, figli miei, sembra che si uniscano laggiù, sulla linea dell’orizzonte, e invece no, è nei vostri cuori che si fondono davvero, quando vivete santamente la vita ordinaria.”
Sono, queste, parole assai significative, prese da un’omelia, “Amare il mondo appassionatamente”, di San Josemaria Escrivà de Balaguer, che ben rendono il pensiero del loro autore e lo spirito della sua missione.
Chi è questo santo spagnolo di cui spesso si sente parlare ma che è poco conosciuto?
Josemaria Escrivànacque a Barbastro (Spagna) il 9 gennaio 1902. Fu ordinato sacerdote a Saragozza il 28 marzo 1925. Il 2 ottobre fondò l’ “Opus Dei” (“Opera di Dio”), cammino di santificazione per i laici.
Il 26 giugno 1975 morì improvvisamente a Roma, dopo aver rivolto l’ultimo sguardo, con immenso affetto, a un quadro della Madonna che era nella sua stanza di lavoro. La sua creatura, l’ “Opus Dei”, era allora diffusa nei cinque continenti e aveva oltre 60.000 membri di 80 nazionalità, dediti al servizio della Chiesa con lo stesso spirito di piena unione con il Papa e con i Vescovi vissuto sempre dal fondatore.
Giovanni Paolo II (Karol Woitila – 1920/2005 – ) ha canonizzato Escrivà de Balaguer il 6 ottobre 2002. La sua festa si celebra il 26 giugno.
Escrivà de Balaguer ha ricordato – è questo il cuore del suo carisma – che per i cristiani la santità non è questione che riguarda solo i preti, i frati e le monache, ma anche i laici, che sono da sempre la stragrande maggioranza dei fedeli. Prendere sul serio il messaggio del Vangelo – è questo il centro della sua predicazione – non presuppone uno stato ecclesiale particolare, giacché la sequela di Cristo si realizza in primo luogo nelle circostanze ordinarie della vita di tutti i giorni, vale a dire nella famiglia e nel lavoro, e in generale in tutti gli ambienti in cui si svolge la vita sociale.
Significativo, a questo proposito, è ricordare ciò che Escrivà diceva a chi conosceva per la prima volta. Se era un uomo, gli chiedeva : “Come si chiama tua moglie ?” ; e una volta saputone il nome (supponiamo, a titolo di esempio, “Maria”), gli rispondeva, con tono allegro ma deciso, secondo il suo stile abituale : “Ebbene, figlio mio, la tua santificazione porta il nome di tua moglie, si chiama Maria!’’.
Insegnava poi che il lavoro, dove si consuma gran parte della vita di una persona, non deve essere visto come una condanna biblica, ma piuttosto come una occasione di crescita, umana e professionale, e per il cristiano anche un mezzo di santificazione.
Il lavoro ben fatto, con coscienza, vivendo il rapporto con i colleghi in maniera cordiale, amichevole, essendo disponibili ad aiutarli nel loro compito una volta terminato il nostro, per il discepolo di Gesù (che lavorò nel silenzio della casa di Nazareth per molti anni, prima della sua missione pubblica) è un’occasione per santificare il lavoro, santificarsi nel lavoro e santificare gli altri con il lavoro, un linguaggio che può suonare strano agli orecchi delle persone del nostro tempo, ma che è il cuore stesso del cristianesimo.
Per il cristiano moderno (uomo o donna che sia) che non vive in un monastero ma nelle pieghe della società, questa di Sant’Escrivà de Balaguer è la migliore “ricetta” possibile, ed è anche, a parere di chi scrive, il fondamento di ogni autentico impegno sociale e politico.
Del resto, basta poco a capire che fare bene la propria professione, per il credente e per qualsiasi persona di buona volontà, è il primo dei doveri sociali: tutto il resto viene di conseguenza. Il tutto, poi, corredato, per il cattolico, da buona dottrina.
Ma questo bisogna farlo capire a tutti, compresi tanti cattolici, che sono stati bombardati, negli anni passati, da una cattiva e interessata propaganda su Sant’Escrivà de Balaguer e la sua creatura, l’ “Opus Dei” (le cose serie danno fastidio, evidentemente), la quale, invece, coerentemente con quanto affermato dal Concilio Vaticano II, altro non è che una perenne catechesi, che insegna che gli uomini e le donne che vogliono prendere sul serio il messaggio di Gesù Cristo sono chiamati alla santità nel posto dove le circostanze della vita li ha messi, non come corollario di un ordine sacro, ma, più semplicemente, in virtù del battesimo che hanno ricevuto.
Questo nostro mondo, soffocato dalle parole e dalle immagini, ha bisogno del Vangelo, di uomini e donne che si sforzino di viverlo con coerenza nella vita di tutti i giorni (nella fabbrica o nell’università, nell’ufficio o nel negozio) non di belle occasionali prediche che lasciano il tempo che trovano.
Fare in maniera straordinaria le cose ordinarie: è questo lo spirito dell’ “Opera”, come la chiamano colloquialmente i suoi membri.
Ripeteva Josemaria ai suoi figli spirituali : trasformate in endecasillabi sciolti la prosa di ogni giorno. Stupenda lezione.