La polizia politica, dall’Unità alla Grande Guerra.

3 Novembre 2022
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Prima puntata con le delicate forme del servizio politico.

Articolo tratto dalla rivista Fiamme d’Oro. Anno XLIX – n. 2, Aprile – Agosto 2022 Rivista ufficiale dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato

Del Commissario Giulio Quintavalle,

Ispettore Massimo Gay e

Ispettore Fabio Ruffini.

Cartellino foto segnaletico di un iscritto al Partito socialista, primi anni ’10 dell’800. La schedatura di movimenti e corpi politici d’opposizione e delle estreme e, più in generale, l’attività della Pubblica Sicurezza nei primi anni del Regno, si legava ancora a vecchie diffidenze e recenti memorie di angherie e soprusi retaggio di quando l’ufficio di polizia si confondeva con le polizie segrete straniere

In questo nuovo appuntamento con la storia della Polizia italiana, noi dell’Ufficio Studi Storici proponiamo una veloce panoramica sulla polizia politica. In questo numero di Fiamme d ‘Oro, prendiamo in considerazione il periodo compreso tra l’Unità d’Italia e il primo Dopoguerra, ripercorrendo le principali iniziative dei vertici della Pubblica Sicurezza per adeguare gli Uffici preposti a questo particolare settore di impiego e per professionalizzare il personale.

Nei prossimi numeri saranno ripercorsi alcuni tragici episodi di violenza politica che hanno visto cadere decine di poliziotti (agenti investigativi, regie guardie e funzionari di P.S.), testimonianza dei mutevoli scenari socio-politici che ha dovuto affrontare la Polizia.

IL “DIRITTO NATURALE” ALL’OSSERVAZIONE

Nel 1881, il funzionario del Ministero dell’Interno Piero Celli, nell’opera Della polizia chiariva le finalità di questo particolare settore della Pubblica Sicurezza: tutelare i diritti politici conquistati con lo Statuto Albertino (1848), carta fondamentale dello Stato fino alla proclamazione della Repubblica Italiana. «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati dalla legge penale» – dichiara lo Statuto – riconoscendo alla Polizia un «diritto naturale» di osservazione per il ricorrente timore di aggressione ai diritti politici «all’ombra del diritto di associazione e di riunione» dall’azione silenziosa delle estreme forme di associazionismo.

Come i mazziniani che, contrari al Tricolore sotto l’egida della monarchia, erano perennemente sospettati di – «mire e azioni […] dirette ad abbattere la forma del governo esistente».

Cartolina postale edita nei primi del Novecento. Al fine di tutelare l’ordine pubblico, inteso come andamento della vita sociale priva di turbamenti anche di natura politica, Polizia e Carabinieri sono chiamati a stroncare le condotte di «eccitamento all’odio fra classi», reato severamente punito e spesso contestato, fino a ritenere l’incolpevole fanciullo che viola la propria classe scolastica come una minaccia all’ordine sociale. (Illustratore Van Dock; viaggiata nel 1900. Collezione Quintavalli)

MAZZINI E IL CONTRASTO AL MAZZINIAESIMO

Giuseppe Mazzini, combattente instancabile per la libertà, esule perenne, una volta amnistiate le condanne a morte inflittegli al tempo del Regno di Sardegna, nel 1870 rientra in Italia per organizzare i moti a sostegno della conquista dello Stato Pontificio, ultimo lembo della Penisola non annesso. Arrestato in agosto dalla Polizia, dopo un mese di prigione è rimesso in libertà – e immediatamente espulso – per un’amnistia generale per festeggiare l’annessione della Città Eterna. Nel 1872, stanco e anziano, sotto falso nome- come un pericoloso criminale – rientra in Italia a Pisa, ospite di sicuri amici. La Polizia, imbeccata da gole profonde, gli si mette alle calcagna fino all’inaspettata morte, ii 10 marzo. L’azione di contrasto al mazzinianesimo si incentra sul contenimento delle rinvigorite voci antimonarchiche che da più parti si sollevano durante le tante commemorazioni in onore di Mazzini, padre della patria unita, indipendente e repubblicana. Ai suoi funerali di Genova partecipa una folla immensa, composta per lo più dalle classi sociali in difficoltà; disoccupati, operai stagionali operai e contadini, (potenziale bacino elettorale delle opposizioni ai vari governi) ingiustamente esclusi dal diritto di voto per la tagliola imposta dalla legge elettorale. Legge che, fio agli anni ’80 dell’Ottocento, limiterà il diritto al voto a meno del 2% dei 22 milioni di sudditi del Regno costituendo, pertanto, un corpo elettorale rappresentato da: nobili, imprenditori, professionisti, grandi proprietari e industriali, tutte categorie sociali avulse alle richieste di pane, giustizia e lavoro dei più.

UN SISTEMATICO MONITORAGGIO 

La classe dirigente e politica del Regno — unito politicamente ma non ancora nei costumi e stile di vita, attanagliato da stringenti limiti di bilancio che stavano impedendo le riforme sociali ed economiche volano di crescita e benessere sociale – vede con sospetto le «classi pericolose per la società, gli oziosi e i vagabondi» e i movimenti politici, sia quelli d’opposizione sia quelli esclusi dalla vita politica parlamentare: mazziniani, anarchici, repubblicani, affiliati all’Internazionale, anche il basso clero. Per tale ragione, il Governo ne affida alla Pubblica Sicurezza un sistematico monitoraggio, in particolare per quanto riguarda la raccolta dei profili culturali, sociali e di vita quotidiana degli esponenti dei partiti e fazioni ostili al governo. Uno strumento informativo, prima forma di catalogazione centrale dei dati sul sovversivismo e sulle opposizioni per «formarsi un giusto criterio nell’apprezzare le segnalazioni […] che pervengono [al Ministero] sopra individui attinenti appunto ai partiti estremi».

Nei primi del Novecento la cartolina postale era molto utilizzata dai partiti e dagli organi politici, pertanto veniva particolarmente “attenzionatâ” dalla censura del governo, divenuta stringente durante la Grande guerra

L’ORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO POLITICO

Differentemente da altri servizi di Polizia, il servizio politico è organizzato per superare i limiti di giurisdizione dei presidi territoriali (Questure, Uffici provinciali e Delegazioni di P.S.) per agevolare lo scambio di informazioni e la rapidità e uniformità d’azione, necessari per una valutazione complessiva e centralizzata del fenomeno. Negli anni dal 1864 al 1866, il governo, temendo il ripetersi dei disordini torinesi per il trasferimento della Capitale e della rivolta palermitana per la tassa sul macinato – e le agitazioni per la maggiore fiscalità per risanare il bilancio pubblico – constatata la transnazionalità dei movimenti anarchici e l’emigrazione (verso l’Inghilterra, Svizzera e Francia… degli aderenti, organizzava un servizio politico anche all ‘estero.

IL CASELLARIO GIUDIZIALE

Nel 1865, il governo impianta un nuovo strumento informativo: il Casellario giudiziale «per l’accertamento degli antecedenti penali degli imputati e della recidiva». In tal modo ogni tribunale profila la condotta del cittadino e l’accertamento dei requisiti per il rilascio di licenze e autorizzazioni di numerose attività imprenditoriali e commerciali. Nel 1867, il Presidente del Consiglio dei ministri e ministro dell’Interno Bettino Ricasoli pone le basi per accrescere l’azione della polizia politica, raccomandando ai prefetti di trasmettere mensilmente a Palazzo Braschi le informazioni riguardanti le condizioni morali e politiche delle provincie, «principalmente sull’attitudine, sugli intendimenti e l’influenza dei partiti politici e del giornalismo». Il servizio politico, ritenuto dai funzionari preposti non sempre gratificante, consente al neo Ufficio centrale per gli affari politici di drenare un’ininterrotta attività informativa con cui il governo di turno poteva anticipare i piani delle opposizioni nell’ottica – secondo una distorta visione della Pubblica Sicurezza – di un’attività a fini preventivi.

 GLI ANNI SETTANTA E ROMA CAPITALE

In questi anni, i governi del Regno sono impensieriti dai primi stabili sodalizi tra lavoratori e movimenti anarchici. Mentre all’ei stero i Congressi internazionali dei lavoratori predicano la lotta contro il capitalismo, nel 1876, al Congresso Internazionale di Berna, l’anarchico Errico Malatesta i teorizza la «propaganda col fatto», facendo presagire nuovi attentati alle famiglie reali e agli esponenti politici più in vista; ciò induce alcuni paesi europei a migliorare la macchina poliziesca. In Italia, con l’ascesa della Sinistra storica di Agostino Depretis e la Legge elettorale del 1882 – che dilatava il corpo elettorale dal 2 al 7% – i partiti che si stavano alternando ai governi devono fare i tonti anche con le nuove rappresentanze politiche. Il  Partito della Democrazia, il Partito  dell’Estrema radicale e il Partito r radicale storico al primo vaglio elettorale raggiungono complessivamente il 4,6% (33 seggi su 508 alla Camera); un risultato inizialmente trascurabile ma che, raddoppiato con le elezioni del 1886, si attesta in quelle successive tra il 7 e il 12%, aprendo un contesto dove l’informazione politica (sui partiti, sui circoli di lavoratori, giornalisti e organi di stampa, i piani di fronde e fazioni, ecc.) diventa fondamentale.

Tessera del Partito Radicale Italiano per il 1907. Durante la guerra italo-turca (1913-’14) l’U.R. interveniva contro alcuni corpi politici illegali, come il Gruppo giovanile del Partito Socialista, sospettato di accesa propaganda antimilitarista

IL COMMISSARIATO “BORGO”

Nel 1870, con l’annessione dei territori pontifici i rapporti tra Regno e Chiesa degenerano ulteriormente per la reazione intransigente dei Pontefici alla Legge delle guarentigie (1871), che garantiva loro il libero esercizio del potere spirituale, I ‘inviolabilità della persona, l’immunità dei luoghi dove i medesimi risiedevano, il diritto di nominare un apparato diplomatico. La Legge è fortemente invisa sia alle sinistre sia ai cattolici intransigenti per motivi opposti: i primi la interpretavano come una minaccia alla laicità dello Stato e uno scandaloso premio a chi aveva represso la vocazione di libertà dei patrioti; i secondi, come obolo per ripagare l’usurpazione territoriale subita dalla Chiesa e una offensiva contropartita morale per la demanializzazione dei beni ecclesiastici e la soppressione degli Ordini e delle Corporazioni religiose (1867). Un clima estremamente teso in cui il nuovo Commissariato di P.S. “Borgo”, voluto per «impedire […] che venga […] violata a danno del Papa la legge sulle guarentigie» deve operare con tatto e lungimiranza.

 L’UFFICIO POLITICO

La mancanza di un adeguato apparato di polizia politica spinge il Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Giovanni Bolis a ristrutturare e ampliare, nel 1880, l’Ufficio centrale per gli affari politici in Ufficio Politico, a cui sono affidati la tutela dell’ordine pubblico, la prevenzione e repressione dei reati politici, il coordinamento del controllo sull’attività dei partiti, delle associazioni, della stampa, la sorveglianza sulle persone sospette e sugli stranieri. Direttore dell’Ufficio è Francesco Leonardi futuro Direttore Generale della P.S. – coadiuvato da alcuni delegati, tra cui Ettore Sernicoli. Quasi contemporaneamente, nella Direzione Generale P.S. è costituito l’Ufficio Riservato, di fatto l’articolazione più importante, «una specie di Gabinetto che aveva un complesso di funzioni di polizia riservata» sulle organizzazioni politico-sindacali e sulle forme di reato che potevano avere come finalità il sovvertimento della Monarchia e, più in generale, che minacciassero gravemente l’ordine e la sicurezza pubblica.

L’UFFICIO RISERVATO

L’U.R. dipende direttamente dal Direttore Generale P.S. e riceve le informazioni delle reti delle questure drenate dagli informatori, spie, confidenti, infiltrati, “soffioni”; aveva ramificazioni all’estero con funzionari distaccati nelle sedi diplomatiche in Europa (generalmente rette da ispettori o questori) o consolari (da delegati) sotto copertura come agenti speciali (personale diplomatico, agenti commerciali, imprenditori, procacciatori di affari …) L’U.R. elabora il flusso di elementi che giungono al Ministro dell’Interno e al Presidente del Consiglio; anche il Ministero degli Affari Esteri istituisce un servizio informativo ma di carattere diplomatico.

LE COLLABORAZIONI CON GLI ALTRI PAESI

Complessivamente, le informazioni raccolte non erano sempre né affidabili né utili, per la frequente mancanza di fotografie degli individui profilati – tra i quali anche ricercati transnazionali – e, per tale ragione, che il Governo Crispi, procede a convenzioni bilaterali con alcuni Paesi Europei, in particolare Francia, per lo scambio di informazioni sugli anarchici. Nel 1887, lo Statista impianta l’Anagrafe Statistica per la sorveglianza degli individui pericolosi o sospetti (Direttore della P.S. era Luigi Berti). Parte il 1gennaio 1888, con articolazioni nelle questure, ma il Manuale del funzionario di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria – rivista ufficiosa della P.S. – lamenta che agli schedari manca di tutto, a iniziare dalle fotografie (commissionate a studi fotografici privati) per la costante mancanza di fondi e per una certa diffidenza di Palazzo Braschi (il Viminale di allora) per le novità

Una «terribile iena» con le sembianze di Luigi Bolza, temuto informatore della polizia austriaca, uomo senza scrupoli mosso da egoismi e denaro autore di numerosi arresti di patrioti (cartolina postale edita del Museo del Risorgimento. (Milano, primi del Novecento; viaggiata nel 1905. Collezione Quintavalli)

L’ANAGRAFE STATISTICA

L’Anagrafe si articola in alcuni registri nominativi con pochi dati biografici, venne integrata nel 1894 e rinominata: ” Schedario Rappresenta la prima banca dati dedicata al “sovversivismo”, utilizzata per tutta l’Età Liberale e potenziata ulteriormente durante il fascismo con l’istituzione del Casellario politico. Per una migliore fruibilità delle informazioni, comprende la Cartella biografica, documento di sintesi standardizzato e sunteggiato, ordinato e di agevole lettura, con i dati biografici dell’individuo, la fotografia del volto, gli alias e un sunto dell’attività e dei provvedimenti (giudiziari e di P.S.) emessi a carico, le relazioni sociali e gli ambienti frequentati, e altri dettagli utili alle prime indagini. Secondo le istruzioni, la “Cartella” deve essere continuamente aggiornata dai presidi territoriali di P.S., che custodiscono il corrispondente fascicolo personale del soggetto attenzionato, e nel quale confluiscono informazioni secondarie, ma comunque utili per eventuali approfondimenti. Il Casellario, più volte potenziato, con nuovi moduli, maggiori contenuti e criteri di compilazione, nel 1910 supererà le 17mila cartelle, oltre la metà riferite agli anarchici. Un movimento che, per il questore Augusto Bondi, è l’«elemento che preoccupa veramente sempre e preoccupa tutt’ora» per le imprese criminali in tutta Europa.

L’U.C.I.

Durante la Grande guerra, il Casellario sarà curato dall’Ufficio Centrale Investigazione, voluto dal Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando nel «desiderio di armare meglio lo Stato contro quella speciale delinquenza che si esercita in danno della guerra e della difesa nazionale contro i reati di spionaggio e di tradimento, e in genere agli attentati all’esercito e alla Patria», e affidato al vicequestore avv. Giovanni Gasti. L’U.C.I. trattava: anagrafe stranieri, informazioni politiche, informatori e raccolta di notizie, reati di eccezionale importanza, reclutamento informatori, reati di spionaggio e tradimento non commessi da militari, reati previsti da leggi speciali e legislazione di guerra, revisione postale, reati previsti dal codice penale militare. Strumento estremamente efficace anche nel controspionaggio, verrà rinominato nel 1916 in Ufficio Speciale Investigazione continuando a monitorare l’azione dei numerosi fuoriusciti italiani all’ esterno — tra cui i disertori socialisti massimalisti e anarchici — e per le comunità di cittadini russi in Italia, ritenuti emissari del governo bolscevico di Mosca. Forte era il timore che l’esempio di una rivoluzione “alla russa” fosse contagioso, come auspicato da Lenin con il suo appello alla prospettiva di una rivoluzione europea.

Bibliografia

Antonio Fiori, Spionaggio e controspionaggio «civile» in: Roma, Istituto per la storia del Risorgimento, aprile – giugno 2009; Le vicende politiche del 1916 nelle relazioni dei servizi investigativi, in «Clio» n. 1, 2010. Stefania Magliani [a cura di] Amico/nemico. Spionaggio, intrighi, sicurezza tra Ottocento e Novecento, Fabrizio Serra editore, Pisa — Roma, 2012. Ministero dell’Interno — Ufficio storico della Polizia di Stato, Dura lex sed lex – Storia e rappresentazione della Polizia di Stato dal 1852 alla Riforma del 1981. Tipografia Arte Lito di Camerino (MC), 2018.

Annibale Paloscia, Storia della Polizia, Newton Compton, Roma, 1990.

Vittorio Emanuele Orlando, (a cura di R. Mosca Memorie, Rizzoli Editore, Milano, 1960.

Giulio Quintavalli, Da sbirro a investigatore. Polizia e investigazione dall’Italia liberale alla Grande guerra, Aviani e Aviani Editore, Udine, 2018.

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