Un’estate rosso sangue.

3 Agosto 2023
By

Francesca Bocchi

2 agosto 2023

Scarpe rosse

Nemmeno il caldo africano di questa torrida estate ha dissuaso uomini dall’uccidere donne, per gelosia, tradimento, frustrazione o per qualsiasi altro supposto motivo si possa addurre nel tentativo di trovare una spiegazione logica ad azioni per le quali di logico non c’è nulla.

A Cologno Monzese in una notte di fine luglio un ragazzo ventitreenne ha ucciso nel sonno la sua ex – ventenne – per poi costituirsi.

Il movente è da ricercarsi nella gelosia e gli inquirenti, dalle prove e dalla ricostruzione del delitto,  sono ormai certi che lo stesso sia stato premeditato.

Lei si chiamava Sofia, era studentessa di Sociologia a Milano, lavorava per sostenersi, insomma, una ragazza come tante.

Anche Zakaria Atquaoi era un ragazzo qualunque finché la realtà ha preso una piega diversa, tramutandolo all’improvviso in un killer che, neldistruggere la propria e l’altrui vita, ha trascinato con sè due famiglie dilaniate da dolore ed odio.  

L’esempio indicato è solo l’ultimo (al momento in cui sto scrivendo) di una triste serie, che non rispetta età, travolgendo vite come uno degli eventi estremi a cui il cambiamento climatico ci sta abituando.

Ci abitueremo quindi anche al femminicidio? O piuttosto non sarebbe necessario adottare misure per proteggerci e ridurre i danni?

Per farlo è necessaria un’analisi razionale delle cause e dei moventi, analisi che non può certo trovare albergo in queste scarne considerazioni e che richiede tempo e formazione, a partire dalle scuole primarie, allo stesso modo in cui ci si sta adoperando per instillare nelle nuove generazioni il rispetto dell’ambiente e della Terra su cui viviamo.

Partiamo dall’inizio, dal neologismo che designa un fenomeno antico come l’uomo: femminicidio, termine ormai entrato nel parlare comune, con il quale si definisce l’uccisione di una donna quando il fatto di essere donna costituisce l’elemento scatenante dell’azione criminosa (Dizionaripiù – Zanichelli).

L’Accademia della Crusca in proposito recita così: “Recentemente si parla molto di femminicidio […] intendendo non solo l’“uccisione di una donna o di una ragazza”, ma anche “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte” (Devoto-Oli, 2009). […]

Il femminicidio è sì un delitto ma motivato dal sesso della vittima: il motivo per cui si uccide è il fatto che la vittima sia una donna, la quale dalla notte della storia umana è stata considerata come un oggetto piuttosto che come essere umano.

Non è nemmeno un caso l’utilizzo del termine “femmina”, termine che richiama concetti biologici associati agli animali: è femminicidio, quindi, il tratto di appartenenza della vittima al genere femminile.

In relazione alla triste realtà che stiamo considerando, da “Truenumbers” scopriamo che, in termini assoluti (cioè non tenendo conto della popolazione per regione) nel 2021 la Lombardia vantava il triste primato dei femminicidi (11), seguita da Emilia-Romagna, Sicilia e Lazio.

Ad oggi (agosto 2023), i femminicidi sono stati una settantina, 5 nell’ultima settimana di luglio.

Intanto, l’INPS ha comunicato che per il 2023 erogherà il cd. “reddito di libertà” per le donne vittime di violenza con uno stanziamento di € 1.850.000,00 e continuano la propria opera i CUAV (centri per uomini autori di violenza) benchè si sia accertato che 4 femminicidi sono stati compiuti da uomini che avevano completato il proprio percorso presso un CUAV.

D’altronde, non tutti gli uomini sono violenti: nonostante il fenomeno non sia circoscritto stando ai numeri, non si può nemmeno cadere nel facile stereotipo opposto.

Il problema è che un singolo uomo violento identifica il proprio genere, dandone una rappresentazione distorta. Per questo, per evitare una generalizzazione dannosa per tutti, anche gli uomini devono iniziare a parlare, imprimendo un nuovo corso al rapporto uomo-donna.

E’ una sorta di nuova battaglia di civiltà alla quale le donne hanno dato impulso per rispetto e tutela della propria libertà, ma alla quale anche gli uomini devono lavorare per una diversa rappresentazione della relazione tra i sessi.  

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