La Grande Aquila. Aeroporto Militare n.452.

4 Settembre 2023
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Enrico Cavalli


Relazione al Convegno di Presentazione a “Casa Onna”, 10 giugno 2023, del Libro di Gianfranco Giustizieri  “Aeroporto Militare n.452” (Lanciano, Carabba, 2023).

Copertina

Bisogna essere “riconoscenti” al Prof., Gianfranco Giustizieri , per un disvelamento pregnante di storia locale, i cui effetti trasaliscono all’oggi per il contenzioso sui terreni pro “aereoporto militare” di Bagno ed attesa valorizzazione socioeconomica di quel sito.

 L’Autore, aveva affrontato l’argomento nel genere di romanzo storico (“Il tenente Cosimo G., 2022), e, ora, acquisendo e comparando, fonti librarie, stampa, “carte interminate” (persino, “germaniche”), lo trasforma in una monografia paradigmatica della Grande Aquila.

 La “storiografia” è una “scienza” per il metodo di ricerca e capacità esplicativa di fatti, uomini, comportamenti passati, ed in senso “popperiano”, non ha “fine temporale” o “fine/scopo ideologico” se non il “dire il vero” secondo il procedimento di “falsificazione” di questa o quella “convenzione”, insostenibile, dinanzi ad un “revisionismo”, (per gli epistemiologi, “in re ipsa” il progredimento della “scienza”), poggiante su materiali oggettivi e sullo sfondo di un mutato clima culturale.

Da correlare il “focus” del Libro, ai rivoluzionamenti amministrativi nel Paese ed in Abruzzo dal 1923 al’27, solo che in ordine alla “nostra” regionalità, precise “scoperte ministeriali”, smentiscono inadeguate letture di quegli eventi, e, persistenti, risentendo di semplificazioni mediatiche della “storia” come, emerso, recentissimamente, su scala nazionale al centenario della Marcia su Roma.

 Il fascismo abruzzese, origina entro sue peculiarità ed in questa chiave, assieme alle logiche di maggiore controllo governativo del Paese (non per i patrocini “illustri”, emarginati dal Duce!), “sanatorio” di squilibri territoriali intrecciabili alle lotte tra ”ras”, c’è la creazione, ex regio decreto n.1 del 2 gennaio 1927, della provincia pescarese, sottraente territori a Teramo, Chieti ed Aquila che perde qui, il Mandamento di Popoli e Bussi sul Tirino, e, a vantaggio di quella di Rieti, l’ex Circondario di Cittaducale; un “trauma” inducente, la classe dirigente municipale di cui il podestà Adelchi Serena è un “garante” rispetto al “novus ordo”, a chiedere come compensazione di “prestigio”, l’annessione alla circoscrizione dell’Aquila (ex r.d. n.1564 del 29 luglio 1927), delle finitime Arischia, Bagno, Camarda, Lucoli, Paganica, Preturo, Roio, Sassa, e San Vittorino, frazione di Pizzoli: di qui, il cambiamento della toponomastica comunale in “L’Aquila” per il r.d. n.1891 del 23 novembre 1939.

Ci furono opposizioni clamorose ed adesioni rassegnate negli ex comuni ad un disegno artificioso, ma, in risposta alla artificiosità delle “spoliazioni provinciali”, in un tardo richiamo al medievale “Comitatus Aquilanus”, secondo il paganichese ed accademico Gioacchino Volpe, in soccorso dei suoi concittadini; tuttavia, a riguardo delle succitate nuove ricerche archivistiche, i “separatismi” ed “aggregazionismi” non erano inusitati nell’Aquilano, da Pizzoli a Rojo, da Bazzano ad Assergi, Bagno… .

 Le trame socio-economiche delle ex autonomie annesse all’Aquila, vennero formulate da Serena nel suo programma podestarile del 26 dicembre 1926, nel formale rispetto delle varie identità produttive, invero, sacrificabili alle opzioni urbanistica, turistico-sportiva del Grande Comune (un aggiornamento di aspirazioni postunitarie e favorite dagli investimenti pubblici anti crisi del 1929), immaginandosi, di un impulso, certo, coercitivo, dal “centro” alla “periferia”: delle dinamiche “virtuose”, partenti dalla riaffermata capitale regionale, avrebbero beneficiato le nuove frazioni, le cui popolazioni, però, impedite di inurbarsi per il contraddittorio ruralesimo.

 Dall’esame e confronto di documenti antichi ed ulteriori sulla podestatura, emerge la consapevolezza che quella strada “dirigista” più non fosse bastevole, anzi, l’isterilimento delle ex autonomie, danneggiando la “Conquista del Gran Sasso” a sua volta compensatoria della declinante Transumanza.

Tale cambio di passo, sotteso allo sfruttamento di risorse materiali in ambito “extra” comunale, in guisa “metropolitana”, era possibile, dotandosi, il capoluogo aquilano nel 1936, di uno di quegli enti parastatali indotti dall’”Autarchia”.

 Da vicesegretario del PNF., ed in rampa ministeriale e “totalitaria”, Serena, premendo sul Ministero delle Corporazioni, fece arrivare all’Aquila, quale filiazione del Comitato Nazionale per l’Indipendenza Economica, la sede unica del Centro Nazionale di Studi Minerari, in collegamento al neo Regio Istituto Tecnico Industriale dal 1938, sostenuto da finanziamenti esterni; a presiederlo l’ex combattente e “manager” aquilano, Carlo Perrone, vicino a Gianni Caproni, il titolare della flotta di famiglia (che ebbe in Grande Guerra il pilota di spicco Emilio Pensuti Speranza, che rinvenni nel 2016, cercando di riportarlo alla luce dall’oblio, e, chissà che nel “recupero” dell’ex aeroportualità non ci possa essere un richiamo al personaggio), l’uno, probabile suggeritore dell’altro, e, preminente nella infrastruttura aerea, beninteso, la seconda prospettiva di crescita nell’Aquilano assieme al Centro Turistico del Gran Sasso.

L’ubicazione al sito di Bagno-Pizzone di una stazione aeronautica, ricompresa nella omologa di Pescara “Pasquale Liberi” a sua volta in “IV Zona aerea” di Bari, era in aderenza ad una “Aquila ridotto militare di Roma” avanzata dalla podestatura di Serena nel dicembre 1926, e, che, tuttavia, d’accordo al Ministero dell’aereonautica,spostò il campo di atterraggio alla meno problematica per nebbie mattutine, piana tra Coppito e Preturo, nelle more rispolverandosi Piazza D’Armi, per la tratta civile Roma-Aquila-Pescara, in una fase di pionierismo totale dell’aviazione commerciale nel mondo.

 Per gli echi bellicisti, ritornò l’idea di Bagno, stanziandosi, seicentonovantamila lire per la realizzazione dell’aviorimessa, caserma allievi e “bunker”, appaltati per “Il Messaggero” del 16 dicembre 1936, a ditte specializzate abruzzesi; i lavori, furono in scarsa considerazione del corretto controllo del regime delle acque e canali a giudizio dei contadini bagnesi che ricevendo ristori insufficienti per le espropriazioni, cercarono di rivalersi tramite un Consorzio nel 1942.

 Nell’accreditabile aeroporto aquilano in potenziale collegamento all’omologo di Rieti (dove agì il succitato Perrone), non si installarono i previsti ministerialmente opifici industriali, bensì, la palestra operativa di una Scuola allievi aviatori e paracadutisti, la cui sede ufficiale fu al palazzo cittadino della Commenda appartenente ai Palitti lamentevoli dell’affitto basso.

 Dopo la inaugurazione dello scalo militare nel 1939, si pose a tarda primavera’43, la sua intitolazione e la rosa dei”nomi”, stranamente, sviandosi la memoria del monticchiese Andrea Bafile pilota d’eccezione al “raid” del Cattaro nell’ottobre 1917, si restrinse all’oriundo di Tripoli, Luigi Spallacci ed arischiese Giulio Beccia; prevalse, il primo nominativo caldeggiato dal Ministero di settore, che invitava la prefettura a migliorare per gli allievi aviatori, istruiti al databile dal’38 Regio Istituto Tecnico Industriale, sia la logistica che l’ampliamento delle piste e di cui poco si serviranno gli occupanti germanici nel “blitz” a Campo Imperatore per il Duce, il 12 settembre’43, collocando i loro velivoli ”Lutwaffe” a Preturo; il residuo aeroporto bagnese, fu obiettivo dei bombardamenti Alleati nel 1944, causanti la distruzione della vicina barocca chiesa di Sancte Mariae in Balneum, un lascito di ricostruzione storico-ambientale d’area affidata al complesso governo comunale del “post” Liberazione.

 Per riprendere la questione delle annessioni, dal 1945, si cercò di dipanarla,tramite gli “Uffici di Delegazioni-Circoscrizioni Municipali” (isteriliti dalle problematiche degli “Usi Civici”), ma, ad Arischia e Paganica, dove più forte era il senso di appartenenza, si continuò a denunciare la perdita di autonomia, non più da addebitare al solo “Ventennio”, fino agli anni’90 del secolo scorsovi ènecessità di un superamento del dualismo città-ruralità, oggi, passante per le “new town”, altrimenti, mancando l’”urbe policentrica”, valorizzante le vocazioni territoriali in grado di interconnettersi al proprio “capoluogo”, che non più agitante l’idea della “Regione Sabina” (?) avrà dinanzi la “Nuova Pescara”.

 Quei fatti di quasi un secolo fa, appaiono una questione storica da affrontare scevri da impostazioni precostituite, specie, quando non suffragabili scientificamente.

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