Antrodoco. Dalla Battaglia Risorgimentale alla Guerra Mondiale.

9 Maggio 2022
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Enrico Cavalli

Quadro Politico Socioeconomico di Antrodoco dalla Battaglia Risorgimentale alla II Seconda Guerra Mondiale.

Facciamo un passo in avanti di più di un secolo, dall’inizio della Storia che ci siamo prefissati di narrare in termini sintetici, anzi, a  6 anni dal 1’Centenario…e sono inevitabile gli intrecci con l’Aquilano .

 Il regio decreto 2 gennaio 1927, trasferisce dal plurisecolare  Abruzzo Ulteriore II alla nuova provincia di Rieti, quasi 70.000 abitanti dell’ex Circondario di Cittaducale in 1363 kmq., urtando vincoli territoriali  risalenti alla civiltà Sabina (si estendeva da Nursia-Norcia al monte Bazzano), e, un punto pregnante di tale rapporto è la ”Interocrium” citata dal geografo Strabone, che nel Medioevo, al di là della dialettica con la vicina ed amiternina Barete, fu il”castello”fra i’99”(71, in verità), più contributivo alla nascita dell’Aquila nel 1254, col suo contado di Corno, Cesura, Piscignola, Rocca di Fondi, Rocca di Corno, tutte demanialità, dal regno napoletano concesse agli aquilani nel 1382.

 Uscendo fuori dalla diacronia di eventi tipica della storiografa in senso crociano (“la Storia è sempre contemporanea”), la fase Preunitaria, vede ancora socialmente retaggi delle feudalità cinquecentesche dei Bandini, Giugni, Savelli, i privilegi del posizionamento strategico fra Nord e Sud essendo “fedelissima” per gli Aragonesi e la incidenza di una ecclesialità attorno alla devozione per Sant’Agostino, San Vittorino e Sant’Anna, entro la diocesi aquilana fino al 1972.

Antrodoco, evidenzia un  moderatismo che alligna in popolazioni montanare e resistenti a calamità naturali, tipo il sisma nel 1703-07, e, a traumi politici, tipo l’invasione francese degli  Abruzzi nel 1798-99.

Di converso, qui, lo scenario del primo fatto d’arme Risorgimentale il 7-10 marzo 1821. Nel 1820-21, i tentativi “carbonari” di rovesciamento della Restaurazione del 1815, erano attecchiti nel Regno delle Due Sicilie e fu imposta la costituzione a Ferdinando I (ex IV), salvo, questi, chiedere alla Santa Alleanza in riunione a Lubiana nel gennaio’21, aiuti militari per il ripristino del suo regime. Punto strategico della “Via degli Abruzzi” fra Nord e Sud, ad Antrodoco, si fronteggiano, da un lato, guidati dal generale napoletano Guglielmo Pepe (il suo pari grado e fratello Florestano, avallante l’autonomismo siciliano del 1820), 46 battaglioni di cui 3 abruzzesi, ovvero, 12.000 effettivi dei 40.000 “costituzionali” sparsi dalla Campania al Castello dell’Aquila (che recitava in meno di un secolo, una funzione bellica dopo la “stretta“ austriaca del 1744 alla omologa guerra di successione e del 1799 di occupazione francese); dall’altro, 14.000 soldati, l’avanguardia dei 50.000 dalla Santa Alleanza affidati al generale austriaco-loreno Johann M.F. Frimont e superiori logisticamente.  Nelle prime schermaglie, gli squadroni abruzzesi a cavallo rintuzzano gli ussari austriaci in zona Lista, ma il vantaggio tattico non è sfruttato dai napoletani e Frimont ottiene i rinforzi per un contrattacco vittorioso ed a questa notizia, a Napoli, i restaurati Borboni, gli offriranno il titolo di “Principe di Antrodoco” e somme di denaro (destinate alla edificazione di una chiesa in Romania ed ai suoi soldati), mentre a Vienna per “l’entusiasmo” si costituì il reparto cavalleggeri “Furst Von Antrodoco” (che operò in campagne militari successive); Pepe, nella dirotta delle sue truppe sul Volturno, riparava in Inghilterra (qui, conobbe Ugo Foscolo), quindi, amnistiato dal re Ferdinando II di Borbone, dapprima, accettava di condurne l’esercito contro gli insorti di Venezia del 1849, per poi clamorosamente, appoggiarli, ma al cadere della repubblica di Daniele Manin (fra suoi difensori, ci fu il giovine marchese aquilano Alfonso Dragonetti), espatriò tra Parigi e Torino.

 Alla battaglia di Antrodoco, cercarono di esserci il poeta inglese George Byron ed il musicista catanese Vincenzo Bellini, ma vi figurarono l’artista istoniano Gabriele Rossetti costretto all’esilio londinese, a Nicola Ricciotti, luogotenente futuro di Giuseppe Garibaldi; fra i locali, Ferdinando Mozzetti tenente dei Legionari e colonnello Nicola Mascioletti, accerchiato dagli austriaci alla “Madonna delle Grotte” ed in suo onore gli sarà intitolato il ponte di quel crocevia storico. Il primo fatto d’arme risorgimentale, ebbe l’effetto di una caratterizzazione militare di questo confine settentrionale  regnicolo, non immune dalle sollevazioni del 1833,’41,’44,’48, specialmente, di marca aquilana e patrocinate dalla presenza negli Abruzzi, di Giuseppe Mazzini.

 Proprio, alla 1’Guerra di Indipendenza del 1848-49, un moto antrodocano, dipartiva dal Convento della patrona Sant’Anna, subitamente, represso dai gendarmi borbonici: al Tribunale dell’Aquila, diversi i ribelli locali condannati alla fucilazione, mentre quelli inviati ai carceri del Castello aquilano, Pescara, i Procida, ed a questi bagni penali superstiti, otterranno l’amnistia nel 1857, come dal racconto fedele su questa insorgenza, da parte di Licurgo Castrucci,  di cui diremo.

 Nel 1861,  la frontiera dello Stato pontificio, ora, a Passo Corese, incrementa la connotazione strategica d’area, il cui il seggio elettorale va al generale piemontese, Ercole Govone, per debellare un formidabile brigantaggio;  di qui, nel”trasformismo” l’avvento di un giovane sindaco e deputato di Antrodoco, Giuseppe Mannetti, progressista ed antifiscale contraltare del politico Federico Colaianni, nonché, il cofondatore del foglio aquilano”La Gazzetta”, assieme agli esponenti liberisti della Sinistra storica, Donato De Caris, Panfilo Tedeschi, le forze determinanti per l’attesa  ferrata Aquila-Rieti inaugurata nel 1883, portante benefici effetti per la diffusione di una piccole proprietà accaparratrice dell’Asse ecclesiastico, in parallelo al socialismo nelle campagne.

 A superamento del dualismo, tipico delle plaghe montane, fra agricoltura e attività armentizia su base fieristica, inframmezzato dall’extraruralità, dall’oleario al liquorificio, si guarda alle escursionismo  montane, auspicato dall’alpinista milanese Enrico Abbate che nel suo”reportage” abruzzese,  eterna le”giogaie”di Antrodoco; parimenti, la ferrovia per la Salaria, fa pensare ad un retroterra locale pro residenzialità proprietaria e commerciale capitolina, di qui, il recupero delle termalità vespasiane di Cotilia (luogo del proto cristianesimo con Prosdocimo e nel 96-98 d.C., e del martirio di San Vittorino, compatrono aquilano), narrate dallo storico seicentesco Salvatore Massonio, lo sfruttamento delle acque, una”compensazione” delle inondazioni drammatiche del Velino da cui l’edificazione dell’abitato in località Rocchetta nel 1862, sicchè si giunge agli sbarramenti idrici nel Cittaducalese col lago artificiale dello Scandarello nel 1925, utile ad alimentare la ferrata elettrica congiungente Antrodoco ai centri dell’Alto Aterno durante il mito dello sviluppo torbifero.

 Tuttavia, le depressioni economiche del’900, innescano un processo migratorio d’Oltreoceano, in alternanza agli stagionali verso la Roma della”febbre edilizia”umbertina; il minore peso demografico sulle campagne e rimesse degli emigranti, decisivi nella distensione dei rapporti di forza nella ruralità, sicchè, i capi socialisti denunciavano lo sciopero quale esclusivo fine e non mezzo migliorativo nel lavoro.

 Nel liberalismo egemone, si ricompatta il socialismo cittaducalese ad opera di Castrucci, presidente della Camera del lavoro dell’Aquila,ante e post la Grande Guerra, che innesca un combattentismo fra i maggiori della penisola in nome della”Vittoria Mutilata”e che spinge a destra le borghesie, timorose della”rivoluzione d’ottobre”;  nell’effervescenza sociale, Castrucci, nell’aprile 1920, rivendica l’incremento delle cooperative di consumo e lavoro su scala provinciale per contenere la scissione livornese, a fronte dell’assorbimento conunista della sezione sindacale di Antrodoco: in risposta a questo anche personale trauma politico, Castrucci, in accordo a Luigi Mannetti, figlio di Giuseppe e fratello di Nicola filo conservatore, costituisce la sede antrodocana del Partito socialista dei lavoratori italiani.

 Dopo la Marcia su Roma, il nuovo capitolato colonico fra i proprietari e sindacalismo corporativo, ottenne l’abolizione delle servitù padronali e favorevoli contratti, la causa degli scontri fra agrari e socialcomunisti al vicino Canneto Sabina, ossia, l’antefatto della conquista socialista di Rieti; forse, il regime fascista, per spezzare tale”asse rosso”, farà passare alla provincia di Roma nel 1923, parte non trascurabile del distretto sabino; nella”normalizzazione”, c’è la destituzione dalle cariche sindacali e pubbliche di Castrucci, vale a dire, di un notabilato socialista radicato nella provincia aquilana ed in grado di dialogare col liberalismo.

 Si arriva, al 2 gennaio 1927 (non che non ve fossero state in età liberale proposte simili ed Antrodoco doveva andare nelle Marche), da ascrivere alla volontà mussoliniana di controllare il territorio e sedare le diatribe fra i gerarchi abruzzesi, al netto delle manovre del principe ed ex Governatore romano, il reatino Augusto Potenziani pro”sua” provincia.

 Rusultanza del cambio amministrativo, fu che gli agricoltori cittaducalesi, dovettero accettare i più alti criteri di valutazione della zona reatina agronomicamente fertile, e, attendere i migliorativi di strade, ponti, acquedotti, sistemazione del suolo e valorizzazione del patrimonio boschivo, simboleggiata dalla scritta inneggiante a Mussolini sul monte Giano, una tappa per gli escursionisti del Terminillo, la”montagna di Roma”per il Duce; la conversione industriale della piana reatina, sacrificava le colture locali (la zootecnia si ridusse alla metà di quella del 1921), messe fuori gioco della Grande Crisi del 1929, inducente a flussi migratori interni a dispetto della ruralizzazione fascista.

La II guerra mondiale, è vissuta come nel Paese, fra patimenti morali e materiali (distruzione della ferrovia, incursioni aeree Alleate, i fatti controversi di Posta e Borbona), riscattabili dall’adesione antrodocana alle bande partigiane (quella della”Duchessa”), contro gli occupanti germanici ed i repubblichini che volevano le lancette dell’orologio all’ante 25 luglio 1943, invece, nella Repubblica democratica, l’intero Circondario cittaducalese, intese all’approssimarsi del regionalismo, fare ritorno alla ”provincia madre” aquilana, e, questi aneliti,  fino ai nostri giorni, tra idee di nuova circoscrizione Sabina e referendum consultivi delle popolazioni.

Diverse occasioni di uno sviluppo integrato dell’Aquilano e Sabina, possono derivare dagli agganci alle rotte stradali e ferroviarie per Roma e Nord-Sud; queste partizioni simbolo di un’identità appenninica, ritraentisi, da un comune percorso storico e che è giusto approfondire criticamente, perché a dirla del fondatore della”Nouvelle Histoire” Jacques Le Goff, la “grande Storia” diparte anche dalla cosiddetta “periferia”…  . Enrico Cavalli

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