Todos Caballeros: una vocazione italiana ad evitare concorsi ed esami dall’Impero sacro e romano…. all’Agenzia delle Entrate.

6 Novembre 2016
By

Novembre 2016
Danilo De Masi
downloadNel settembre del 2016, con due diverse e non collegate decisioni, sia il TAR del Lazio che il Consiglio di Stato hanno bloccato (per mancanza dei requisiti di legge) la promozione al grado di Dirigente di numerosi dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, dopo che addirittura la Corte Costituzionale aveva bocciato le illegittime nomine a “dirigente” della controllata Iniquitalia SpA.

L’uso di gratificare i meritevoli ed i valorosi con un riconoscimento formale che fosse percepibile anche dalla comunità, è presente da quando le società si sono organizzate. E’ tuttavia nel Medioevo europeo che “sale” di rango la Cavalleria (1) e che il “titolo” di appartenenza all’Ordine equestre assume rilevanza sociale anche per i non militari. Ovviamente il Titolo, l’Investitura, derivava dal Sovrano, incluso quello dello Stato Pontificio, il “Papa Re”. Al cospetto dell’Imperatore o del Re ci si presentava vestiti di bianco dopo aver passato la notte (appunto “in bianco”) digiuni ed in meditazione; dal Papa Re ci si presentava vestiti di nero: ciò dava origine – e così è tutt’oggi – alla “Nobiltà bianca” oppure alla “Nobiltà nera”.

Sono abbastanza noti gli alterni rapporti tra Imperatore e Pontefice al tempo delle “Investiture” e Carlo V° – ispanico-olandese-belga-germanico nato nelle Fiandre (2) – dopo che ebbe respinto l’assedio degli Arabo-islamici (3) alle porte di Vienna, dal 27 settembre al 14 ottobre 1529, venne finalmente riconosciuto ed incoronato Imperatore da Papa Clemente VII°  – Giulio de’ Medici 4, nipote di Lorenzo il Magnifico) a Bologna il 24 febbraio 1530 all’età di trent’anni. Quello che regnava su di un “impero sul quale non tramonta mai il sole” (5) ottenne di non dover chinare la testa a Roma e, quindi, si concordò l’incoronazione nella pontificia e gaudente Bologna già sede della più antica Università del mondo, di una buona cucina e non solo. Infatti Giulio de’ Medici approfittò – dissero i maligni – per “importare” le più intraprendenti donne bolognesi a Firenze, dove le nascite erano pericolosamente in calo. Carlo V era già noto come l’Imperatore “globe trotter”, perennemente in visita alle provincie dell’Impero od in battaglia: accettò incautamente di nominare “Cavalieri” i notabili presentati sia dalle gerarchie pontificie che da quelle “laiche” (Ferrara, Modena e Reggio, ad esempio, erano Ducato ex longobardo). Dopo la lunga procedura che si concluse con l’imposizione della corona da parte di Giulio de’ Medici (Papa col nome di Clemente VII°) Carlo V si vide circondato da un’autentica

folla di aspiranti “cavalieri” provenienti e raccomandati da ogni parte d’Italia: si sentì mancare l’aria e l’idea di doverli insignire (“investire”)…. uno alla volta poggiando la spada sulla spalla di ciascuno lo fece quasi svenire. Le cronache riferiscono che abbia pronunciato la frase chervantesca 6 “…. non puedo continuar … todos Caballeros …”. Carlo V lasciò Bologna per dirigersi verso Nord attraverso Modena, sostò a Castelfranco Emilia (per i noti “tortellini”) e firmò l’atto di cessione dell’isola di Malta ai Cavalieri di San Giovanni (di Amalfi) che presero, per il futuro, la denominazione di SMOM, “Sovrano Militare Ordine “ dei Cavalieri di Malta, l’isola del miele, e ….. nominarono altri Cavalieri.

In verità, sia nel Sacro Romano Impero che nei vari stati, ma già nella Roma dei Cesari, esisteva la determinazione di quello (il Quirinale lo definisce “contingente”) che è un rapporto numerico tra popolazione ed insigniti di “cavalierato”: insomma, non si possono fare dieci cavalieri ogni 20 cittadini/fanti, così come non ci deve o dovrebbe essere più di un solo colonnello per ogni Reggimento o di 700/1000 militari. Anche nella Pubblica Amministrazione Civile dello Stato (come per i civil servants di Sua Maestà Britannica o della Republique Francaise) vi è un rapporto numerico tra dipendenti, impiegati, quadri/funzionari e Dirigenti; nel sistema economico “privato” e nelle Partecipazioni Statali come le intendevano, Einaudi, Mattei fondatore dell’ENI e Guido Carli, era previsto al massimo un Dirigente ogni 100 dipendenti nei settori ad alta tecnologia od “intensità” finanziaria, fino ad uno ogni 600/1000 nell’industria pesante: in quest’ultimo caso ci si avvicinava al rapporto militare di un colonnello (il grado minimo di corrispondenza alla dirigenza dello Stato) su di un Reggimento. Per inciso, l’Esercito Austriaco nella Grande Guerra, aveva meno della metà dei Generali – in rapporto alla truppa – rispetto all’Esercito di Cadorna.

Un Dirigente dell’Agenzia delle Entrate o di Iniquitalia (con poche od una sola decina di sottoposti), corrisponde – per grado – al Comandante della nostra Portaerei “Cavour”. Tutti abbiamo letto che la Corte Costituzionale – mostrando un sussulto di coraggio al quale ci eravamo disabituati – ha dichiarato illegittime le 600 nomine a Dirigente tra i seimila dipendenti di Iniquitalia, facendo inoltre notare che erano stati “promossi” senza il regolare concorso previsto per la dirigenza.

Ci sono Stazioni dei Carabinieri che possono arrivare a 10 militari comandati da un Maresciallo o tutt’al più Luogotenente: se fossero ad Iniquitalia avrebbero un Colonnello che – nell’Arma – comanda l’intera provincia. Quello degli “Esattori” di Stato è un caso particolare anche nello sconfortante panorama del “mostro giuridico” delle “società di diritto privato incaricate di pubblico servizio”.

Anche i meno accorti avranno notato che gli interventi più clamorosi si riferiscono non alla gravità della evasione ma alla notorietà del presunto evasore: gli Albergatori di Cortina, Pavarotti, Valentino Rossi, cantanti o calciatori ….. tutti soggetti, individuali o collettivi, che guadagnano più come testimonial nella pubblicità commerciale che nella propria arte o professione: la Martini & Rossi, la Coca Cola, la Barilla, …. non possono permettersi di abbinare un evasore al proprio prodotto. L’inquisito quindi – se già non ha pagato – preferisce incaricare il proprio legale di “transare” e pagare pur di non rimanere “sulla notizia” più di un giorno (lo ha spiegato bene Gino Paoli): una sorta di pistola puntata. Non entro nei dettagli che sono ben evidenti, mentre mi riprometto di trattare in futuro l’analogo caso della esportazione di capitali e quel “mostro giuridico” che ha riempito l’Italia di “Agenzie” pubbliche che hanno la “forma” di Società per Azioni.

NOTE

1 Cavalleria. I Romani usavano i cavalli solo per trainare i carri da guerra o da trasporto, da corsa o da trionfo: la cavalleria romana è un falso storico della cinematografia. I Romani si erano infatti dimenticati di inventare le staffe ed era quindi impossibile cavalcare armati. Gli Equites si distinguevano per il possesso e la disponibilità di cavalli: il “vincitore” andava sul carro e non sul cavallo.

2 Carlo V era nato il 24 febbraio del 1500 a Gand, nelle Fiandre Orientali (allora in Olanda), figlio di Filippo il Bello Arciduca d’Austria (dinastia d’Asburgo) e di Giovanna d’Aragona (detta “la Pazza”) Regina di Castiglia dalla quale ereditò la Corona di Spagna nel 1516: i Piemontesi, occupata Napoli, lo definirono nel 1871 – senza nominarlo – “l’Imperatore Fiammingo contro il quale i Napoletani si sollevarono nelle Tre giornate del luglio 1547”.

3 Arabo-islamici – chiamati impropriamente quanto ingiustamente “Turchi” per il solo fatto che l’Impero Ottomano aveva scelto Costantinopoli (già Bisanzio, ora Istambul) come Capitale, al solo scopo di rendere evidente che il Mondo Arabo ed islamico si era impadronito dell’antica capitale romana, la “seconda Roma”.

4 Giulio di Giuliano, nato 1478 – papa come Clemente VII nel 1523 – morto 1534: figlio “naturale” di Giuliano de’ Medici e nipote di Lorenzo il Magnifico.

5 “sul mio regno non tramonta mai il sole” è frase attribuita a Carlo V che – tramite la corona di Spagna – regnava sull’America Latina e sulle Filippine, arcipelago del Pacifico così chiamato in onore di Filippo II di Spagna, nato d’Asburgo.

6 Todos Caballeros è un’espressione usata da Sancho Panza (scudiero di Don Quijote) nel romanzo di Cervantes. Carlo V parlava – come Egli stesso amava affermare – in francese con gli ambasciatori e gli stranieri, in spagnolo con gli ispanici, in italiano con le donne, in latino con Dio e nelle occasioni ufficiali ed in tedesco con il suo cavallo: è quindi ragionevole ritenere che abbia esclamato “Omnes equites”

Tags:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dieci anni

Archivio