Per l’Italia un Impoverimento del 25 per cento, diseguale.

14 Dicembre 2020
By

dicembre 2020

di Danilo De Masi

Immagine tratta dal web: La pressa.it - Quotidiano di approfondimento politico economico

Immagine tratta dal web: La pressa.it – Quotidiano di approfondimento politico economico

Nella primavera del 2020 scrivevo un articolo dal titolo “Un Paese impoverito, abitato da gente meno ricca“ pubblicato nel giugno. Non consideravo il peggioramento che sarebbe derivato dalla pandemia Covid ed era diffusa la speranza che l’estate avrebbe avuto l’effetto che la natura e la storia solitamene affidano invece (nel nostro emisfero) al mese di febbraio o, più in generale, all’inverno.

Ricordo – negli anni ’80 del secolo scorso, prima che coniassero l’Euro il 1° gennaio 2002 – un Segretario Generale della Programmazione (Ministero del Bilancio) che si era dimesso dall’incarico (senza polemiche di stampa) e si apprestava ad assumere una Cattedra negli USA, trasferendosi con la famiglia. Si era dato disponibile a collaborare durante il passaggio di consegne tra ministro uscito e ministro entrante, in attesa di sistemarsi negli States: ci diceva … tra l’altro: “l’Italia è un’azienda tecnicamente fallita ma nessuno dei creditori chiede la dichiarazione di fallimento perché è comunque in grado di produrre ottimi manufatti in quelli che già erano definiti settori delle quattro A[1] e perché rappresenta un grande mercato che assorbe prodotti altrui “. Quest’ultimo aspetto vale oggi – a otto lustri di distanza – per il Regno Unito che non produce auto se non le Rolls Roice e le Aston Martin, assembla le Opel chiamandole Vauxhall ma ha le strade piene di Mercedes e BMW con più Maserati e Ferrari di quante se ne vedano in Italia: quelle con l’Union Jack, a differenza che nel Paese del sole, rigorosamente con il tettuccio aperto anche d’inverno, come nei films di Agata Christie.

Quella che in Italia veniva chiamata “La Banca” come si usa (anche nel linguaggio anglosassone) quando ci si riferisce al soggetto universalmente ritenuto “primo” [2] nel settore, non solo in sede istituzionale, stava (all’inizio dell’estate 2020) “cancellando” la sigla BNL dalle insegne dove già prevaleva la scritta Gruppo BNP-Paribas. I casi di BNL come Parmalat ed altro, pur riferendosi a grandi Gruppi (Parmalat era il settimo gruppo industriale italiano, al momento del crack, a prescindere dal settore) non rappresentava tanto l’epilogo della “cessione” di parti dell’Economia italiana alla Francia, ma un sintomo della “rinuncia” dell’imprenditoria privata e di quella pubblica sana (di quella parassitaria che stanno rilanciando e moltiplicando negli ultimi tempi, a spese del contribuente, dovremmo fare a meno). Sono abbastanza convinto (ed in qualche caso me lo hanno suggerito) che senza la cessione alla Francia … avremmo assistito ad un crack mai visto prima e si sarebbe dovuto riabilitare Sindona per l’assoluta modestia dei suoi imbrogli bancari rispetto a quelli avvenuti sotto il controllo vigile della Banca d’Italia.

Da settima “potenza” industriale al mondo (era una balla – basata sulla quantificazione dell’economia sommersa – ma il governo che lo sostenne non venne smentito), sesta [3] nel G7 davanti al Canada, seconda manifatturiera in Europa, dopo la Grande Germania, l’Italia vede ridotta la sua rilevanza ad essere ancora un grande Paese “consumatore” ed una “Piazza di raccolta” (sottinteso Risparmio) che poi gestiranno altri. In Italia non investe più alcuna impresa estera e neppure italiana, tantomeno i “Grandi Risparmiatori” o Grandi depositanti. Si aprono supermercati e grandi Magazzini appartenenti a società estere che acquisiscono l’immobile in affitto, pronti ad andarsene senza avere legami: nessuno lo scrive, ma è noto che i “piani d’impresa” di chi “apre” in Italia includono sempre il costo di “fare le valige”.

Chi non ricorda il Professore emiliano-romagnolo tenere una conferenza-stampa sul roof-garden di un noto palazzo pubblico nella via di Roma che ha storicamente dato sede al Ministero per il Mezzogiorno? L’argomento era l’attrazione di investimenti esteri in Italia: “fuoco di copertura” costato una follia per “pagine a pagamento” promozionali sui Giornali italiani. Si perché lo scopo non era quello di convincere un imprenditore giapponese [4] ad investire in Italia (semmai la campagna andava svolta all’estero) ma di “pagare” il consenso della Stampa Italiana attraverso le inserzioni pubblicitarie o pagine a pagamento. 20 anni prima, nel 2005, accompagnando la persona a me più cara a formalizzare l’iscrizione ad una Università dell’area londinese [5] mi soffermai a leggere la rivista di una catena (non alimentare) paragonabile a quello che in Italia era COIN. L’articolo della Direttrice era dedicato ai clienti Britannici che esprimevano l’intenzione di trascorrere gli anni della pensione o vecchiaia in paesi a clima migliore di quello Britannico e buona qualità della vita. Suggerimento della direttrice: l’Italia in gran parte, le Marche in particolare (dichiarava di essersi sposata in un borgo marchigiano, lasciando intendere che vi aveva preso casa): una serie di punti di forza che conosco e condivido. Mi colpì la raccomandazione finale. Non acquistare ma limitarsi ad affitto e noleggio (salvo non si disponga di un amico avvocato, nella porta accanto) perché in Italia è impossibile “essere in regola” perché le norme sono difficilmente comprensibili e cambiano continuamente.

Un sintomo della sopraggiunta marginalità del mercato italiano lo possiamo rilevare dall’atteggiamento dei grandi circuiti internazionali: cito due settori assolutamente non collegati. Quello dei servizi finanziari-assicurativi-turistici rivolti alla persona e quello della cinematografia televisiva che si porta dietro cifre da capogiro in pubblicità diretta ed occulta ….. La stessa Compagnia (per dimensione di rientra tra quelle che determinano il cosiddetto “Indice di Borsa” di Wall Street) riduce la gamma dei servizi offerti alla clientela italiana, anche rispetto a paesi ritenuti di peso inferiore. Un solo esempio. Il reddito annuo minimo per accedere ai servizi di fascia alta (…  an expensive card. £575, (USD 733 – €. 720) scende, per l’Italia, del 25 per cento (dal 2018 al 2020, da 60.000 a 45 mila Euro). Gli uffici sul territorio italiano (a partire da Piazza di Spagna a Roma e Piazza San Marco a Venezia) vengono chiusi e sostituiti da un (peraltro ottimo) servizio telefonico. Il giudizio è chiaro: l’Italia e gli Italiani stanno subendo (valutazione ante Covid) un impoverimento del 25% con perdita – in termini di valore – di un quarto del patrimonio.

Alcune campagne pubblicitarie “globali” non prevedono più la “versione italiana” ma … un doppiaggio da quattro soldi che tradisce (nel gergo) la provenienza ormai solo romana o romanesca dei doppiatori, con la conseguenza che – nei polizieschi – all’ Effebiai c’è chi “dà il tormento a qualcuno”. I’ effetto della marginalità del mercato sulla lingua, mi venne spiegato a Cambridge da un dirigente svedese di una grande multinazionale: il mercato svedese (nel loro caso per il numero modesto degli abitanti) non giustificava più la traduzione di testi e di dialoghi. Più facile insegnare a tutti l’inglese.

[1] Nell’Articolo di ottobre 2020 “Il Paese del quanto basta” parlavo dell’Industria delle quattro “A”: Alimentare, Automazione industriale, Arredamento (legno e arredo), Abbigliamento (Moda-design ed accessori di lusso).

[2] La BNL, Banca Nazionale del Lavoro, veniva chiamata “La Banca” come si usa (anche nel linguaggio anglosassone) quando ci si riferisce al soggetto universalmente ritenuto “primo”, non solo in sede istituzionale: si pensi a “the Voice” per Frank Sinatra, “The legs” (le gambe) per Angie Dickinson, “l’Arma” per i Carabinieri, “gli occhi” per la Dott.ssa Maria Concetta Mattei, giornalista RAI (anche la Dickinson è ben laureata, ma nel mondo anglo-americano il titolo Dott./Dr. oppure Doc. è riservato ai Medici od agli scienziati: lady Doctor per le donne, Dr.ssa solo in Italia).

[3] Paesi del G7: nel 2019 l’Inghilterra ha strappato il 5° posto superando la Francia, l’India ha superato l’Italia ed il Brasile ha superato il Canada che è così 10°. Dopo che la Cina superò il Giappone, collocandosi al secondo posto, i Paesi dell’area Euro (che non sono uno stato ma parte della UE) hanno superato la People’s Republic of China strappando il 2° posto: tutti, con Australia, Russia e Korea del Sud, inseguiti dal Messico 15°.

[4] Si vedano quasi quotidianamente sulla BBC trasmessa per l’estero gli spot di Paesi come il Giappone del Nord, l’ex Birmania, l’Indonesia ……: il leitmotiv è orientato a mostrare la semplicità delle procedure e la rapidità della realizzazione di un’impresa; la sicurezza pubblica e privata.

[5] Iscrizione all’Università dell’area londinese: la procedura di iscrizione (al netto della prova di ammissione) richiese meno di un’ora e – per il pagamento delle “tasse di iscrizione” – mi passarono al telefono una operatrice dell’Amministrazione che mi fece dettare il numero della carta di credito ed il consenso. Alla Sapienza avevo speso un’intera mattinata per conquistare il modulo di iscrizione ed un’altra mattinata per accedere allo sportello interno del Banco di Roma: ovviamente esclusa ogni ipotesi di bonifico.

Tags: , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dieci anni

Archivio